DISCLAIMER: l’articolo contiene spoiler provenienti dal videogioco Infinity Blade III e dal racconto Infinity Blade – Redemption, oltre che da tutti i precedenti giochi e racconti dell’Universo di Infinity Blade. Link alle parti precedenti: Parte 1, Parte 2, Parte 3, Parte 4.
Mentre il grosso dell’esercito ribelle attende presso la propria base, con un astuto colpo di mano Siris e Ausar si impadroniscono del castello che protegge il Pinnacolo della Santificazione. Siris, sempre più vicino al suo Sé Oscuro, rifiuta tuttavia l’idea di costruire un esercito di Immortali, preferendo fare dono della vita eterna alla sola Isa, sua compagna di avventure e sua salvatrice. Siris si reca ad uccidere il clone di Raidriar che l’Artigiano dei Segreti sta usando come proprio fantoccio, ignaro che, nel frattempo, anche l’Artigiano ha pronta una contromossa: bombardare l’esercito di Siris ed annientarlo fino all’ultimo uomo… o donna. Al suo ritorno, in un serrato confronto con Raidriar, Siris scopre che solo l’amico-nemico è sopravvissuto, mentre Isa, Immortale da troppo poco tempo, si sta lentamente rigenerando, ma per ora è poco più di un corpo carbonizzato. I due si dividono nuovamente: Siris porterà Isa fino ad un rifugio sul mare, un luogo idilliaco che ben conoscono coloro che hanno giocato al terzo capitolo videoludico di Infinity Blade; Raidriar, invece, si dirigerà verso la roccaforte dell’Artigiano dei Segreti per porre fine alla guerra in un epico duello finale.
Flashback. Ventunesimo, Ventiduesimo Secolo – chi lo sa veramente? Uriel, il contabile che lavora per la società del geniale Galath, torna a casa in anticipo dal lavoro solo per scoprire che la moglie lo tradisce con Adram, il suo ribaldo collega. Ne nasce una discussione, Adram fugge sulla sua macchinona sportiva, un cimelio per un’epoca in cui le auto si conducono da sole. Stridono i freni, giunge il boato di un impatto. Uriel corre sotto la pioggia per trovare, tra le lamiere del veicolo, il piccolo Jori, spezzato dall’impatto e vicinissimo alla morte, con la carcassa della sua bicicletta. Con un atto di coraggio impensabile per chiunque altro, Uriel corre col corpo esanime del figlio a cercare Galath e, tra una minaccia e una preghiera, ottiene che questi sperimenti il suo metodo per donare l’immortalità su Jori. Galath adempie alla promessa: Jori vivrà. Vivrà per sempre. Uriel però dovrà rinunciare per sempre a suo figlio. Lo saluta, mentre è ancora convalescente. Lo lascia con le lacrime agli occhi e un monito, un augurio, una speranza: “Sii un Re, figlio mio” (“Be a King”). In altre parole: non sprecare questo dono; primeggia; rendimi fiero anche se e quando io non ci sarò più.
Ora Jori non è più un ragazzino che va in bici. È un dio, è il Re Dio, Raidriar. E sta per affrontare in duello il dio che lo ha reso immortale: Galath, l’Artigiano dei Segreti. Dopo aver sconfitto il suo tirapiedi Ashimar, un altro Immortale che Raidriar conosce fin dall’infanzia, giunge finalmente l’agognato scontro con Galath. Se Raidriar è sempre parso un dio al cospetto degli uomini, Galath appare una divinità al confronto con Raidriar: Jori è un umano, ha un passato, un trauma, un sogno. Una coscienza. Galath, più che Immortale, è Eterno. Quante vite ha vissuto, quante macchinazioni ha ordito? Ridicolizza Raidriar, lo prende in giro perché “anche quando si leva la maschera” è convinto di essere veramente un Dio, quando invece è un bambino che gioca a fare l’Immortale. Gli spiattella i suoi piani: Galath vuole distruggere il mondo, azionando delle armi in orbita geostazionaria, cancellando ogni forma di vita sulla Terra. Lascerà il pianeta e, quando questo sarà pronto, tornerà e ne costruirà uno nuovo. Uno migliore, a suo dire. Raidriar lo affronta, solo per trovarsi davanti un’altra Infinity Blade. A questo punto Siris, che spia le mosse di Raidriar a distanza, decide di cedere ai vecchi istinti dell’alter ego Ausar e di tradire il suo alleato, azionando un meccanismo di teletrasporto collegato all’Infinity Blade impugnata dal Re Dio, con l’intento di lasciarlo solo e disarmato davanti al nemico. Raidriar, però, ha previsto questa mossa e preso le opportune contromisure, anche se la sua astuzia lo porta poco lontano: Galath è uno spadaccino imbattibile, si fa beffe dei secoli di preparazione di Raidriar, lo disarma, lo costringe in un angolo, lo smaschera. Dice di aver previsto ogni cosa, invita Raidriar ad unirsi a lui, a strisciare, a benedire la sua misericordia. Raidriar è tentato di cedere, ma non lo fa. “Be a King”, gli sussurra una voce distante. E un’illuminazione supporta la sua decisione: Galath non può prevedere tutto. Almeno, non quando si tratta di Siris/Ausar. Altrimenti perché si sarebbe fatto imprigionare per mille anni nella Cripta delle Lacrime? Inoltre non ha idea di dove Siris si sia nascosto, perché è stato lui, e non Raidriar, a scegliere la nuova base delle operazioni. Siris è un’anomalia, dice Galath. Quell’anomalia è la sola speranza di salvare il mondo, comprende Raidriar, che in un ultimo gesto disperato prende il datapad contenente i piani dell’Artigiano e lo teletrasporta al sicuro, perché Siris lo possa trovare. Infuriato per questo imprevisto, l’Artigiano impala Raidriar sull’Infinity Blade e lo manda incontro alla morte definitiva.
Il riscatto di Raidriar, il nemico che il nostro Campione ha affrontato fin dalle sue origini, è totale, eroico e commovente. Siris, che ha osservato tutta la scena dal proprio Rifugio, trova finalmente se stesso. Rigetta ciò che è stato, Ausar il Vile e il suo fardello di peccati, per diventare qualcosa che non è mai stato: Siris, non più un umano, ma un Immortale che ha fatto pace col proprio essere. Da qui si innestano le vicende raccontate dal terzo (e per ora ultimo) videogioco della saga, distribuito nel 2013 da Epic Games e ChAIR (scaricabile qui): Siris e Isa partono dal Rifugio, l’oasi di pace eletta a base delle loro operazioni, e si muovono su una mappa piuttosto variegata, raggiungendo deserti, scogliere, nuovi e vecchi castelli, lande desolate. L’impatto grafico, soprattutto su iPhone 5 e iPad mini, è senz’altro spettacolare; complessivamente l’impianto è notevolmente migliorato, portato a livelli pressoché irraggiungibili per gli altri giochi su piattaforma mobile. La componente ruolistica, marginale nei giochi precedenti, diventa più rilevante – quantunque risulti sempre un po’ limitata -, consentendo al giocatore di sviluppare una sorta di skill-tree e di compiere una moderata attività di crafting quanto a pozioni e gemme. I duelli da “picchiaduro tattile” continuano ad offrire un discreto grado di sfida, con nemici che cambiano arma durante il combattimento (a volte in maniera un po’ curiosa, ad esempio estraendo due enormi asce… dal nulla) e variano l’approccio da un momento all’altro, costringendo il giocatore a modificare a sua volta la propria tattica, passando ancor più freneticamente dalle schivate alle parate o viceversa. Una delle più grandi novità è senz’altro la possibilità di giocare, oltre che nei panni di Siris, in quelli di Isa, così alternando approcci differenti al gameplay e un set di mosse e di animazioni radicalmente diverso. Pressoché infinita, sebbene distribuita più o meno equamente fra i due personaggi giocabili, è la quantità di armi e armature. Numerose sono anche le armi Infinity: dopo la seconda Infinity Blade spuntata in mano a Galath, infatti, si scopre che l’Artigiano ha rifornito gli altri dèi di armi progettate per uccidere gli Immortali (pugnali, lance, mannaie, spade doppie… e chi più ne ha più ne metta).
Durante questa ricerca, i due protagonisti raccoglieranno alleati in giro per il mondo: un Tagliapietre che si occuperà di forgiare nuove gemme, un Fabbro proveniente da Drem’s Maw che potenzierà le armi, una Mercante che occasionalmente approderà al Rifugio proponendoci offerte speciali… su prezzi comunque da ladrocinio. Da non dimenticare l’Alchimista, il sacerdote e servitore mascherato di Raidriar, che il nostro combattivo duo erediterà fin dagli inizi del gioco e che si occuperà di produrre le pozioni. Non mancherà un drago, che spunterà quando uno meno se l’aspetta per costringere il giocatore a rispondere a tutta una serie di quick time event in modo da avere la meglio sulla creatura: dal momento che il rettile è decisamente più coriaceo di quelli che popolano le brughiere di Skyrim, solo dopo aver finito diverse volte il gioco il nostro avatar avrà la possibilità di ucciderlo e di raccogliere il relativo bottino.
Il percorso di Siris e di Isa non è solo un procedere verso l’inevitabile scontro finale all’arma bianca con Galath; è anche un sentiero di crescita e una retrospettiva per Siris, che continua a fare i conti con il suo passato come Ausar. Galath è il Padre degli dèi, il Creatore e il distruttore del mondo, un nemico senza eguali con il quale Ausar si era alleato e che Siris, l’ingenuo Siris degli inizi, ha riportato nel mondo. Un mondo che, come dice Isa, “un tempo era abitato da miliardi di persone” (lo dice con nostalgia, e il riferimento alla nostra epoca è evidente) e che l’Artigiano si arroga il diritto di fare e disfare a proprio piacimento: “What do you care about this world?” chiede Galath. “We’ve destroyed it a thousand times before!”. Particolarmente simbolica è la sequenza che mostra il ritorno di Siris a Saranthia, il vecchio castello di Ausar nel quale era ambientato in massima parte Infinity Blade II. Dà veramente i brividi, questa sommessa poesia di immagini e suggestioni, un cavaliere solitario che procede nei meandri di un castello in rovina, sotto la luce perlacea di una luna in frantumi (vi consiglio vivamente di andare a vedere il trailer ufficialedel gioco, in cui anche la musica è scelta a pennello e la location appare in tutto il suo fulgore).
Alla fine, il tanto atteso scontro arriva. Quando Siris trafigge Galath con la spada, è evidente che questo non è sufficiente ad ucciderlo. Ma davvero Siris ha voluto uccidere l’Artigiano, per tutto questo tempo? Il vero colpo di genio del nostro intrigante Campione è stato quello di ripristinare la modifica originariamente predisposta dallo stesso Artigiano per cancellare la memoria della vittima e costringerla a reincarnarsi nel corpo di un bambino. Così, a mondo ormai salvo, nelle sequenze finali, animate dalla canzone Monster degli Imagine Dragons, vediamo Siris e Isa seguire i passi di un bambino… assai precoce, intento a costruire con la sabbia un castello pericolosamente simile alla torre in cui si era arroccato Galath.
Non sappiamo se ChAIR Entertainment o Brandon Sanderson, che ha collaborato con i fratelli Mustard per costruire il lore di Infinity Blade, ci offriranno una nuova avventura ambientata in questo mondo affascinante: per ora la storia di Siris e dell’Artigiano dei Segreti finisce qui, anche se gli ideatori hanno riferito di avere inventato oltre 50.000 anni di vicende relative ai nostri Immortali preferiti. Se siete ancora interessati ad esplorare il lore di questa saga, nella sezione “Potrebbero interessarti” in fondo alla pagina troverete i link agli articoli precedenti. Hell take me, non vi basta? Allora non posso che consigliarvi di seguire questa corposa intervista (qui trovate link alla prima di tre parti) agli autori…oppure di (ri)buttarvi a capofitto sui giochi e sugli e-book.
Alla prossima, Isolani!
– Stefano Marras –