DISCLAIMER: l’articolo contiene spoiler provenienti dal videogioco Infinity Blade II e dal racconto Infinity Blade – Redemption, oltre che da tutti i precedenti giochi e racconti dell’Universo di Infinity Blade. Uomo avvisato… mezzo salvato. Link alle parti precedenti: Parte 1, Parte 2, Parte 3.
Nell’ultimo articolo abbiamo ripercorso i viaggi di Siris nel castello di Saranthia, fin dentro la Cripta delle Lacrime, nel tentativo di liberare l’Artigiano dei Segreti, imprigionato dagli Immortali e per questo presunto loro nemico. Siris sperava di allearsi con lui per porre fine al dominio degli Dèi sugli uomini. Niente di più sbagliato, come sappiamo: l’Artigiano dei Segreti, un tempo alleato dell’Immortale Ausar il Vile, è stato da questi tradito e imprigionato dopo aver costruito l’Infinity Blade, la sola arma in grado di uccidere gli Immortali; alla fine del videogioco Infinity Blade II il giocatore subisce lo choc di un tradimento inatteso, proveniente proprio dall’obiettivo della missione di salvataggio che lo ha animato per tutte le sue Rinascite… e Siris sconta i peccati del suo Sé Oscuro, Ausar, finendo recluso nella cella da cui ha liberato l’Artigiano dei Segreti. Ma non da solo… proprio in compagnia del suo mortale nemico, il Re Dio Raidriar.
Da qui prende le mosse il secondo racconto dell’Universo di Infinity Blade, Redemption, ad opera dello scrittore statunitense Brandon Sanderson (purtroppo disponibile solo in formato e-book, non in cartaceo, e fino ad oggi mai tradotto in italiano. Potete scaricarne la versione in inglese a questo indirizzo). Quello di “Redenzione” è un concetto fondamentale in questo racconto – o romanzo breve? -. Solo esaminandone la trama capiremo chi sia l’autore di questa redenzione e chi il beneficiario, almeno secondo la modesta interpretazione di chi scrive.
Raidriar e Siris, rispettivamente il Re Dio e la nuova faccia pulita del signore della guerra Ausar il Vile, vivono la loro prigionia in maniera assai meno compassata di quanto ha fatto l’Artigiano dei Segreti, assiso sul suo trono di pietra per mille anni, in attesa di una liberazione.

Il Conte Ugolino e Ruggeri degli Ubaldini, incisione di Gustav Doré (particolare). Ricorda qualcosa?
Fin dal primo momento in cui si sono ritrovati rinchiusi nella Cripta delle Lacrime hanno iniziato a lottare in maniera forsennata, uccidendosi a turno, mille volte uno e mille volte l’altro, fino a perdere il conto, fino a smarrire il lume della ragione. A pensarci, è un’immagine cupa, agghiacciante. Nel momento in cui li troviamo sono passati anni (circa due) dall’evasione dell’Artigiano. Le spade, le armature, gli elmi, gli scudi sono ormai andati in pezzi, insieme alla sanità mentale dei proprietari. Eppure la lotta continua, più cruenta che mai. Calci, pugni, unghiate, morsi. Finché uno dei due non si ritrova agonizzante sul pavimento. E la morte sopraggiunge, ma solo per farlo tornare in vita dopo un po’. La prigione di Saranthia, infatti, è una trappola per il Q.I.P. (il già citato Quantum Identity Pattern, Tracciato di Identità Quantistica, equiparato – meno prosaicamente – all’anima degli Immortali): impossibilitata a trovare sfogo in un altro corpo al quale è collegata dalla barriera invisibile che sigilla la prigione, l’anima si reincarna nello stesso corpo martoriato, avviando un processo di rigenerazione e guarigione. Gli occhi, ci spiega Sanderson, sono la parte che impiega di più a ricostituirsi. Ecco perché il vincitore li cava immediatamente allo sconfitto. Ecco perché lo sconfitto, quando si ridesta, combatte nella più cupa oscurità, a tentoni. La morte diventa routine, noia, quindi nausea. A volte, uno dei due contendenti si fa uccidere per trovare un attimo – un attimo soltanto – di pace.
La serie slitta. Letteralmente, brutalmente. L’autore ci strappa d’improvviso dall’Universo fantasy-fantascientifico che conosciamo per sbatterci in quello che per noi è un futuro prossimo venturo, ma che per i personaggi di Infinity Blade è un passato remoto. Negli articoli precedenti abbiamo già accennato alla singolare commistione tra Medioevo fantasy e delirio (?) ipertecnologico che contraddistingue tutta la serie, fin da quando, nella Sala del Trono della Cittadella Oscura, il nostro Campione ha trovato un datapad e ha attivato un ologramma della nostra Terra in un futuro imprecisato. Qualora avessimo bisogno di conferme (ma ne avevamo, in fin dei conti?) questo flashback fuga ogni dubbio. Seguiamo il punto di vista di tale Uriel, genio della matematica, forse affetto da una lieve forma di autismo, un contabile tanto dedito al propriolavoro da trascurare la propria famiglia, composta dalla moglie e da un figlio, il piccolo Jori. Uriel lavora per la corporation di Mister Galath, un Leonardo da Vinci del Terzo Millennio, uomo dall’inventiva infinita, dall’ingegno incontenibile, dal carattere deciso e spietato. Uriel ha un dono: fa parlare i numeri. E i numeri gli dicono che la società di Mister Galath ha fatto una o più scoperte che possono rivoluzionare il mondo come lo conosciamo e far aumentare a dismisura gli introiti. Una di queste è il teletrasporto: chi ha giocato al primo episodio ricorderà perfettamente come l’Infinity Blade e lo scudo si materializzassero nelle mani del Re Dio, poco prima dell’inizio del duello. Anche in quel caso non era in gioco la magia, ma una tecnologia avanzatissima, come ci viene spiegato nel racconto Awakening: un teletrasporto basato sulla meccanica quantistica, capace di spostare istantaneamente qualunque oggetto inanimato da un punto A ad un punto B. Ma questa è solo una delle scoperte che agitano i conti della società. Adram, un collega di Uriel, più scanzonato e più vicino al geniale Galath, da qualche tempo ha cambiato atteggiamento, lancia frasi sibilline, sostiene di poter vivere per sempre.
Torniamo di nuovo nel lontano futuro, il presente della serie. La prigione si apre, la luce inonda il pozzo di oscurità teatro dei continui massacri di Siris e Raidriar: Isa, l’amica di Siris, la donna che l’ha ucciso, l’ha resuscitato e lo odia per la sua Immortalità. La promessa di liberare Siris è mantenuta, il Campione è libero di salire sulla piattaforma con lei e di lasciare la Cripta delle Lacrime. Raidriar usa via più spicce, ora che il suo Q.I.P. è libero di ricongiungersi a un altro corpo: si taglia la gola per svegliarsi nel proprio corpo, nel solito tempio. Non ha il tempo di coprire le pudenda che si accorge che tutto è fuori posto: l’Artigiano dei Segreti gli ha teso una trappola, dopo averlo sostituito con un clone senz’anima, una creatura folle, ma utile come controfigura e sicuramente più facile da dominare dell’autentico Re Dio. Tradito dai suoi stessi accoliti, Raidriar si vede costretto a sfoderare tutta la sua abilità nelle forme di Aegis, il rigido codice di combattimento degli Immortali, per battere un numero enorme di nemici armati di spada. Dopo essere riuscito a fuggire anche dal proprio tempio, accompagnato dall’unico sacerdote rimastogli fedele, Raidriar capisce che la sua unica possibilità di battere l’Artigiano e di riconquistare il suo Regno passa per un’alleanza blasfema con l’uomo che ha ucciso e da cui è stato ucciso ogni giorno negli ultimi due anni. Se le cose andassero male, dopotutto, Raidriar sa di avere sempre a disposizione un proprio regno “di riserva”, lontano dalle mire espansionistiche dell’Artigiano dei Segreti e dai tradimenti di Ausar.
Isa, intanto, accompagna Siris fino alla roccaforte della resistenza che lei stessa ha arruolato e armato negli ultimi due anni: un esercito di uomini riunitisi intorno al mito del Campione, forti della cieca fiducia di un suo imminente ritorno. L’esercito si stringe attorno a Siris, lo acclama, lo adora fin da subito. Siris sa come guidare un esercito, il suo Sé Oscuro – che due anni di follia ha irrobustito – conosce l’arte del comando e la padroneggia a meraviglia. Ma è giusto utilizzare quel patrimonio di conoscenze per combattere contro gli altri Immortali? Dubbio ancora più atroce: quando Raidriar bussa alle porte della resistenza contro l’Artigiano dei Segreti, è lecito stringere un accordo con il proprio eterno nemico per distruggere un avversario ancora più forte? Alla fine non è Siris a decidere, ma il perfido, machiavellico Ausar: accetterà l’offerta di alleanza di Raidriar, ma solo fino a quando ne ricaverà un vantaggio, preparandosi a tradire l’atavico nemico quando lo riterrà più opportuno. Siris porta un esercito, ma Raidriar porta conoscenza: e la conoscenza è potere. Il Re Dio indica uno a uno i propri castelli, ormai strappati al suo controllo dalle forze dell’Artigiano: ne conosce le risorse, l’importanza strategica, l’entità delle guarnigioni. Nella mente di Siris – o dovremmo dire di Ausar? – si agitano tutti gli istinti del signore della guerra che è stato e prende forma un piano che metterà in ginocchio l’Artigiano dei Segreti. Uno dei castelli segnalati da Raidriar, infatti, difende il Pinnacolo della Santificazione: una struttura che consente di tramutare gli uomini in Immortali. E come potrà l’Artigiano dei Segreti resistere ad un esercito di Immortali?
La battaglia definitiva fra l’esercito capitanato da Siris e Raidriar e le forze dell’Artigiano dei Segreti si avvicina… Siete interessati a conoscerne l’esito? Allora non perdetevi il prossimo articolo!
– Stefano Marras –