Periodo di piena per la fantascienza in televisione. Dopo anni di latitanza di serie televisive che riportassero in auge i grandi temi – e i grandi autori –, la stagione 2015-2016 si è rivelata quantomeno densa di nuove, interessanti, entrate in scena. Amazon ha approvato lo sviluppo di The Man in the High Castle, tratto dall’omonimo libro di Philip K. Dick, e SyFy quello della serie Brave New World, tratta dall’opera omonima di Aldous Huxley. Dopo l’acclamato 12 Monkeys, sempre SyFy ci ha proposto Killjoys e, a breve, darà il via anche a Dark Matter. Questo mese, negli USA partirà anche Sense 8 dei fratelli Wachowski e di J. M. Stracznsky (il creatore di Babylon 5). Con tutta probabilità, a settembre sarà trasmesso l’atteso pilot di Minority Report e a gennaio 2016 tornerà in scena The X-Files.
Due produzioni sono, però, ormai alle porte e attese con trepidazione dal pubblico amante della fantascienza: The Whispers della ABC, e Childhood’s End della sempre più invadente SyFy. Le tratteremo insieme perché, nonostante le serie tv siano tutt’altro che dirette avversarie, le storie originali appartengono allo stesso periodo storico, sono scritte da due colossi della letteratura sci-fi golden age e presentano alcuni punti di contatto (il controllo sulla mente dei bambini).
THE WHISPERS
In America la serie ha debuttato il 1° giugno 2015 su ABC, quindi per vederla in Italia dovremo aspettare ancora – forse un intero anno, a seconda di quali saranno gli ascolti collezionati dalle prime puntate.
Sul fronte attori, nessun grande nome, a parte quello di David Andrews, famoso più che altro per osmosi, vista l’enorme quantità di prodotti in cui si è infilato nella sua lunga carriera, e quello della sempre meravigliosa Lily Rabe, arrivata alla ribalta grazie alla partecipazione a varie stagioni e puntate di American Horror Story.
Va meglio, invece, sul fronte creatori e produttori. Ideatore della serie è Soo Hugh, già acclamato (forse un po’ troppo) per Under the Dome, tratto dalla novella The Dome (in italiano La Cupola) di Stephen King. Al suo fianco, come produttore esecutivo, Steven Spielberg – che di certo non necessita di presentazioni.
ABC sembra creder molto a The Whispers, sua punta di diamante per la stagione estiva di quest’anno (sempre il periodo principale per l’America). Ci punta tanto, anche perché spera in questo modo di poter rivaleggiare con le emittenti che, per il 2015-2016, hanno rinnovato grandi must come The X-Files (ripresa da Fox) o che stanno invadendo il mercato con quantità esorbitanti di fantascienza (come la già citata SyFy, casa americana del genere).
Con il progetto di The Whispers, ABC potrebbe davvero riuscire ad entrare nella fascia alta degli ascolti del genere, perché l’opera su cui è basata è nota e amata dagli appassionati. Tuttavia mi chiedo come riusciranno a mandare avanti 14 episodi, e probabilmente una seconda stagione (speriamo di no), con una novella di 3-4 pagine.
Sì, perché The Whispers si basa su Zero Hour (in italiano Ora Zero), un racconto breve scritto nel 1951 da Ray Bradbury e raccolto nell’antologia Illustrated Man. Girava voce che The Whispers sarebbe stata una serie basata su tutta l’antologia, che in effetti condivide una cornice coerente, quella di un uomo che racconta storie e che ha egli stesso una sua trama. L’ipotesi, basata sul fatto che il pilot della serie avrebbe dovuto intitolarsi The Visitor, proprio come uno dei racconti dell’antologia, è però stata smentita quando si è scoperto che il titolo del primo episodio sarà invece X Marks the Spot.
Zero Hour racconta di come Drill, un’entità aliena proveniente da un’altra dimensione, prende il controllo della mente dei bambini del pianeta, quelli più piccoli, che non sono ancora in grado di distinguere realtà e fantasia. Proprio la loro immaginazione gli permetterà di condurre l’invasione del pianeta.
Da quanto è stato dichiarato, The Whispers – presentata con “c’è qualcuno che sussurra ai bambini” – racconterà proprio questa storia, fra piccoli non in grado di controllarsi e in preda agli atteggiamenti più strani, psicologi e agenti dell’FBI perplessi davanti agli sconvolgenti accadimenti. Detto questo, continuo a domandarmi come si possa tirar fuori 14 episodi da una storia così, ma aspetto (spero) e mi riservo di valutare la prima stagione… se non verrà sospesa per carenza di ascolti. Anche solo un film con questa idea sarebbe piuttosto noioso, siamo quindi ad alto rischio scivolone su un’opera del celeberrimo Bradbury – e io li odierò per questo.
CHILDHOOD’S END
Per questa miniserie voluta da Syfy in tre puntate (ognuna di due ore per riempire adeguatamente tre prime serate), dovremo invece aspettare dicembre 2015, ma considerato il team creativo (per cui l’emittente ha sborsato un rene) ci sarà da vederne delle belle. Troviamo alla produzione Mike DeLuca (Ghost Rider e sequel, Fright Night, Dracula Untold e Inferno, tratto dal romando di Dan Brown e previsto per il 2016) e Akiva Goldsman (non so da che punto partire ad elencare quello che ha fatto e che mi piace: Fringe, Constantine con Keanu Reeves, A beautiful mind, due Batman, Lost in Space, The Divergent Series: Insurgent e mi fermo per pietà).
Alla sceneggiatura troviamo il mitico Matthew Graham, conosciutissimo per Life on Mars, Ashes to Ashes e Doctor Who – e per me già solo questi tre sono una garanzia per prospettare un buon lavoro con Childhood’s End. Infine, poltrona da regista occupata da Nick Hurran, che ha degnamente assolto al suo ruolo con Doctor Who e Sherlock.
Alte aspettative anche per il cast, a cui SyFy ha lasciato l’altro rene. Accanto a tanti sconosciuti più o meno famosi per la televisione statunitense e britannica, troviamo l’adorabile Colm Meaney (il burberissimo capo-sezione di Life on Mars), Ashley Zuckerman nel ruolo del protagonista (Manhattan, Terra Nova, Rush), Janet Cooper (vista nello sfortunato Persons Unknown) e Korum Ellis (conosciuto nel corto ispirato a Fallout, comparso nel 2013 in un episodio di Doctor Who e in arrivo sul grande schermo con Zombie Ninjas vs Black Ops – non fatevi domande, e soprattutto non fatene a me!). Ma i dolci arrivano sempre alla fine, e sarà quanto mai dolce ritrovare Charles Dance, il nostro amato Tywin Lannister, nei panni del Supervisore Karellen – il personaggio che gli amanti della fantascienza attendono di vedere con più ansia.
Come anticipato, anche Childhood’s End è tratto da un grande must della fantascienza golden age. Questa volta si tratta però di un libro dal titolo omonimo (edito in Italia come Le guide del tramonto) per la penna dell’intramontabile Arthur C. Clarke. Non saprei davvero dire se aspetto con più ansia un prodotto ispirato a un’opera di Bradbury o di Clarke, due autori che amo allo stremo fin da quando ero una mocciosetta… quindi diciamo che più che altro aspetto Charles Dance – dance more.
Superata questa scomoda affermazione, Childhood’s End è un romanzo veramente impegnato, definito “escatologico apocalittico”. Con questo si intende che la trama, divisa in tre soli capitoli, racconta due interi secoli di storia futura dell’umanità: invasione aliena, epoca d’oro, apocalisse.
Nel tardo XX secolo, alcuni dischi volanti si fermano sopra le principali metropoli mondiali, imponendo la fine di ogni conflitto. Gli Overlords (in italiano i Superni) prendono così il controllo del pianeta, rendendo all’umanità un’età dell’oro come non ne hanno mai conosciute. Pace, giustizia, agi, ricchezza, salute: il tutto in cambio, apparentemente, di un bel niente. Per cinquant’anni gli unici contatti fra queste singolari entità aliene avvengono a bordo di una nave degli Overlords, fra il Segretario delle Nazioni Unite e il Supervisore Karellen (ho già detto che è Charles Dance?), senza che questo si mostri. Poi la rivelazione: gli Overlords hanno l’aspetto di demoni, sono demoni.
Intanto, un astronomo si imbarca su una nave dei Superni, riuscendo a visitare il loro pianeta d’origine. Il viaggio impiega molti anni, che lui non subisce a causa della relatività (ma che ve lo spiego a fare?), e la fatica viene ripagata quando scopre che gli alieni sono comandati dalla Overmind, una super-mente che li unisce in una specie di collettivo, necessaria perché senza di lei nessuna creatura, Overlords inclusi, potrebbe viaggiare nell’universo.
Sulla Terra, bambini e adolescenti manifestano doni soprannaturali, abbandonando le famiglie per rifugiarsi nella Foresta Amazzonica – un bel richiamo (contrario) a quello che succede anche in Brave New World di Huxley, dove chi non si sottomette al sistema viene rinchiuso nelle riserve dell’Amazzonia. Gli adulti, invece, incapaci di unirsi in una mente collettiva, si lasciano morire o si suicidano. Il povero astronomo di cui sopra, torna appena in tempo per assistere alla fusione dei bambini con la Overmind, alla distruzione della Terra e all’allontanamento degli Overlords.
Storia decisamente corposa e interessante, che per questo è valsa a Clarke uno Retro Hugo – il premio più importante per gli scrittori di sci-fi.
Sono convinta che la serie tv sarà leggermente diversa dal libro, lo si intuisce già dal trailer, ma ho anche la netta sensazione che saranno sei ore piuttosto piene e sorprendenti, che riusciranno a confermare un prodotto molto importante per gli appassionati del genere.
– Lucrezia S. Franzon –