Buon fantasy, fan de ‘Il Trono di Spade’ sbarcati sulla nostra Isola immaginaria preferita! Eccoci al nostro appuntamento settimanale con le recensioni, puntata per puntata, della quinta stagione di ‘Game of Thrones’: oggi nel mirino c’è ‘Hardhome’ (‘Aspra Dimora’). Forniamo i consueti avvisi anti-spoiler ed entriamo subito nel vivo.
DISCLAIMER: Questa recensione contiene SPOILER dalla puntata 5×08 – almeno quelli giudicati indispensabili per comprendere l’argomento trattato. Contiene anche, inevitabilmente, spoiler dalle puntate e dalle stagioni precedenti. Non proseguite la lettura se non avete ancora visto l’episodio e non volete rovinarvi la sorpresa!
L’episodio che oggi recensiamo inizia con un’inquadratura dall’alto della sala del trono di Meereen, in cui Daenerys, assisa sul suo scomodo scranno, cerca di decidere cosa fare del redivivo Ser Jorah (ormai sempre più simile a uno stalker che ad un semplice innamorato rifiutato) e del “dono” che questi ha portato, Tyrion. Il nostro Folletto preferito rispolvera le antiche doti dialettiche per proporsi come consigliere della Regina dei Draghi. Ed era ora: come nei libri, vedere Tyrion nella condizione di fuggiasco – o peggio di prigioniero – intaccava in maniera drammatica lo smalto del personaggio, che dà il meglio di sé (anche se solo Varys sembra rendergliene merito) nelle “segrete stanze”, nei palazzi del potere. Complice anche il maggiore spazio concessogli in questa puntata, Dinklage torna a brillare. Di particolare impatto ed interesse la scena in cui Tyrion e Daenerys decidono di allearsi, superando i torti che le rispettive famiglie di origine si sono procurate nel passato. Peccato, ancora una volta, per la recitazione un po’ piatta di Emilia Clarke, anche se ormai, lo ammetto, un po’ mi sono assuefatto.
Breve ed essenziale, invece, la sequenza ambientata a Grande Inverno, tutta o quasi all’interno della stanza-prigione in cui Sansa attende le torture notturne di Ramsay e il rancio gentilmente offertole da Theon Greyjoy. Diversamente dalla volta precedente, Sansa non si fa trovare in camicia da notte, ma attende Reek vestita di tutto punto e, quando questi entra nella stanza, lo aggredisce, gli dice – e sono parole fortissime – che, se ne avesse la possibilità, gradirebbe infliggergli gli stessi tormenti che già gli ha imposto Ramsay. All’esito di un aspro confronto verbale, in cui entrambi gli attori brillano davvero per bravura, Reek ammette di non aver davvero ucciso Bran e Rickon, ma di aver inscenato la loro morte. Poco dopo, assistiamo ancora una volta alla facilità con cui il nuovo protettore del Nord, Roose Bolton, riesce a manipolare il proprio figlio bastardo Ramsay, costantemente in cerca di approvazione da parte dell’unica persona di cui forse davvero gli importa. Roose propone di attendere l’assedio di Stannis, lasciandolo infrangere contro le mura ristrutturate di Grande Inverno; Ramsay, invece, si offre volontario per una missione suicida (“Dammi una ventina di uomini”, un classico a cui la serie ci ha ormai abituato) per colpire Stannis, presumo, nel proprio accampamento.
“Il karma è una puttana”: ad Approdo del Re, Cersei Lannister comincia finalmente a capirlo. La troviamo nelle stesse condizioni in cui abbiamo visto la regina-rivale Margaery: capelli sciolti e scarmigliati, piedi nudi, vestita di sacco, chiusa in una cella di sei metri quadrati. La sorella al servizio dell’Alto Passero la ricatta e la tortura, impedendole di bere fino a che non avrà confessato: Cersei rifiuta sdegnosamente e minaccia, com’è abituata a fare, senza accorgersi che oramai non fa più paura a nessuno. A spezzarla, però, potrebbero essere le notizie che arrivano dall’esterno, portate dal viscidissimo Qyburn, che riporta l’ascesa dello “zio” Kevan al ruolo di Primo Cavaliere del Re. Spettacolare, ancora una volta, l’interpretazione di Lena Headey.
Sebbene non letteralmente, Arya inizia ad indossare il volto di un’altra persona. Travestita da venditrice di mitili, si aggira per le calli di Braavos spingendo il suo carretto. Prima impara a calarsi nel ruolo, poi (su richiesta di un severissimo Jaqen) a raccogliere informazioni e a riportarle al Tempio del Dio dai Mille Volti. Finché, com’era prevedibile, non arriva la richiesta di avvicinarsi al bersaglio, studiarlo e offrirgli il “dono” del Dio. Arya sarà pronta, non lo sarà? Chissà. “Per il Dio questo non fa alcuna differenza.”
Alla Barriera succede poco o niente: giusto uno scambio di opinioni fra Sam e l’attendente di Jon, Olly. Il vero fulcro di questa storyline, e dell’intero episodio, è però Hardhome, il villaggio del Popolo Libero situato a nord-est delle fortificazioni orientali della Barriera, nelle propaggini settentrionali di Capo Storrold. Credetemi, tutto quello che accade qui vale fino in fondo il prezzo del biglietto. La serie pareva partita con il freno a mano tirato: nelle prime puntate ha preparato tanto e quagliato (relativamente) poco, facendo risultare piuttosto noiosa la prima metà della stagione. Le cose hanno iniziato a cambiare con ‘The Gift’, la settimana scorsa, ma è ‘Hardhome’ a segnare davvero il punto di svolta: non soltanto per quanto di bello, ben recitato e ben scritto abbiamo visto nella prima parte della puntata, ma proprio per quanto accade in questa sezione finale. Questo episodio non solo è il migliore fra quelli della stagione in corso, ma anche uno dei migliori dell’intera serie. Ecco perché.
Jon, Tormund e la loro sparuta scorta di Guardiani della Notte raggiungono Hardhome/Aspra Dimora, dove i resti dell’esercito dei Bruti si sono concentrati dopo la batosta incassata alla Barriera. Qui incontriamo Rattleshirt, il signore della guerra con l’armatura di ossa, che ovviamente ha da ridire sull’inedita alleanza con i Corvi: una parola di troppo, Tormund perde la pazienza e lo spiaccica letteralmente a terra. Tanti saluti, cara vecchia conoscenza: gli affari e gli Estranei creano strani compagni di letto. Sono costretti a capirlo anche i capitribù dei Bruti, che ricevono la proposta di passare a sud della Barriera: alcuni accettano, altri rifiutano sdegnati, altri ancora capitoleranno a breve.
Come lettore, ero assai curioso di scoprire cosa sarebbe accaduto a Hardhome, visto che nei libri non disponiamo di un punto di vista in loco, e devo ammettere di non essere rimasto deluso. Gli Estranei, con il loro esercito di non-morti, assediano le palizzate intorno al villaggio e colpiscono con una forza inusitata: è un vero massacro. L’evacuazione di Hardhome si trasforma così in un caos totale, mentre un pugno di eroi cerca di tenere i nemici lontano dai moli. L’ossidiana, il “vetro di drago” che dovrebbe uccidere gli Estranei, va perduta nella confusione, ma mentre Jon cerca disperatamente di recuperarla scopre di avere un’arma migliore: Lungo Artiglio, la spada d’acciaio di Valyria appartenuta alla Casa Mormont, ceduta a Jon Snow dal Lord Comandante Jeor Mormont come ricompensa per avergli salvato la vita contro i non-morti. C’è un antico potere, una secolare dignità nella lama di quella spada con il pomolo a forma di testa di metalupo: la percepiamo tutta nel momento in cui intercetta la lama dell’Estraneo senza spezzarsi, nell’istante in cui colpisce la creatura mandandola in frantumi. La battaglia continua, ma è tutto meno che un trionfo: mentre la scialuppa che porta in salvo i nostri eroi – peccato per la capotribù bruta, che minacciava di essere un personaggio affascinante – si allontana da quella riva maledetta, il Re della Notte (che torna dopo la fugace apparizione nella puntata 4×04) punta il suo suo sguardo su Jon e gli mostra il proprio esercito, appena rimpolpato con i cadaveri di migliaia di Bruti. Uno sguardo gravido di promesse, nessuna delle quali piacevole. Vedere Tormund in lacrime, sulla scialuppa, mi ha veramente spezzato il cuore.
Personalmente, questa puntata mi ha davvero entusiasmato. E a voi, Isolani, è piaciuta? Quali sono le vostre considerazioni? Vi saluto e vi lascio al promo della 5×09, ‘The Dance of Dragons’!
– Stefano Marras –
Game of Thrones 5×08, ‘Hardhome’: recensione
Isola Illyon
- Migliore puntatata della quinta stagione, fra le migliori della serie;
- Bellissime per fotografia, montaggio, effetti speciali e - più in generale - per il pathos le sequenze ambientate ad Hardhome;
- Tornano gli Estranei e il Re della Notte;
- Tormund che piange mi ha spezzato il cuore;
- Molto ben realizzata la parte ambientata a Braavos;
- Peter Dinklage (Tyrion) riguadagna quel minimo di spazio che gli consente di esprimere al meglio le sue capacità attoriali;
- Lena Headey (Cersei), Sophie Turner (Sansa) e Alfie Allen (Theon/Reek) si confermano attori eccezionali;
- La recitazione di Emilia Clarke (Daenerys) sfigura nel confronto con Peter Dinklage (Tyrion) nelle scene che vedono entrambi protagonisti;
- R.I.P. Karsi, capotribù bruta: sembravi un personaggio interessante;
- La sequenza finale risulta un po' anticlimatica;
- Perché affrontare un esercito con un altro esercito, quando basta mandare una manciata di coraggiosi? "Dammi una ventina di uomini e ci penso io": ormai per questa serie è un classico;