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Abbiamo raggiunto Brandon Sanderson, uno dei più importanti autori fantasy americani del momento, e abbiamo fatto quattro chiacchiere sui suoi libri (e sui relativi temi ricorrenti), sul modo in cui si accosta alle sue opere e, più in generale, sulla attuale condizione della letteratura fantasy. Ecco la nostra intervista!
Fin dall’inizio della tua carriera, i romanzi e i racconti che hai scritto sono stati ambientati in universi high fantasy, eppure in qualche modo sei sempre riuscito a mantenere un certo grado di realismo. Puoi parlarci delle tue Tre Leggi e di come riesci ad ottenere questi risultati?
Penso che le due domande siano in un qualche modo separate. Nei miei romanzi il realismo è principalmente legato ai personaggi. Questo è uno dei punti di forza dell’epic fantasy, che si possa avere un mondo fantastico e un’ambientazione davvero immaginaria, mentre si mantengono personaggi che si confrontano con conflitti reali. Questo ci mostra che la natura umana e il conflitto insito in essa trascendono le barriere culturali, ed è appunto parte di ciò che adoro dell’epic fantasy.
Ora, io cerco davvero di costruire sistemi magici che diano la sensazione di essere nuove branche scientifiche, in contrapposizione con qualcosa di più stravagante. Non voglio dire che non mi piacciano i sistemi magici estrosi: ce ne sono di incredibili nella letteratura. Ma, per i miei gusti personali e per rafforzare il realismo, preferisco i casi in cui il lettore dice: “Sai cosa? Suona proprio come se seguisse il metodo scientifico. Dà quasi l’impressione che, se sapessi tutto al riguardo, [il sistema] obbedirebbe persino alle leggi della termodinamica. Soltanto non so bene come si rapporti con quelle.” Mi piace questa sensazione.
La scienza è mitica, è davvero un qualcosa di magico, una volta che ci si addentra. È piena di meraviglie e di cose da esplorare. Quindi cerco di replicare tutto questo nelle mie storie. Uno dei modi per ottenerlo è seguire alcune delle regole che mi sono dato. Le Leggi di Sanderson non sono leggi che penso chiunque debba seguire, per quanto speri che i saggi in cui ne tratto siano utili per le persone che li leggono. Le Leggi di Sanderson sono regole che uso per aiutarmi rendere i miei sistemi magici più “reali”. In questo momento le Leggi sono tre, sebbene ne usi una quarta nei miei lavori. Hanno tutte a che vedere con questi concetti: prevedere correttamente il tuo sistema magico, accertarti di sondare tutte le possibili ramificazioni della tua magia, e mettere in evidenza i confini della magia in modo da limitare te stesso e da costringere i personaggi ad essere un po’ più creativi e resistere alla tentazione di risolvere ogni problema con l’invenzione di una nuova regola. Questi saggi sono a disposizione sul mio sito e approfondiscono l’argomento.
Quali sono le tue principali fonti d’ispirazione e i modelli su cui ti basi per il tuo stile e le tue opere nel mondo del cinema, della letteratura e dei videogiochi? C’è qualche autore al quale ti senti particolarmente vicino per lo stile?
In questo momento l’autore che sento più vicino al mio stile è Brent Weeks. Credo che siamo cresciuti leggendo gli stessi libri e abbiamo avuto la stessa reazione al fantasy, ci approcciamo alla magia e alla narrazione nello stesso modo. È un grande scrittore e consiglio a tutti voi di leggere i suoi libri.
Per il resto, è difficile indicare un’influenza decisiva. Di certo Robert Jordan ha avuto un’enorme influenza su di me. Anne McCaffrey – che è stata una delle mie scrittrici preferite quando ero più giovane –, Melanie Rawn, Tad Williams, Guy Gavriel Kay… C’è un milione di cose che mi ha influenzato, fra cui i videogames. Io adoro i videogames. Giocare i giochi di ‘Zelda’ e di ‘Final Fantasy’ quand’ero nella fase della crescita non ha mancato di avere un forte impatto su di me, sia come scrittore sia nel mio modo di accostarmi alla narrazione. Ma è tutto intrecciato. Nella mia mente c’è tutto un grande miscuglio di cultura pop che mi fa uscire di testa per certe tematiche e mi conduce verso certe aree, a fare cose che non ho necessariamente visto in precedenza, per non parlare di quelle che non sono mai state fatte prima. In pratica la mia personale zuppa di cultura pop dice: “Ehi, qui c’è una zona oscura, perché non la esplori?”
Puoi parlarci del tuo approccio multitasking al lavoro, che i lettori possono seguire direttamente sul tuo blog?
Tendo a scrivere un solo progetto alla volta, ma a livello generale ne pianifico molti altri e curo l’editing di qualcun altro. Così, per esempio, proprio adesso sto scrivendo ‘Calamity’, il terzo libro della serie dei ‘Reckoners’. Sto lavorando sulla bozza del terzo libro de ‘Le Cronache della Folgoluce’ e mi sto preparando per la revisione di ‘Shadow of Self’, il nuovo libro di ‘Mistborn’. Voglio sempre lavorare su un libro per il quale debbo sviluppare la storia, perché è questa la parte più eccitante. Ma, per essere produttivo come sono, una cosa che devo fare è saltare da un progetto all’altro. Quando ne concludo uno, voglio scrivere qualcosa di radicalmente diverso da quello a cui stavo lavorando. Questo mi porta a saltare fra mondi e storie.
La prossima domanda parte dalla serie ‘Infinity Blade’, con i suoi Re-dèi, e passa per i sovrani di ‘Mistborn’ e de ‘Il Conciliatore’, fino alle figure degli Elantriani e di Steelheart. Possiamo dire che quello dei Re-dèi sia un argomento ricorrente nei tuoi scritti e, nel caso, puoi dirci come mai?
È senz’altro così. Uno dei temi portanti del fantasy è l’idea che una persona possa fare la differenza. Nel mondo reale è assai più difficile capire che anche quello che noi facciamo può fare la differenza. Certamente è quello che accade, ma la cosa è molto più sottile. Nel fantasy, una delle cose che uno scrittore può fare è prendere una certa idea, come quella di una persona che da sola fa la differenza, e portarla all’estremo. Possiamo davvero portarla all’estremo. Penso che il concetto di un imperatore o di un re sia un tema importante nel fantasy, proprio per questa ragione.
Ora nel Cosmere, l’Universo condiviso delle mie storie epic fantasy, l’idea di una persona che ha un enorme potere magico è un tema ricorrente. Cosa fanno le persone quando ottengono poteri divini e sono lasciate libere di utilizzarli? Alcuni finiranno per diventare come il Lord Imperatore [della trilogia di ‘Mistborn’]. Quindi continuo a tornare su questo tema perché trovo modi sempre nuovi di affrontarlo. La cosa interessante di ‘Infinity Blade’ è che sono entrato nel progetto dopo che avevano già scritto il primo gioco, che dicevano fosse stato in parte ispirato dalla lettura dei miei libri. In quel caso, il Re-dio è venuto fuori perché [gli sviluppatori] avevano apprezzato i miei libri, mi avevano visto trattare questo tema e avevano deciso di provarci anche loro. Mi hanno tirato a bordo e mi hanno detto: “Ehi, puoi aiutarci con la nostra storia?”. Per cui si è trattato di un caso di prospettiva invertita sul procedimento.
Cosa pensi della condizione attuale del fantasy, sia negli Stati Uniti che a livello globale? L’opinione delle persone sui romanzi fantasy e sui giochi di ruolo sta davvero cambiando?
Penso proprio di sì. In certe parti del mondo il cambiamento sembra più lento che in altre, ma siamo davvero a buon punto. Ciò che noi abbiamo letto nei libri per anni, ora il pubblico generalista lo sperimenta nei film, perché gli effetti speciali sono enormemente migliorati. E quindi le persone entrano in contatto con tutta la roba che noi abbiamo amato, e dicono: “Wow, questa roba è davvero forte!”. I libri hanno un curva d’apprendimento molto più ripida. Con ciò intendo che è piuttosto difficile prendere un libro fantasy col quale non si ha familiarità, abituarsi a tutti i nuovi nomi e ai nuovi luoghi. Il film supera tutto questo con potenti effetti visivi e attira molte più persone verso il genere [fantasy].
[Quello che accade nel] mercato dei libri fantasy è davvero eccitante, perché ciò che un tempo era omogeneo, con un sacco di storie dello stesso tipo che venivano raccontate, è venuto meno, e adesso abbiamo una marea di voci diverse che narrano storie di tipi diversi, interessanti. Mi piace. Mi piace vedere scrittori europei che diventano preminenti nel campo del fantasy, mi piace che ci siano svariati autori di discendenza africana i cui libri guadagnano importanza. Penso solo che ciò renderà più forte complessivamente tutto il genere, perché questa tendenza porta una maggiore varietà, che aiuta noi lettori a trovare un maggiore senso di meraviglia e di esplorazione nei nostri libri.
Ringraziamo sentitamente Brandon Sanderson e il suo assistente esecutivo Adam Horne per la loro gentilezza nel rispondere a questa intervista e ci auguriamo di poter leggere il più presto possibile i nuovi romanzi dell’autore!
E voi, Illyoners? Avete letto i romanzi di Brandon Sanderson?
– Stefano Marras –