Potremmo seguire i classici stilemi che si usano per le presentazioni degli autori: “Nato a Lincoln, in Nebraska il 19 dicembre 1975, Brandon Sanderson frequenta questa e quella scuola… arriva alla notorietà con… è autore dei seguenti tomi…”. Potremmo, sì; ma non lo facciamo.
Perché Sanderson è, senza mezzi termini, uno degli autori fantasy più completi e – al tempo stesso – promettenti del momento: può sembrare paradossale, ma vi spieghiamo subito perché non lo è affatto. È un autore completo perché è maturato prestissimo, esordendo davanti ad un pubblico mondiale nel 2009 con un peso non da poco: il completamento della monumentale saga ‘La Ruota del Tempo’ di Robert Jordan, tristemente scomparso nel 2007. Ed è un autore promettente perché, avendo iniziato la sua produzione nel 2005 e riuscendo a mantenere un ritmo di scrittura quasi industriale, ha ancora parecchio da raccontare, tanto da aver intrapreso la costruzione di un mastodontico ciclo di dieci romanzi, che dovrebbe vedere la fine nel 2024.
Ma andiamo con ordine.
Le origini
Il primo grande romanzo (anche dal punto di vista quantitativo) di Brandon Sanderson si intitola ‘Elantris’ e vede la luce – è il caso di dirlo –, nel 2005. Recentemente pubblicato in Italia da Fanucci, che ha il merito di curare tutte le pubblicazioni dell’autore nel Bel Paese, sulla scia del successo degli altri libri, è un romanzo ambientato all’ombra di una città un tempo divina, ora caduta in disgrazia. Un tempo gli Elantriani erano né più né meno come dèi: luminosi, immortali, saggi e ammirati da tutti. Ma da quando il mondo è cambiato sono diventati dei reietti: scuri, piagati, incapaci di guarire anche dalle ferite più piccole, sono destinati alla follia, ma sono anche impossibilitati a trovare pace nella morte. Con un misto di magia, intrigo politico, ironia e azione, il libro viene immediatamente notato da pubblico e critica.
L’anno dopo Sanderson dà il via alla sua prima trilogia: ‘Mistborn’. Ambientata in un mondo morente, in cui nevica cenere, la saga racconta le vicissitudini di un gruppo di ladri skaa che hanno in mente di rovesciare l’Ultimo Impero, un’entità politica tetragona dominata da un Imperatore-Dio ormai da migliaia di anni. Nel far questo, l’attempato Kelsier e la giovane Vin non sono ovviamente disarmati: sono infatti allomanti, maghi capaci di bruciare i metalli che ingeriscono per sviluppare incredibili quanto complessi poteri magici.
Già dalle prime opere di Sanderson emergono le caratteristiche che rendono unici i suoi romanzi.
In primo luogo, l’attenzione all’intreccio, la lungimiranza nello sviluppo della trama, che sorprende e conquista con continui rimandi che dimostrano che nulla di quanto letto è accaduto per caso. In secondo luogo, la cosa forse più interessante e particolare: la costruzione della magia. Sia nella sua prima produzione, sia in quella successiva, Brandon Sanderson dimostra un talento per la creazione di mondi high fantasy solidi e credibili, che passa – necessariamente – attraverso l’invenzione di sistemi magici tanto complessi quanto ben regolati. Ogni mondo inventato da Sanderson, che sia per un libro stand-alone, per una trilogia o per l’immane decalogia ancora in cantiere, è regolato da leggi magiche severe ed invincibili quanto quelle naturali. Azione e reazione. Così come il calore dilata il metallo, allo stesso modo la magia allomantica non può che adeguarsi a delle regole “scientifiche” – se mi passate il termine.
Le tre leggi di Sanderson
Lo stesso autore segue delle regole. Sono le tre leggi di Sanderson.
La prima legge recita: “La capacità di un autore di risolvere in maniera soddisfacente dei conflitti utilizzando la magia è direttamente proporzionale alla comprensione che il lettore ha di detta magia“. Sanderson chiarisce come questa regola valga non solo per il fantasy, ma anche per la fantascienza: basta sostituire la parola “magia” con “tecnologia”. Di conseguenza Sanderson distingue tra libri Hard Magic, in cui la magia è ben regolamentata e l’autore si adegua alle regole da lui stesso create, e libri Soft Magic, in cui le regole della magia sono fumose, il lettore – almeno all’inizio – tende a sperimentare un maggiore senso di meraviglia, ma in cui alla fine si rende quasi sempre necessario l’intervento di un deus ex machina.
La seconda legge, invece, afferma che le limitazioni devono essere superiori ai poteri. Per spiegare questa legge, Sanderson fa riferimento a Superman: ciò che, a suo dire, lo rende interessante non sono tanto i suoi superpoteri, quanto le sue debolezze – in particolare la criptonite e l’aderenza al proprio codice etico.
Dice infine la terza legge: “Espandi ciò che hai già prima di aggiungere qualcosa di nuovo.” La magia non galleggia nel vuoto; è connessa ad un mondo che deve essere vivo e vibrante, è legata all’arte della guerra, alla politica, alla religione, all’economia, alla vita quotidiana. Il lavoro dell’autore è sviluppare le ramificazioni del proprio sistema magico in tutti gli aspetti. I maghi possono creare palle di fuoco? Saranno schierati in guerra. Possono trasformare il fango in diamanti? Probabilmente i diamanti varranno meno di zero, con conseguenze serissime sia sull’economia che sulla tecnica orafa; e di sicuro non ci saranno schiavi da mandare in miniera.
La consacrazione
Il 16 settembre 2007 moriva Robert Jordan. Se lo portava via una amiloidosi cardiaca, che gli era stata diagnosticata poco più di un anno prima. Robert Jordan aveva pubblicato nel 2005 ‘Knife of Dreams’ (‘La lama dei sogni’ nella versione italiana pubblicata da Fanucci), l’undicesimo volume della saga ‘La Ruota del Tempo’, iniziata quindici anni prima.
Per molti lettori questo ciclo monumentale di romanzi, avviato nel 1990 e concluso ventitré anni dopo, non necessita di presentazioni. Per chi non lo conoscesse, invece, due note sono d’obbligo. I quattordici volumi de ‘La Ruota del Tempo’ raccontano di un continente senza nome (che i fan chiamano ‘Randland’ in onore del protagonista dei romanzi), suddiviso in regni, feudi e principati e che, alla stregua di numerosi indizi disseminati tra un capitolo e l’altro, potrebbe benissimo essere la nostra Terra in un lontano futuro che ci ha riportato al Medioevo (leggere per credere). In questo mondo la magia si distingue in due fonti principali: Saidar, quella che viene incanalata dalle donne, calma e placida e forte come un grande fiume; e Saidin, la metà maschile, impetuosa come un torrente di ghiaccio e di fuoco. Un tempo questi due poteri venivano usati in simbiosi, fino al giorno in cui Lews Therin Telamon, uno dei maghi più potenti dell’Epoca Leggendaria, ha affrontato il Tenebroso, incarnazione del Male, sigillandolo nella sua prigione di Shayol Ghul; pur imprigionato, il Tenebroso ha però vibrato un possente colpo di coda, contaminando Saidin con la propria Corruzione e portando alla follia tutti i maghi di sesso maschile. Migliaia di anni dopo, le Aes Sedai sono le uniche autorizzate a praticare la magia e danno la caccia agli uomini che manifestano la capacità di incanalare. Il Tenebroso sta nuovamente cercando di liberarsi quando una di queste maghe giunge nello sperduto villaggio di Emon’s Field. Le premesse sono familiari e, in un certo senso, volutamente tolkieniane; lo svolgimento, invece, si frammenta in un mosaico ricchissimo di particolari, divenendo una serie di romanzi corali che nulla hanno da invidiare ai ben più celebrati tomi di George Martin.
Ma torniamo a Sanderson: che c’entra, mi direte? Nel periodo immediatamente successivo alla diagnosi della malattia, Robert Jordan, insieme alla moglie Harriet McDougal, aveva spasmodicamente cercato di buttare giù quanto più materiale possibile (appunti scritti, registrazioni vocali…) per consentire ad altri di raccogliere la sua eredità, consapevole che non sarebbe mai riuscito a concludere l’opera monumentale che aveva iniziato. Dopo la sua morte, la vedova Harriet designò proprio Brandon Sanderson perché completasse il lavoro del marito. L’annuncio fu dato il 7 dicembre 2007 e, in poco più di un anno, Sanderson portò alla pubblicazione il primo dei tre volumi conclusivi de ‘La Ruota del Tempo’, ‘Presagi di tempesta’ (2009). Successivamente scrisse ‘Le Torri di Mezzanotte’ (2010) e il ciclopico volume conclusivo, ‘Memoria di luce’ (2013, tradotto in Italia da Fanucci nel giugno dello stesso anno). Cresciuto con i libri di Jordan, Brandon Sanderson si è ritrovato a muoversi per la prima volta in un universo fantasy consolidato ma, al contempo, perfettamente conosciuto; ha seguito, laddove possibile, le indicazioni di Jordan e, laddove necessario, ha inventato; è riuscito, alla fine, a pubblicare quello che molti hanno reputato “il miglior libro possibile” per concludere una saga da migliaia e migliaia di pagine, rendendo un grandioso omaggio al creatore dell’intera serie e offrendo ai lettori un’agognata conclusione, fedele al massimo alle idee dell’autore.
Vi abbiamo incuriosito? Sorpreso? Ammaliato? Allora non perdete la seconda parte dell’articolo!
– Stefano Marras –