Può un episodio privo di veri e propri combattimenti essere più emozionante di una puntata interamente dedicata a una battaglia? Può un finale di stagione essere più gravido di eventi di una nona puntata, rompendo il classico schema fin qui utilizzato dalla serie ‘Il Trono di Spade’? Stanotte, in piedi alle tre del mattino, con le occhiaie e l’aspettativa accumulata dalla fine di aprile a oggi, abbiamo scoperto che sì, è ben possibile.
“WINTER IS HERE”. La presente recensione contiene pesanti SPOILER dall’episodio 6×10 di ‘Game of Thrones’: procedete solo se l’inverno è arrivato anche dalle vostre parti.
‘The Winds of Winter’: questo il titolo del finale di stagione. Sembra l’ultimo sberleffo alla lentezza pachidermica della scrittura di George Martin, il segno definitivo del sorpasso inflitto dalla serie TV ai libri di una saga, mai apparsa così monca e in sofferenza. Rassegnatevi, amici lettori: il presente è della serie, il futuro… chissà.
Alla regia torna, dopo la grande realizzazione di ‘Hardhome’ e l’ottima prova di regia della Battaglia dei bastardi (trovate qui la nostra recensione), Miguel Sapochnik, il cui nome inizia a suonare come una garanzia. In questo caso non abbiamo vere e proprie battaglie, ma il regista riesce comunque a esaltarsi, con un risultato che personalmente ho trovato nettamente superiore anche a quello della puntata precedente.
Mi levo solo un sassolino dalla scarpa, una delle poche note negative dell’episodio, per passare poi a sottolineare gli aspetti che ne fanno un piccolo capolavoro: questa storia degli spostamenti istantanei sta letteralmente sfuggendo di mano. Varys, Arya, Olenna e Ditocorto (nelle precedenti puntate) si muovono da un luogo all’altro senza neanche l’apparenza di aver realmente affrontato un viaggio. Comprendo che a questo punto mostrare anche di sfuggita una nave, un carretto o un cavallo possa rovinare l’effetto sorpresa o far perdere minutaggio prezioso, ma l’importanza che i viaggi avevano nelle prime stagioni risulta totalmente sminuita. È chiaro che sia passato più tempo di quanto non appaia, e che le storyline non seguano tutte la stessa cronologia, ma a maggior ragione l’effetto è straniante: sembra che un videogiocatore annoiato abbia azionato il fast travel per non dover perdere tempo a viaggiare.
Ciò detto, veniamo ai numerosi aspetti positivi della 6×10. La puntata inizia con un qualcosa che avevamo presagito, agognato, temuto. Confesso di essere arrivato a fare un generico conto dei personaggi di rilievo coinvolti nella storyline di Approdo del Re, per giungere alla conclusione che sì, la zampata di Cersei era ben possibile. E così è stato. A mio avviso, la prima ventina di minuti è la parte indiscutibilmente migliore dell’episodio. Il taglio è quello del thriller, con la regia che accompagna sapientemente la preparazione di tutti i protagonisti, cogliendo raffinatamente dettagli come la corona di Tommen, il monile di Cersei, e la tunica “nuova” dell’Alto Passero. Persino la colonna sonora, che nel corso dell’episodio raggiunge picchi di epicità inediti per la serie, è diversa da quella che siamo abituati a sentire: Ramin Djawadi ci spiazza, calando un pianoforte e degli archi apparentemente fuori contesto, eppure la scelta si rivela azzeccatissima, incalzante. In una parola, perfetta.
La sinergia di musica e regia rende indimenticabile la trappola ordita dalla Regina Madre: Pycelle che viene ucciso dagli uccellini di Varys/Qyburn (riecheggiando una scena analoga nell’epilogo del libro ‘A Dance with Dragons’); Lancel che viene ferito e cerca disperatamente di disinnescare il “detonatore” predisposto da Cersei; Margaery che percepisce la fine imminente e l’Alto Passero che, con l’ottusità tipica del fanatico, condanna tutti a una morte atroce. L’esplosione dell’Altofuoco è una vampata di morte e distruzione che ci lascia, al tempo stesso, entusiasti e storditi: la decisione di uccidere così tanti personaggi è sconvolgente e coraggiosa, un colpo da maestro che ci era stato lasciato fiutare da diverse puntate, ma che si realizza in maniera perfetta sotto i nostri occhi. Spezzoni di scene ci si affastellano nella mente, le fiamme verdi che dilagano, la città ferita, la campana del Tempio di Baelor che sfonda un edificio vicino.
La mossa di Cersei, che avanza una seria candidatura come “Mad Queen”, è magistrale: in un attimo rimane priva di qualsiasi nemico. Il tentativo di salvare Tommen, ovviamente, ha vita breve, ma davanti al cadavere del figlio Cersei non dimostra alcuna reazione: ha fatto il possibile, ma era già rassegnata alla dipartita del ragazzo – la profezia non lasciava dubbi. E ora sappiamo anche che la Regina che verrà a portare via tutto a Cersei non può essere Margaery. La chiusura di questa storyline, con una parata cupa, angosciante, e l’incoronazione di Cersei, sotto gli occhi inquieti e confusi di Jaime, varrebbe di per sé la visione dell’intero episodio. Brividi.
Ma, naturalmente, non finisce qui, anzi. Jaime, rientrando dalle Terre dei Fiumi, passa fugacemente dalle parti delle Torri Gemelle, dove, poco dopo, Walder Frey trova una morte debitamente disgustosa per mano di Arya Stark, magicamente riapparsa – l’ho già detto? – nel Continente Occidentale. A volte qualche soddisfazione la ottengono anche i buoni, pare – anche se ogni tanto sembrano meno buoni. Il sentiero su cui si è avviata la giovane Stark è oscuro e pieno di terrori. Lo “scherzo” della torta, che riporta alla mente svariati miti greci (come la saga degli Atreidi), richiama anche un analogo episodio che si sospetta abbia avuto luogo, per mano di Weyman Manderly, proprio nel libro ‘A Dance with Dragons’.
Il Lord-troppo-grasso-per-cavalcare fa la sua apparizione a Grande Inverno, tra gli alfieri degli Stark venuti a rinnovare il loro giuramento di fedeltà. Non è che ci sia da fare grandi festeggiamenti, comunque, visto che nel momento del bisogno questi alleati hanno fatto mancare il loro supporto, ma Jon e Sansa non possono fare più di tanto gli schizzinosi. Emerge, ancora una volta, il carisma della giovane Lyanna Mormont, che di fatto spinge gli uomini del Nord, i Bruti e persino Davos a proclamare Jon Snow Re del Nord. La scena è, al contempo, gratificante e inquietante: sia perché ricorda la proclamazione di Robb Stark, alla quale non seguì nulla di buono, sia per lo scambio di sguardi tra Sansa e Ditocorto. La ragazza, dopo essersi chiarita col fratellastro, friendzona Baelish, la sua proposta di matrimonio e la sua promessa di potere (“It’s a pretty picture” entrerà negli annali della friendzone). Ma forse il fatto di essere stata scavalcata da Jon la spingerà a cambiare idea?
Sempre dal Nord viene esiliata Melisandre, rea confessa del rogo di Shireen, costretta dalla condanna emessa su due piedi da Jon (ma non vi fa tenerezza, con quegli occhioni blu?) a dirigersi verso sud. Sarà una coincidenza? Personalmente penso che questo allontanamento forzato porterà Mel a incrociare Daenerys. Già, Daenerys. La khaleesi, grazie alle astute manovre del rapidissimo Varys, conquista il supporto di Dorne (dovremmo parlare forse di Casa… Sand?) e delle forze dell’Altopiano, guidate da una ferita – ma mai abbattuta – Olenna Tyrell: alla fine dell’episodio vediamo chiaramente le loro vele al servizio della flotta che lascia la baia.
Prima di andare via da Meereen, Dany compie due gesti di grande significato: lascia Daario a garantire la pace nella rinominata Baia dei Draghi, in modo da sbarazzarsi di lui e da poter accettare alleanze matrimoniali una volta giunta a Westeros. Subito dopo, confrontandosi con Tyrion (che appare tornato, finalmente, in splendida forma!), formalizza la sua nomina a Primo Cavaliere della Regina. Il momento in cui gli appunta la spilla e Tyrion si inginocchia al suo cospetto dovrebbe far sciogliere anche i cuori più duri: il Folletto, che non ha mai creduto in nulla, finalmente ha una missione nella vita. Il finale dell’episodio, con una profusione di navi in CGI e draghi che svolazzano, è davvero appagante: può essere letto in parallelo con la proclamazione di Jon e con l’incoronazione di Cersei, e vale, a mio modesto parere, a sancire quali saranno i tre schieramenti destinati a darsi battaglia per la conquista di Westeros, ovvero Cersei e le forze dei Lannister (che però sono già in affanno), Jon Snow, sostenuto dai Bruti, dalle truppe del Nord e (forse) dai Cavalieri della Valle, e Daenerys, con l’appoggio del suo esercito, dei suoi draghi, della flotta dei Greyjoy e dai nuovi alleati dorniani e Tyrell.
Insomma, Isolani, dopo sei stagioni l’inverno è arrivato sulle ali dei corvi bianchi della Cittadella: l’aspettativa per la prossima stagione non può, dopo queste premesse, che essere destinata a crescere a dismisura.
P.S.: In chiusura, ci tenevo a menzionare altri due eventi, solo apparentemente secondari. Il primo è la conferma della teoria R+L = J: questa, per adesso, è una consapevolezza che possiede soltanto Bran, ma sicuramente sarà destinata ad avere pesanti ripercussioni in futuro. Il secondo è l’arrivo di Samwell alla biblioteca della Cittadella, a Vecchia Città: una fotografia impagabile ed effetti speciali meritevoli di plauso ci regalano una scena davvero degna di nota. Ma soprattutto: avete notato quegli specchi, che portano la luce all’interno della biblioteca? Assomigliano al congegno che si è sempre visto nella sigla della serie. Solo una coincidenza? Io non credo.
– Stefano Marras –
Game of Thrones 6×10: The Winds of Winter – Recensione
Isola Illyon
- Da brividi gli sviluppi della storyline di Cersei;
- Regia esaltante nella prima ventina di minuti della puntata;
- La colonna sonora raggiunge livelli di epicità inediti;
- Confermata la teoria R+L = J;
- Un nuovo Re del Nord;
- Meravigliosa la resa della biblioteca della Cittadella;
- Lo sguardo di Dicorto a Sansa non lascia presagire nulla di positivo;
- Commovente il momento in cui Daenerys nomina Tyrion Primo Cavaliere;
- DAENERYS LASCIA IL CONTINENTE ORIENTALE!!!
- La conturbante vendetta di Arya ai danni dei Frey;
- Tre finali epici (Jon, Cersei e Daenerys) in un unico finale di stagione: cosa chiedere di più?
- Continua ad essere presente il problema degli spostamenti ultra-rapidi dei personaggi;
- Sentire chiamare Jon “Lupo Bianco”, con Spettro ancora assente ingiustificato (se non per questioni di budget), fa un po’ storcere il naso;