‘The Broken Man’, il settimo episodio della nuova stagione di ‘Game of Thrones’, viene e va così, da un lato troppo veloce, dall’altro troppo lento. Sono forse impazzito come un Targaryen? Sono ebbro di ombra della sera? Temo di no. Do i soliti avvisi anti-spoiler ed entro subito nel vivo della recensione.
DISCLAIMER: Contiene SPOILER dal settimo episodio della stagione in corso. Non procedete oltre o… beh, sapete cosa accade, no?
L’episodio di questa settimana è una manifestazione della schizofrenia drammaturgica che affligge, in questa sesta stagione (ma non solo in questa), la produzione della serie HBO. Al di là dei paroloni, quello che voglio dire è questo: lo show, a volte, “corre” come avesse una fretta fottuta (“fottuta” si può dire?) di mostrarci tutto e subito; i personaggi sono quindi rapidissimi negli spostamenti, c’è poco approfondimento della loro psiche (“non c’è tempooooooooh!”), e informazioni di vitale importanza vengono sparaflashate (si può dire “sparaflashate”?) nell’arco di pochissimi secondi – questo è quello che è accaduto per l’origine degli Estranei nella 6×05 e per il Re Folle nella 6×06. D’altro canto, però, la serie continua a camminare (salvo lodevoli eccezioni) con il freno a mano tirato: non possiamo avere scontri risolutivi, non possiamo assistere a battaglie decisive perché tutto – TUTTO! – deve avvenire nella fatidica nona puntata. Ecco, io voglio dirlo – e non vi salti in mente di venirmi a spiccia’ casa per questo, perché ho un cordone di Immacolati schierati a protezione: questo giochino, a mio avviso, ha un po’ stancato. È senz’altro fico che ci sia una puntata nella quale deve avvenire qualcosa di sconvolgente, ma ciò non può diventare una scusa per trasformare i primi otto episodi in un riscaldamento in vista del climax. Eppure è così che vanno le cose, ormai da troppe stagioni: il trucchetto della nona puntata è diventato un limite per la serie, non più una sua risorsa.
Emblematico di queste tendenze contrastanti è il caso, tanto per fare un esempio, delle peregrinazioni di Sansa e Jon alla ricerca di sostenitori della causa degli Stark: hanno fatto base nell’ex accampamento di Stannis (i miei sensi di ragno dicono che qui Davos farà qualche scoperta sulla sorte di Shireen…), e da questo punto generico si muovono con il TARDIS comunemente usato dal Dottor Ditocorto. In un attimo sono sull’Isola dell’Orso (che, almeno per il nome, presupporrà una traversata in nave, no?): qui si distingue per carisma – anche dell’attrice – la giovane ma non per questo ingenua Lyanna Mormont, la bambina di dieci anni che ha già sputato in faccia a Stannis. Finalmente un personaggio interessante, reso davvero al meglio, con un’adeguata ribalta. Subito dopo i nostri eroi appaiono a Deepwood Motte, dove subiscono l’oltraggioso rifiuto della Casata Glover. Sansa, quindi, prende in mano la situazione e scrive una lettera. Non sappiamo a chi sia indirizzata (Ditocorto, magari?), ma quest’uomo è piuttosto sicuro che sarà quel pezzo di pergamena a sbloccare la situazione in futuro. Assistiamo dunque a tante attività preparatorie che, però, non possono portare a nulla nell’immediato, perché… bisogna aspettare la 6×09 e la Battaglia dei Bastardi.
A questo si aggiunge la durata ridotta delle puntate (in questo caso, 51 minuti), fattore che fa sembrare ancora più compresso il tempo su schermo di ogni storyline, anche al netto dell’assenza di quelle di Bran, Daenerys e Tyrion. Pure ad Approdo del Re succede relativamente poco: Olenna (santa subito!) dice, ancora una volta, quel che pensa di Cersei in faccia alla diretta interessata, quindi si prepara a levare le tende dalla capitale, perché sente l’attenzione dell’Alto Passero appuntarsi su di lei. In tutto questo incontra anche Margaery, che tra mille difficoltà conferma quello che pensavamo, e cioè che la sua conversione al Credo Militante non è altro che una recita, nell’interesse dei Tyrell. Ma davvero, solo una rosellina? Non ci sbottoniamo un po’ di più? Olenna comunque si fida della nipote e si tira indietro.
Nelle Terre dei Fiumi, Jaime Lannister, un redivivo Bronn e 8.000 soldati di Castel Granito si uniscono all’assedio di Delta delle Acque, condotto in maniera catastrofica dai Frey, che mettono in scena continuamente l’esecuzione di quel relitto umano di Edmure Tully. Jaime assume immediatamente il controllo dell’assedio, predisponendo difese, sentinelle, e strappando di mano l’ostaggio dalle grinfie dei viscidissimi discendenti del Lord del Guado, ma il suo tentativo di parlamentare con il Pesce Nero Brynden Tully non sortisce l’effetto sperato.
“L’uomo spezzato” del titolo è, verosimilmente, Theon Greyjoy, al quale è dedicata una scena che ho trovato surreale. Migliaia di uomini di ferro, dediti al saccheggio, allo stupro e alla pirateria, arrivano a Volantis e… beh, fanno girare un po’ l’economia locale – ché si sa, in tempi di crisi bisogna dare tutti una mano, signora. Pagare is the new razziare? Yara, dopo l’abbraccio fraterno con Theon visto nelle puntate precedenti, pensa bene di sbattergli in faccia la sua mutilazione, limonando duro con una prostituta sotto i suoi occhi… salvo poi scusarsi. Qual è il senso di tutto questo, a parte farci vedere un po’ di tette gratis? Dirci che i Greyjoy fedeli a Yara vogliono giocare d’anticipo sul piano di Euron, presentandosi al cospetto di Daenerys per allearsi con lei e riprendersi il Trono del Mare.
Anche la storyline di Arya viene liquidata in poco tempo – eppure è un tempo lunghissimo, rispetto allo scopo! La ragazza contratta un passaggio per Westeros col capitano di una nave, ma ecco che l’Orfana, con indosso l’aspetto di una dolce vecchietta, la pugnala qualcosa come quattro o cinque volte. Arya, prevedibilmente, non muore, ma si butta in un canale e riemerge, sanguinante, tremante, paranoica verso tutto e tutti.
Veniamo al buono di questa puntata. Se siete qui, non è uno spoiler, giusto? Il Mastino è tornato. Lo attendevamo dalla fine della quarta stagione (in realtà, per i lettori, dal lontano 2005, anno di pubblicazione di ‘A Feast for Crows’). La sua riapparizione è, evidentemente, talmente importante (chi ha detto Cleganebowl?!?) che viene sottolineata con una scena d’apertura precedente alla sigla. Scusate se è poco. La sua storyline taglia tutte le altre, riapparendo come un fiume carsico nell’arco dell’intera puntata. Per chi segue ‘The Walking Dead’, questa scelta mi ha ricordato alla lontana gli episodi ‘Live Bait’ e ‘Dead Weight’ della quarta stagione, dedicati a spiegare agli spettatori che fine avesse il Governatore. Anche qui il Mastino sembra aver trovato una vita pacifica, eppure… i fantasmi della sua vita precedente lo tormentano ancora. Quando la comunità in cui faticava a inserirsi viene massacrata dalla Fratellanza senza Vessilli, la soluzione non può che essere una soltanto: afferrare l’ascia e prepararsi a combattere.
Non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento alla recensione della 6×08, ‘No One’ – di cui trovate il promo qui sotto:
– Stefano Marras –
Game of Thrones 6×07: The Broken Man – Recensione
Isola Illyon
- È tornato il Mastino!
- Le scene dedicate al Mastino;
- Il personaggio di Lyanna Mormont!
- L’episodio è complessivamente godibile;
- Interessante e (relativamente) fedele ai libri la storyline delle Terre dei Fiumi;
- Troppa fretta da un lato, e troppo tempo sprecato;
- Ditocorto ha prestato il TARDIS a Jon, Sansa e Davos;
- Episodio particolarmente breve (51 minuti), la cui durata fa sembrare “compresse” anche le poche trame affrontate;
- Ancora una puntata interlocutoria;
- La scena degli uomini di ferro a Volantis è priva di qualsiasi senso compiuto;