Fuoco e Spoiler: qua si elucubra, e non poco, sulla Madre dei Draghi più amata dalla televisione, con abbondanza di riferimenti a libri e serie tv. Aggiornatevi, dunque, per risparmiarvi sgradite anticipazioni.
“Tre fuochi devi accendere”, dicono gli Eterni a Dany in “A Clash of Kings“, “uno per la vita e uno per la morte e uno per amare”. Cosa esattamente intendessero non è chiaro a nessuno, ma la Daenerys della serie televisiva sembra determinata a non correre rischi: in effetti, non si lascia sfuggire una sola occasione per bruciare qualcuno o qualcosa.
Il fuocherello acceso al centro di Vaes Dothrak nel quarto episodio della sesta stagione è infatti solo l’ultimo di una serie di atti di piromania della reginetta che, tra libri e televisione, ha dato alle fiamme: il quartier generale degli stregoni di Qarth, un numero imprecisato di schiavisti ad Astapor, (quasi) un diplomatico di Yunkai, uno dei Grandi Padroni di Meereen (giustiziato sommariamente e senza alcuna ragione), un certo numero di assassini/spettatori innocenti di uno scontro gladiatorio (libri e televisione discordano), e l’intera leadership Dothraki (no, la HBO non sa come i colpi di stato funzionino nella realtà).
L’ossessione dei Targaryen per il fuoco ha indubbiamente radici antiche: dal rogo di Sala dell’Estate fino al piano di contingenza di Aerys per porre fine alla ribellione (radere al suolo Approdo del Re con l’Altofuoco), la stirpe dei draghi ha sempre mostrato una certa passione per l’elemento, ma Dany nella serie televisiva l’ha portata a un altro livello.
Un contributo fondamentale in tal senso sembra averla fornita la sua mistica quanto dibattuta immunità: se nei libri Martin ha esplicitamente detto che nessun Targaryen è immune al fuoco e Dany non fa eccezione (la pira funebre al termine del primo libro è stato un evento una tantum), per quanto alcuni non sono certi della sua attendibilità, la serie lascia ormai ben pochi dubbi al riguardo.
In ogni caso, il ritmo accelerato degli eventi in televisione sta lasciando molti in preda ai dubbi su se (e come) interpretare i fatti in relazione a quello che accadrà in “The Winds of Winter”. Data una certa difficoltà (attribuibile più alla sceneggiatura e alle esigenze televisive che non alla perizia degli attori, mai in discussione) nella serie a cogliere gli aspetti più sottili e psicologici dello sviluppo caratteriale dei personaggi, risulta particolarmente complesso tentare di rispondere a una delle domande principali che i fan si pongono: Dany sta forse diventando pazza?
Tutti i Targaryen sono destinati a lasciare un segno nella Storia, nel bene o nel male: se maestro Aemon e il principe Rhaegar saranno ricordati dai posteri come tra gli uomini migliori del proprio tempo, Maegor il Crudele, Baelor il Benedetto, o Aerys il Folle saranno ricordati sempre e solo come dei pazzi (più o meno pericolosi).
Il primo a dare voce a tali dubbi nei confronti di Dany (cioè se sia destinata alla grandezza o alla follia) è Barristan Selmy, che infatti nei libri si prende il proprio tempo (spacciandosi per scudiero) per osservare l’ultima dei Targaryen (assumendo che Aegon sia davvero un Blackfyre) e decidere se valga la pena o meno di mettersi al suo servizio. Come avrete letto il verdetto è stato positivo, ma il Valoroso non brilla certo per le proprie doti di ragionamento critico (come possiamo vedere dal suo credere a letteralmente qualsiasi cosa nei capitoli del libro “A Dance with Dragons”).
Daenerys stessa è piuttosto scossa dalle affermazioni del cavaliere, tanto da iniziare a porsi domande sulla moralità delle proprie azioni, più o meno con l’inizio della propria permanenza a Meereen.
Se usciamo per un attimo dal suo punto di vista autoindulgente e non completamente attendibile, realizziamo che la maggior parte delle sue azioni siano quantomeno discutibili: al suo arrivo nella Baia degli Schiavisti, decide che lo stile di vita millenario e la cultura locali la infastidiscono, pertanto annuncia a tutti quanti che devono cambiare radicalmente la propria forma mentis, l’organizzazione sociale e l’economia, perché a lei gira così.
In questo senso, possiamo leggere gli archi narrativi di Dany in “A Storm of Swords” e in “A Dance with Dragons” in parallelo, come un confronto che Martin (pacifista convinto, ma non radicale) traccia tra la guerra, con la gratificazione immediata che comporta sul piano psicologico (i capitoli in “A Storm of Swords” sono adorati dai fan, e mostrano una serie ininterrotta di successi), e le sue conseguenze in tempo di pace, con le frustrazioni e la necessità di compromessi che quest’ultimo reca con sé.
Assumo che buona parte di voi non apprezzi i capitoli dedicati alla reggenza di Meereen: qui sta la maestria di Martin, perché è sua intenzione renderli sempre più sgradevoli e frustranti. Dany inizia a detestare il ruolo di regina (e non già di conquistatrice), perché deve scendere a compromessi, perché la pace è difficile da mantenere e richiede sacrifici sempre crescenti, primo fra tutti la necessità di rinunciare alla propria visione del mondo per ricercare una mediazione con i bisogni degli altri.
Si ritrova dunque dilaniata tra istanze repressive e pacifiste (incatenare i propri draghi, ricordandosi il nome della bambina che Drogon si pensa abbia ucciso) e pulsioni omicide (personificate da Daario, l’affascinante psicopatico verso il quale non riesce a smettere di provare attrazione). Dopo i fatti delle Fosse da Combattimento (resi nei libri come una manifestazione di somma intolleranza di Dany verso un tentativo di mediazione della cultura locale, piuttosto che come un assalto immotivato nei suoi confronti), in un criptico capitolo disseminato di allucinazioni e significati simbolici, la ragazza rinuncia del tutto a tenere a bada i propri istinti più bassi (metaforicamente, dimentica il nome di Hazzea, la vittima dei draghi) per ricordare chi sia veramente: fuoco e sangue.
Quando diciamo follia, dunque, è fuorviante pensare a Ramsay: Dany non è una sadica, solo sta degenerando in un delirante autoconvincimento dell’assoluta correttezza delle proprie posizioni. Prendete ad esempio Aeron Capelli bagnati e l’Alto Passero: di questo passo, quella che la Madre dei Draghi porterà con sé nei Sette Regni sarà una crociata sostenuta da un’adesione fanatica a un’idea (civile piuttosto che religiosa, “rompere la ruota”) di fronte alla quale si potrà scegliere se accettare il suo modello, o essere ritenuti non utili.
“Ma non ci sono schiavi nei Sette Regni!”. Non è questo il punto: Dany non è infastidita dalla schiavitù, è infastidita dall’idea di ingiustizia nel suo modo di vedere il mondo. Se non sarà la schiavitù, sarà qualcos’altro: perché Daenerys è stanca di cercare di risolvere le cose a parole. L’unica soluzione che vede, ormai, è quella trasmessale dai suoi avi.
Fuoco e Sangue.
– Federico Brajda –