Illyoners e appassionati de ‘Il Trono di Spade’ tutti, benvenuti al nuovo appuntamento con le recensioni di Isola Illyon dedicate alla sesta stagione di ‘Game of Thrones’, in linea con la programmazione offerta da Sky Atlantic in lingua originale! Oggi troviamo, sotto la lente d’ingrandimento, il quarto episodio, ‘Book of the Stranger’.
DISCLAIMER: seguono SPOILER dalla puntata che stiamo commentando, quindi avventuratevi nella lettura solo se siete in pari con la serie!
‘Book of the Stranger’, dunque. Il riferimento è a ‘La Stella a sette punte’, testo sacro relativo ai sette dèi di Westeros, e in particolare all’ultimo tomo, dedicato allo Sconosciuto, che sovrintende alla morte. E credetemi, in questa puntata lo Sconosciuto si dà parecchio da fare.
Fatta questa doverosa premessa, analizziamo la puntata e i suoi aspetti più interessanti. I fatti prendono il via alla Barriera, dove un dimissionario Jon Snow (ricordate com’è finito il precedente episodio?), indossata una generica armatura da uomo del Nord (dove l’avrà trovata?), si prepara ad abbandonare una volta per tutte il Castello Nero. Il peso del fallimento e della colpa dell’esecuzione di Olly gravano sul nostro eroe non-più-in-nero, che cerca di calarsi nei panni del disertore provetto: vuole andare a Sud, al caldo. Mi piace molto che discuta con Edd, ma soprattutto apprezzo che stia lasciando indietro Lungo Artiglio. Come credo ricorderete anche voi, quella spada, in acciaio di Valyria, gli è stata donata dal compianto Lord Comandante Jeor Mormont, il quale apprezzava che il figlio Jorah, fuggendo da fuorilegge, non l’avesse portata con sé. Anche Jon, quando aveva tentato di disertare per unirsi all’esercito di Robb Stark, aveva preferito partire senza l’arma. Idem nella quarta stagione, prima del confronto di Mance Rayder. Questo, a mio parere, testimonia più di ogni altra cosa che Jon non è cambiato (cosa che speravamo e temevamo al tempo stesso): è sempre, fin nel profondo, un onorevole Stark.
L’incontro con Sansa, sottolineato dalle note struggenti del brano ‘Heir to Winterfell’, è una tempesta di feels. Il silenzio, l’abbraccio. Due fratelli (o forse cugini?) che si ritrovano dopo quelli che paiono secoli di separazione. Se ci pensate, sono i primi due Stark le cui storyline convergono, anziché divergere. Sansa ride, scherza, per un attimo sembra di essere tornati ai fasti della corte di Ned Stark, a quell’ingenuità serena e spensierata, prima che il disastro si abbattesse su questa casata. Solo per un attimo: entrambi sono cambiati, non sono più gli stessi ragazzini di una volta, e se ne rendono conto. Sansa proclama la sua volontà di riconquistare Grande Inverno, Jon traccheggia, ma alla fine sono gli stessi Bolton a forzargli la mano, con una missiva che è la brutta copia della celebre “Pink Letter”.
Ne avevo presagito l’arrivo dagli episodi precedenti, ma sentirla leggere è stato peggio di quanto pensassi: la versione televisiva della conturbante lettera di Ramsay è la fotografia delle modifiche che ‘Game of Thrones’ ha operato rispetto alla storia originale di Martin. Il significato, comunque, è uno solo: guerra tra Bruti e Bolton. Gli schieramenti sono sbilanciati, ma un aiuto pare arrivare dalla Valle, dove Petyr Baelish riappare, riemergendo, dopo diverse puntate di silenzio, dal wormhole che notoriamente usa per spostarsi. La facilità con cui manipola l’odioso Lord della Valle ha un che di esilarante.
Nel frattempo, nel castello di Grande Inverno assistiamo a un déjà-vu: Osha, la Bruta fedele a Rickon, si rende disponibile per offrire un po’ di coccole al sempre più fortunato Ramsay, ovviamente con secondo fine incluso. Come dite? Stessa cosa fatta con Theon? In questo caso è proprio l’esperienza di Reek a salvare Ramsay, che senza mettersi troppi scrupoli previene il tentativo di assassinio e ricambia la cortesia con un’unica, mortale coltellata. Pulita la lama, mentre la Bruta agonizza sul pavimento, Ramsay torna a mangiare la sua mela.
Lo stesso Theon riappare alle Isole di Ferro. Seppellendo per un istante in un cantuccio della mente la domanda “ma dove cavolo ha trovato una nave?”, devo dire che il confronto con la sorella Yara regala un bellissimo momento, nell’economia della puntata e della storyline dei Greyjoy: un altro abbraccio fra fratello e sorella che esprime il dolore della separazione, della perdita. La resa di Theon è completa: sembra passata una vita da quando faceva lo sbruffone con lei, nel grande salone di Grande Inverno, pavoneggiandosi come Principe Theon. Ad Approdo del Re rivediamo Margaery e Loras, che avevamo quasi dimenticato. Lei è innegabilmente la più dura dei due, ma cederà per amore del fratello? Nel frattempo, Lannister e Tyrell sembrano seppellire momentaneamente l’ascia di guerra: il tutto, pare, mettendo da parte il premuroso ma esitante zio Kevan e restituendo lo scettro a Cersei e a Jaime. Fondamentale e bellissima la figura di nonna Olenna, che ancora una volta si conferma maestra nella sottile arte della diplomazia.
Il filo tematico della puntata è un po’ il rapporto tra fratelli: Jon e Sansa, Theon e Yara, Loras e Margaery. Ciascuna di queste coppie si ritrova, ciascuna si riabbraccia, ciascuna viene messa totalmente a nudo dall’abbraccio. In tutti e tre gli incontri, è la donna ad assumere un ruolo preponderante, a mostrare durezza, a spronare all’azione. Non mi pare una coincidenza, né un qualcosa di trascurabile. Così come non può sfuggire il parallelo tra Sansa e Daenerys: la seconda, che è già regina, sembra scivolare sempre più in un baratro di follia, violenza e mistificazione (ne parleremo subito); Sansa Stark, che regina potrebbe diventare – ma che come la khaleesi ha perso tutto, per il momento –, appare invece sempre più forte, equilibrata, insomma, una governante saggia e capace di ispirare lealtà.
Veniamo appunto a Essos: a Meereen, Tyrion si accorda con gli schiavisti di Astapor, Yunkai e Volantis per porre fine all’isolamento del dominio Targaryen. Non sappiamo se l’accordo rimarrà in piedi, ma sinceramente l’attenzione è attratta dal destino della khaleesi: raggiunta dai fedelissimi Daario e Jorah nel cuore di Vaes Dothrak, Daenerys torna in gran spolvero, sfruttando la sua condizione per decapitare tutti i khalasar, i cui capi sono riuniti per decidere del suo destino e delle mete delle prossime razzie. Sfruttando la sua capacità di resistere alle alte temperature (punto che meriterebbe di per sé un lungo approfondimento), Dany ci fa capire perfettamente su che faccia sia caduta la moneta lanciata dagli dèi, dando fuoco alla capanna in cui si trova e a tutti gli occupanti, che non riescono a fuggire e perdono la vita. Quando la khaleesi, ancora una volta Non-Bruciata, riemerge da questa gigantesca pira funebre, non sono solo i Dothraki a cadere in ginocchio al suo cospetto: anche i suoi aspiranti “salvatori”, uno innamorato e l’altro amante, crollano per terra davanti a questa manifestazione di poteri semi-divini. Al di là del fortissimo richiamo al finale della prima stagione, è forse questo il segnale che delle cose si stanno sbloccando, nel Continente Orientale?
Vi lascio al promo del prossimo episodio, ‘The Door’, e vi do appuntamento alla prossima settimana:
– Stefano Marras –
Game of Thrones 6×04: ‘Book of the Stranger’ – Recensione
Isola Illyon
- Equilibrio tra le diverse sottotrame;
- Eventi decisamente interessanti alla Barriera, ad Approdo del Re e a Vaes Dothrak;
- Struggenti gli abbracci tra Jon e Sansa, tra Theon e Yara;
- Epico – anche se un po’ “telefonato” – il finale della puntata;
- Daenerys scivola sempre più verso la follia;
- La “Pink Letter” è una parodia e fotografa icasticamente tutti gli stravolgimenti operati dalla serie TV;
- Ramsay Bolton sempre più fortunato e sempre più bidimensionale;