Tutto ha inizio nel 1804, proprio come i libri di storia ci insegnano, quando il Capitano Meriwether Lewis ed il sottotenente William Clark vengono incaricati di organizzare una spedizione per esplorare i territori del Nord America oltre il confine Occidentale di quelli che già allora erano gli Stati Uniti, ovviamente durante il periodo coloniale. Il dato di fatto è che questa fu la prima spedizione statunitense (durata “appena” due anni) a raggiungere l’Oceano Pacifico via terra. A seguito dell’acquisizione della Louisiana da parte degli Stati Uniti, fu l’allora presidente Thomas Jefferson a volere fortemente questa missione, e a scegliere personalmente il capitano Lewis per guidare un manipolo di soldati e volontari in questo viaggio folle che si rivelerà essenziale per l’espansione degli USA per come li conosciamo. Ma perché questa spedizione? Ovviamente, per la corsa sfrenata alla colonizzazione. Questo è ciò che siamo abituati a pensare banalmente. E se invece ci fosse altro dietro a questa volontà di espandere i propri confini? E per “altro” intendessi il compito di redigere un diario segreto della missione, dove venga riportato tutto quello che Il Congresso e le popolazioni degli Stati Uniti non dovrebbero sapere su quanto si trovi al di là del confine?
Questi sono i presupposti che ci introducono nelle atmosfere selvagge e misteriose di Manifest Destiny, fumetto della collana Skybound (la stessa dell’incredibile Outcast e del fantasy Birthright, che abbiamo già recensito), anche questo un brillante prodotto della Image Comics proposto in Italia da saldaPress. L’oggetto della recensione è il volume 1 brossurato, intitolato “Flora e Fauna”, che raccoglie i primi sei albi della serie regolare pubblicata negli USA. Ovviamente, i protagonisti di questa serie a fumetti sono i nostri due esploratori che già dalle prime pagine lasciano trasparire la duplicità dei loro aspetti caratteriali. Su questo dualismo gioca molto lo sceneggiatore Chris Dingess, che pagina dopo pagina accenna più volte alle loro profonde differenze comportamentali, caratteriali ed etiche, evidenziandone i pregi ed i difetti che li configurano come la coppia ideale di pionieri del selvaggio. Clark ha il suo cappello alla Indiana Jones (o forse dovremmo dire il contrario?) e le sue pistole, la sua marzialità nei confronti non solo dei suoi “compagni d’avventura”, ma anche della situazione surreale che li circonda: non sarà difficile quindi pensare a lui come al duro della situazione, quello che agisce e reagisce senza batter ciglio, spesso e volentieri anche per proteggere il compagno Lewis, il quale ha un temperamento più pacato, con un animo accademico e curioso, quello che viviseziona bestie magiche e non, per capirci. È proprio quest’ultimo che si occupa di redigere sia il diario di viaggio ufficiale, che quello “segreto” richiesto dal Presidente in persona.
L’elemento fantastico è, insieme a quello di stampo cospirativo (meno evidente ma presente a più riprese fin da subito), pilastro fondante della narrazione. Ciò che rende questa storia adatta al formato fumettistico è proprio il “what if…?”: e se il corpo d’esplorazione durante la spedizione si fosse imbattuto in orrori indicibili, come creature simili a minotauri, oppure a piante infestanti con la precisa volontà di contagiare ogni essere vivente che non sia già vegetale? Se oltre al diario che noi conosciamo ne esistesse un altro in cui la cartografia, l’immensa opera di classificazione di specie animali, vegetali e delle popolazioni indigene comprendesse anche mostri, aberrazioni e luoghi fantastici? Questa è la suggestione che Manifest Destiny riesce a regalare già a primo approccio. A questi ingredienti si affianca la narrazione a focalizzazione interna di Lewis, spesso riportata sotto forma di stralci del diario che lui redige.
Un focus importantissimo e dovuto è quello sulla natura dei diversi componenti della spedizione: troveremo militari ai quali è stata promessa una buona paga affiancati dai peggiori delinquenti condannati a morte e partiti “volontari” per riscattare la propria libertà; in tutto ciò c’è spazio anche per una misteriosa nativa americana di nome Sacagawea e per il suo spigliato accompagnatore, che aggiungeranno quel tocco di conspiracy e mistero che già ho sottolineato essere un fondamentale ingrediente di questa buona ricetta.
La sceneggiatura rincorre lo schema frenetico e spezzato dei bei disegni di Matthew Roberts, in scene che calzano bene con il ritmo narrativo, creando una sensazione di alternanza di momenti concitati senza però interromperli con altri piatti o distesi, mantenendo il giusto tono per far sì che si stia sempre sull’attenti: immersi nel bel mezzo di una terra sconosciuta e selvaggia, non ci si potrà sentire al sicuro nemmeno fra le palizzate della comunità di La Charrette, ultimo baluardo della civiltà prima del profondo ignoto. Sorprendente anche il modo in cui la narrazione ricerca attentamente il ricamo attorno ai fatti storici e a quello che il diario conosciuto effettivamente racconta: questa ben riuscita coincidenza contribuisce a rendere più credibile il fatto che le cose siano andate diversamente da come ci siano state raccontate.
Non mi credete? Secondo quanto sappiamo, il 20 agosto del 1804 il sergente Floyd fu la prima (e unica?) vittima di questa spedizione, morendo curiosamente d’appendicite. Stando alle pagine di questo volume, le cose non sono andate proprio così…
Stay Tuned for more!
– Antonio Sansone –
Manifest Destiny Volume 1 – Recensione
Antonio Sansone
- Indubbiamente vincente l'idea di sviluppare un "what if" su una storia già incredibile ed affascinante;
- Sceneggiatura mai banale ed ottimo livello dei dialoghi;
- C'è spazio per la giusta dose di violenza non esasperata;
- Grande fedeltà per i dettagli storici e gli intrecci con il fumetto;
- A tratti i colori molto vividi distolgono l'attenzione dal disegno in sé;