Scontri avvincenti, fattore creep alle stelle, poco riserbo nel mostrare sbudellamenti e peggio, un pizzico di macchinazioni politiche e antiche cospirazioni per tenere alta la paranoia: questi e altri sono i motivi che hanno appassionato innumerevoli lettori in ogni parte del mondo alle disavventure di Eren Jaeger, protagonista de L’Attacco dei Giganti, e dei suoi commilitoni, impegnati a difendere l’umanità da una razza di esibizionisti cannibali in formato extra-large nel distopico mondo creato da Hajime Isayama ed edito in Italia da Panini Comics.
Il fumetto è divenuto uno dei titoli shonen più apprezzati degli ultimi anni, trasposto in men che non si dica in differenti altri media, con fortune quantomeno alterne, da un altrettanto eccezionale anime a un live action che alimenta il desiderio di sciacquarsi gli occhi con la soda caustica. Ma una menzione d’onore va fatta all’adattamento digitale per Playstation 4, Xbox One e PC, A.O.T.: Wings of Freedom (com’è noto qui in Europa), giunto dalle nostre parti lo scorso agosto, e che ha positivamente sorpreso in molti sotto parecchi punti di vista.
Il videogioco, pubblicato da Koei Tecmo e sviluppato da Omega Force (il team dietro i Dynasty Warriors), pur non essendo esente da difetti, riusciva a trasporre fedelmente l’esperienza del manga/anime, in parte grazie a uno stile grafico inconfondibile, e in parte per l’assoluta unicità delle meccaniche implementate.
Come gli amanti della serie sapranno, marchio di fabbrica de L’Attacco dei Giganti è l’equipaggiamento utilizzato dai soldati umani per contrastare i loro titolari antagonisti, degli abomini umanoidi alti dai tre metri in su e dotati di un fattore di rigenerazione che non sfigurerebbe nemmeno con Wolverine. Il solo modo per uccidere questi scomodi vicini (resi ancora più scomodi dalla loro passione per la carne umana) è colpirli in un preciso punto sul retro del collo: quale modo migliore per raggiungerlo che lanciarsi armati di spada con un propulsore a gas spara-rampini legato alla cintura?
Da qui non poteva che nascere uno stile di gioco inimitabile, fatto di improbabili acrobazie e affondi fulminei, dove a farla da padrone è il tempismo degli attacchi, necessario per evitare di essere calpestati (o masticati).
Se eravate fan del gioco originale, avrete anche sentito dire dell’arrivo di un sequel, A.O.T. 2, con uscita prevista a marzo 2018 (sulle stesse piattaforme sopracitate, alle quali si affianca Nintendo Switch). Il nuovo gioco promette meccaniche sostanzialmente invariate, ma perfezionate dall’aggiunta di qualche trucco in più per i prodi umani dell’Armata Ricognitiva (come la possibilità di studiare preventivamente un gigante per poterlo colpire con maggiore efficacia).
Ritorna anche un vasto cast di personaggi giocabili tratti dall’opera originale, ciascuno dotato di un proprio specifico stile di combattimento (Armin, ad esempio, sarà più debole negli scontri diretti, ma abile nel coordinare i PNG di supporto nel corso delle battaglie, mentre Levi fungerà da mietitrebbia ambulante), integrabile con alter ego personalizzati dal giocatore stesso.
Una novità, invece, è la modalità “Town Life”, una parte del gioco meno hack & slash e più simile a un RPG, che permetterà di esplorare il mondo all’infuori dei combattimenti e approfondire tramite miniquest la caratterizzazione dei vari personaggi e i vari intrighi all’interno della società umana (aspetto un po’ negletto dal primo capitolo videoludico, ma profondamente radicato nell’opera originale).
Unico rimpianto, per il momento, è la decisione di adottare una grafica più “tradizionale”, che certo contribuirà ad attirare il più vasto pubblico (lo stile del manga/anime risulta molto particolare, e non sempre apprezzato), ma che fa anche perdere un po’ di carattere.
Voi che ne dite? Avete apprezzato il primo capitolo? Acquisterete questo A.O.T. 2?
–Federico Brajda–
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