Il Trono di Spade ha sempre scatenato tumulti: sia per la sua trama e alcune sue scene decisamente spinte, sia a causa della massa di fan di ogni età che seguono appassionatamente la serie. Questa, difatti, si è guadagnata la lealtà di molti grazie ad un continuo cambio di prospettiva: chi tifava per i Lannister, chi tifa tutt’ora per gli Stark e così via. Ultimamente, però, qualcuno ha alzato la voce dirottando l’attenzione su altri fattori. Di chi sto parlando?
UN NUOVO GAME OF THRONES
La persona in questione è Marlon James. Per chi non lo conoscesse, è un autore di origini giamaicane, vincitore, proprio quest’anno, del Man Booker Prize per il suo “Breve Storia di Sette Omicidi”, nonché autore di “Il Diavolo di John Crown” e di “Book Of Night Women”. Se anche voi non avete idea del genere di cui trattino i suoi libri, non preoccupatevi: si vive abbastanza bene anche solo leggendo fantasy e fantascienza. Questo signore, però, oltre ad essere scrittore, insegna al Macalester College di St.Paul, in Minnesota: non è, quindi, un tizio qualsiasi con smanie di grandezza, bensì un individuo che ha studiato o che, comunque, è autorizzato ad insegnare.
James sembra non essere molto contento della qualità dei contenuti offerti dal mondo della letteratura fantastica al pubblico, e ha dichiarato di voler consegnare ai lettori quello che sarà, a detta sua, il “Game of Thrones afroamericano”: “Sono stanco di discutere con le persone di quanto fosse importante inserire un Hobbit di colore nella trilogia de Il Signore degli Anelli. Il folklore africano è, nonostante tutto, più ricco e più perverso di queste opere. Anche noi abbiamo streghe, demoni, goblin e re pazzi. Abbiamo storie di successione che potrebbero gettare nella vergogna Wolf Hall e potrebbero battere due volte I Tudor”. Ed ha continuato: “Per il mio libro prometto oltre cento pagine di descrizione per un villaggio, un’appendice di tecniche magiche bello pieno, e duecento pagine riguardanti una misteriosa razza di nani che vive sottoterra”.
Il libro dovrebbe intitolarsi “Leopardo Nero, Lupo Rosso” (“Black Leopard, Red Wolf”). Per quanto mi riguarda, penso che si tratti di una visione a tutto tondo di un’epica e una mitologia forse troppo lontana dal nostro quotidiano per essere presa in considerazione seriamente ma, nonostante tutto, date le premesse sono curioso di vedere cosa ne verrà fuori, sia dal punto di vista della trama che da quello dell’ambientazione. Se, difatti, quello europeo è per noi un setting molto noto, ammetto di avere lacune grandi quanto il pianeta Dagobah in merito alla cultura africana, e leggere di una serie che faccia di essa un punto di forza sarebbe qualcosa sicuramente di unico. Ciò che contesto non è tanto il desiderio di creare un nuovo Game Of Thrones, ci mancherebbe: ben venga che si arrivi a produrre saghe di tale qualità (seppur, anche queste, completamente prive di ogni morale logica o insegnamento); quella che non mi è piaciuta è stata la forma con la quale sono state svelate le intenzioni dell’autore.
Il tono di James è a metà tra la frustrazione e l’indignazione. Ha davvero senso perdere tempo criticando tre film di Peter Jackson tratti da un libro per bambini? Ha senso voler andare a correggere una storia fondatrice del fantasy europeo odierno per il capriccio di una persona? Oppure è un diritto giusto, per l’equa rappresentazione all’interno di un genere che ormai si sta estendendo ad una cultura sempre più ampia ed eterogenea? Quando si parla di queste cose, purtroppo, il popolo è sempre pronto a tirar fuori parole di insignificante rumore che, nel web, rimbombano fino a diventare veri e propri tuoni. Il Signore degli Anelli verrà toccato da questa critica, oppure finirà presto nel dimenticatoio? Potrebbe capitare, ad esempio, di ritrovarci con un Gandalf interpretato da Morgan Freeman in un improbabile (ma a questo punto mai impossibile) remake de La Compagnia dell’Anello?
La situazione, per quanto sia particolare, è piuttosto curiosa. Mi sembra davvero inutile discutere su un film già consegnato alla storia da ormai un decennio, e soprattutto attaccarsi alla pellicola tirando fuori questioni razziali, anziché farlo, per esempio, criticando il fatto che la produzione non sia una rappresentazione fedele del libro, dal quale sono state rimosse molte parti per amor della regia. In sostanza: ha davvero senso scatenare questa polemica? È una mossa per attirare su di sé le luci dei riflettori, oppure è stata effettivamente compiuta un’ingiustizia?
A voi la parola, isolani!
– Yari Montorsi –