La famosissima casa di produzione Pixar Animation Studios, specializzata in computer grafica e conosciuta da tutti per capolavori come Toy Story e WALL-E, pare non perdere mai il suo personale tocco, quello stile così caratteristico e amato che ha fatto la fortuna di tante delle sue produzioni. Da poco è approdata nelle sale cinematografiche la loro ultima fatica, quel meraviglioso omaggio alla psicologia che è Inside Out, che ha affascinato davvero tutti, non solo i bambini – quando sono andato a vederlo in sala non c’era neppure un pargolo, ma tutti ultraventenni – con la sua storia semplice e quotidiana, eppure proprio per questo così coinvolgente e vicina a noi. Un successo davvero incredibile, che a quanto pare non è bastato per far adagiare sugli allori i talentuosi e frenetici ragazzi di Pixar, che ci riprovano subito con il loro nuovo progetto, The Good Dinosaur, che da noi uscirà tradotto, piuttosto liberamente come spesso purtroppo capita, come Il viaggio di Arlo.
Questa volta l’azienda sembra puntare ad una storia più semplice, meno ricercata di quella che poteva essere appunto quella di Inside Out, che anche dal punto di vista scientifico era ineccepibile, provando a cavalcare l’onda emotiva dei dinosauri scatenata da quel Jurassic World che ha stracciato tutti i cinecomics ai botteghini, anche il di sicuro più pubblicizzato e atteso Avengers: Age of Ultron. Perché non approfittarne, insomma, devono essersi detti alla Pixar? Ed ecco l’ambientazione preistorica. Tutto comprensibile, certo, tranne per il fatto che, a mio avviso, questa moda per i dinosauri non sia affatto scoppiata, o almeno non come accadde con il primo Jurassic Park, che davvero fece appassionare milioni di persone all’argomento paleontologico.
La nuova generazione ha considerato le creature viste nel film non come animali preistorici davvero esistiti sulla Terra 65 milioni di anni fa, e proprio per questo affascinanti, ma come semplici mostri terrificanti, ai loro occhi non molto diversi da Godzilla. In fondo gli stessi sceneggiatori di Jurassic World hanno inserito questo aspetto all’interno della trama – forse quello più riuscito di una sceneggiatura bucata come un formaggio svizzero –, facendo affermare agli scienziati del parco che i ragazzini di oggi non si emozionano più per dei semplici dinosauri, ma vogliono mostri sempre più grandi e con sempre più denti. Ed è proprio così che il film è stato recepito, con tanti saluti alla buon anima di Michael Crichton – leggete il suo libro Jurassic Park, anche l’ottimo film di Spielberg vi sembrerà poca cosa in confronto.
Ma torniamo invece ai teneri dinosauri Pixar. D’accordo che lo studio ha un suo stile da salvaguardare e da non tradire, d’accordo che si tratta di un film che si rivolge principalmente ad un pubblico giovanissimo, ma personalmente non ho apprezzato troppo lo stile deformed adottato, che secondo me fa sembrare un po’ bruttine le varie creature, compreso l’apatosauro protagonista Arlo. Mi è sembrato un po’ di trovarmi di fronte ad pupazzo di pezza con cui nessuno vuole giocare, con espressione ebete sempre stampata sul muso. Direte voi: ma cosa si può pretendere da un lungometraggio che punta a rendere un certo tema appetibile ai più piccoli? Non è questo il punto, perché una simile operazione era stata già fatta da un film di animazione, ovvero Alla ricerca della Valle Incantata (parlo ovviamente solo del primo, visto che l’orrenda deriva dei seguiti per me non esiste), dove i cuccioli di dinosauri che ne erano protagonisti, oltre ad essere “carini” e pronti ad essere adorati da tutti i bambini, erano anche realistici, e comunque sempre credibili! Il duo Lucas/Spielberg che produsse il film, insomma, sapeva decisamente dove mettere le mani per gestire una tematica così amata come quella delle grandi creature della preistoria.
Ovviamente tutto ciò è una mia personale opinione assolutamente contestabile e frutto di una prima impressione, non avendo ancora avuto modo di vedere il lungometraggio. Per quanto riguarda la trama, le vicende raccontate si svolgono nell’era Cretacica, in una Terra “alternativa” dove il famoso meteorite, che secondo le vecchie teorie avrebbe causato l’estinzione dei dinosauri, non ha colpito il pianeta, cambiando per sempre l’evoluzione della vita su di esso. Ovviamente il passo successivo è quello che vede la comparsa dell’uomo a fianco dei dinosauri: in questo contesto troviamo il giovane Arlo, che perde suo padre in un tragico incidente (dove l’ho già sentita?) e, una volta sbattuta la testa, si ritrova a vagare lontano da casa, fino a incontrare il piccolo Spot, un uomo delle caverne.
Il resto non è dato ancora saperlo, ma sono fiducioso sul fatto che Pixar saprà stupire ancora una volta con una bella storia ben raccontata, di quelle a cui ci ha abituati. L’attesa per fugare ogni dubbio sta per finire: il film uscirà nelle sale italiane il prossimo 25 novembre. Per ingannare l’attesa potete, intanto, recuperare un altro film in computer grafica, l’ingiustamente dimenticato Dinosauri, che con una classica storia Disney e un apprezzabile rigore scientifico sarà capace di farvi tornare nell’era in cui i grandi rettili dominavano la Terra.
– Davide Carnevale –