È stata in questi giorni confermata la notizia che negli USA debutterà ad ottobre una nuova serie fantascientifica che, stando ai rumors, promette d’essere in grado di scaldare l’autunno: sto parlando di “Colony”. L’attrattiva riguarda senza dubbio il cast, con un protagonista d’eccezione come Josh Holloway (tanta televisione per lui, sia in “Lost” nei panni di James “Sawyer” Ford e in “Intelligence” nelle vesti di Gabriel Vaughn, ma anche grande schermo con “Mission Impossible: Protocollo Fantasma”), Amanda Righetti (una brava attrice che abbiamo visto come una delle agenti S.H.I.E.L.D. in “Captain America – Il primo vendicatore” – era quella che dava il “buongiorno” a Rogers quando questi si svegliava nel XXII secolo –, e poi spesso in televisione, in serie come “Chicago Fire”, “The Mentalist” e “The O.C.”, tra gli altri) a cui aggiungere Peter Jacobson e Sarah Wayne Callies (questi ultimi due, in particolare, hanno un background in larga parte televisivo, anche se la nostra Sarah è nota ai più per essere Lori Grimes in “The Walking Dead” ed aver recitato nei film “Black November” e “Into The Storm” – lungometraggio che si può riassumere in un gigantesco BOH).
Tuttavia, un buon cast può non essere sufficiente se non viene inserito in un contesto valido, con una sceneggiatura piacevole e che sia ricca di colpi di scena: ed ecco che viene pescata la carta Carlton Cuse, rinomato produttore e sceneggiatore (“Lost”, “Bates Motel”, ma anche film in cui ha collaborato, come “Arma Letale” 2 e 3, e “Indiana Jones e l’ultima crociata”) che risulta essere il creatore di questa serie assieme a Ryan Condal.
Ma perché tanta attesa?
COLONY, STORIA DI UNA COLONIZZAZIONE
Ambientata nella Los Angeles di un futuro non troppo lontano, ossia un futuro attualizzato, per cosi dire, “Colony” narra le vicende di una città (e di una Terra?) che deve affrontare una terribile invasione aliena: Holloway interpreta Will Bowman, un ex agente dell’FBI che cerca di riunirsi alla propria moglie, interpretata da Sarah Wayne Calies, ed alla loro figlia. In qualche modo, come spesso accade, l’umanità offre il suo lato migliore e peggiore assieme, e così, mentre alcuni in nome della sopravvivenza collaborano con le forze aliene e le autorità costituite, altre vanno incontro a conseguenze nefaste per resistere alla tentazione di allinearsi al nuovo status quo, senza scendere a compromessi che ripugnano sul piano etico e morale. E proprio lungo questa sottile linea di demarcazione (sottile se si considera l’ambientazione della serie) si muove “Colony”, in cui Will Bowman sarà costretto a collaborare con il nuovo ordine venutosi a costituire per contrastare il crescente movimento di resistenza. Essendo un uomo, ma anche un padre, è plausibile che tutte le scelte che il personaggio si troverà a dover compiere giocheranno sulla dilaniante contrapposizione tra il bene personale, costituito dai propri affetti familiari, e quello, più grande, di dover fare la cosa giusta in nome dell’umanità.
COLONYZZIAMO L’ASPETTO GRAFICO E SONORO!
Da quanto si evince dal trailer (che trovate al termine dell’articolo), poco si sa di questi alieni: si notano minuscole astronavi da ricognizione simili a dei droni di metallo lucente (qualcuno ricorda l’astronave Trimaxium di “Navigator”?) e quella che sembra essere una struttura aliena che sovrasta Los Angeles a partire dal distretto di Hollywood, sorvolata dai ricognitori di cui sopra; se siano omini verdi, gente del futuro o esseri sulla falsariga dei Visitors, nulla è ancora chiaro: quello che invece è palese è quanto più spaventoso appaia l’uomo, che ben si presta a garantire lo status quo avvalendosi di forze governative tese a scongiurare le sacche di resistenza e contrastare i movimenti dei ribelli, con ogni mezzo necessario.
Se da un punto di vista estetico non c’è modo di azzardare giudizi, nonostante sia certo che si farà uso di CGI (che assicura ad un costo inferiore la possibilità di inserire effetti grafici piacevoli, nei limiti del budget di una serie tv), l’aspetto sonoro sopperisce alla grande, con temi ora martellanti, ora inquietanti, il tutto calato in atmosfere abbastanza oscure; semmai, si riscontra un certo abuso di quei temi musicali in cui si fa largo uso di sirene (vedi il remake con Tom Cruise de “La Guerra dei Mondi“, ma anche i “Batman” di Nolan, lo stesso “Pacific Rim” e tanti altri), ma oramai è questo l’andazzo delle produzioni, quindi accontentiamoci, specie se i risultati promettono d’essere piacevoli.
LE CONTAMINAZIONI DI UNA COLONYZZAZIONE
La trama, presa a sé stante, non sembra particolarmente originale nemmeno se rapportata al piccolo schermo: serie televisive come “Visitors” hanno senza dubbio fatto parte del bagaglio dei giovani quarantenni, che trovavano inquietanti le atmosfere di questo show mandato in onda nei primi anni ’80, ed è quindi chiaro che si sia guardato moltissimo a questa grande fonte di ispirazione; ma, a ben guardare, la fantascienza è piena di alieni che ora con buone intenzioni, ora con voglia di conquista malcelata, hanno voluto avere a che fare con noi terrestri. Ma si tratta pur sempre di un genere che non sembra esaurirsi mai del tutto, quasi che il pubblico ami vedere l’umanità stretta sotto un unico giogo tirannico e trovare la forza di superare le proprie differenze ed unirsi per affrontare la minaccia comune a tutti i popoli.
Film come “Ultimatum alla Terra”, il già menzionato “La Guerra dei Mondi” (non solo il remake, ma anche l’originale del 1953 di Byron Haskin, che resta assai più godibile) hanno saputo mostrarci le conseguenze dei contatti con gli extraterrestri poco amichevoli, forse assai più di quel puccioso piccolo alieno apparso in “E.T.” di Spielberg (che ci ha fatto piangere come vitelli al termine della proiezione), e questo si è riflesso sia sulla letteratura che sul mondo cartaceo dei fumetti: si pensi alle citazioni presenti nella discutibile saga di Age of Ultron della Marvel (in cui si accettano gli scambi umani con eroi ancora vivi, e in molti collaborano con il nuovo ordine costituitosi scendendo a patti con l’androide assassino), ma abbiamo esempi anche nei fumetti italiani, come in “Bad Moon” della Xenia (chi se lo ricorda?), con gli alieni Ennox, oppure nel recente, fighissimo, bonelliano “Brad Barron”, in cui i punti di contatto con la serie “Colony” sembrano più d’uno, in effetti. Conoscendo i rapporti tra l’editoria nostrana e quella oltreoceano, un paio di dubbi circa le effettive fonti di ispirazione possono venire in mente, in quanto in questo fumetto, l’eroe che dà il nome alla serie è un biologo ed ex militare che deve lottare contro i Morb, alieni che hanno conquistato la Terra e che compiono ricerche ed esperimenti per cercare di capire (e sfruttare) meglio i terrestri, al solo scopo di ricongiungersi alla propria famiglia (moglie e figlia, vedi il caso) in una ambientazione tipicamente anni ’50.
Essendo l’autore di “Brad Barron” Tito Faraci (legato a numerose storie di personaggi come l’Uomo Ragno, Devil, Capitan America, Martin Mystère, Diabolik, Nick Raider, Topolino, PKNA, Dylan Dog, Zagor, Lupo Alberto, Magico Vento e che ha collaborato anche con Giorgio Cavazzano di cui si parlava qui) uomo che funge da ponte tra l’Italia e l’America, chissà che egli non sia stato involontaria fonte di ispirazione per qualcuno ad Hollywood.
Complotto!
– Leo d’Amato-