Ogni anno, a turno, parte sempre il totoscommesse su quale sarà la serie tv peggiore dell’annata, quella che sicuramente non verrà rinnovata, perché inguardabile, indegna, indecente, impossibile da apprezzare anche per gli amanti del trashume più becero. Ebbene, la serie-spazzatura rivelazione di quest’anno è Olympus. Pensavate che dopo Atlantis e The 100 avessi finito di prendermela con queste serie? Sbagliavate di grosso, perché in confronto a Olympus quelle (soprattutto The 100) sono oro. Quindi, benvenuti ad una nuova puntata di “Demolishing Show”.
In realtà, è qualche anno che in ambito televisivo girano prodotti di dubbia fattura. Se si criticano cose come Alcatraz, Continuum o The Lost World… cosa si dovrebbe fare con Olympus? Me lo chiedo da quando ho visto il pilot: 33 minuti spesi malissimo. Ma stiamo pur sempre parlando di una serie della SyFy, famosa sia per eccellenti perle come Battlestar Galactica, che per prodotti “particolari” come Andromeda (che adoro giusto per l’anima genuina), e spazzatura del livello di Sharktopus o Piranhaconda, che possono piacere soltanto nei momenti di profonda comunione con la propria parte infantile e trashona. Però sono tutte produzioni che, in qualche strano modo, risultano “sul pezzo” e in cui qualcosa di buono lo si trova.
In Olympus no: non c’è una trama che stia davvero in piedi, non c’è un budget che dia accesso a buoni effetti speciali, non c’è cura per la post-produzione, non ci sono attori brillanti. E come se non bastasse, senza tutti questi prerequisiti di base tenta anche di fare il verso a due prodotti amatissimi negli ultimi anni: Game of Thrones e Spartacus.
Boom, finita qui la recensione.
No, non posso, non sarebbe corretto dirvi che fa schifo e non spiegarvi esattamente perché. A parte che, fa schifo… sembra che in America le ragazzine di 15-16 amino Olympus. Credo sia per le pseudo scene di sesso e violenza, quelle che dovrebbero essere mutuate da GoT e Spartacus, ma che per gli appassionati di queste due serie risultano a dir poco ridicole. Questo perché sono solo vaghi accenni che non tengono alto l’interesse e, non essendo espresse come dovrebbero, in realtà risultano più che altro irritanti perdite di tempo. Figuratevi che certe per me erano irritanti già ne Il Trono di Spade, per il quale mi sono sempre fatta portabandiera del “togliete quella roba inutile e dateci più trama”. La differenza? GoT una trama ce l’ha, Olympus no. Tutto praticamente viene svelato nel pilot, e cade anche il tentativo di “trama politica” (tratto dallo show HBO, appunto) a causa di una storyline eccessivamente lineare. Siamo a livello di Atlantis, dove nell’arco del primo episodio riesci a intuire la fine della stagione (e per fortuna sono “solo” tredici episodi… Olympus intendo).
Per introdurre la trama devo necessariamente parlare dell’Eroe. Sì, insomma, Eroe è il protagonista della serie. No, non sono scema che uso “eroe” come nome proprio: lo hanno chiamato Hero! E qui la mia anima trash si suicida un’altra volta. Una cosa del genere la accetterei in un film di Tarantino o di Rodriguez, ma in una serie tv che vorrebbe essere seria… vi prego, no! Suicidatemi! Non voglio essere cattiva, il fatto che lui venga chiamato Hero ha anche un senso, siccome il suo vero nome pietrifica le persone, ma il soprannome scelto poteva essere migliore. Milioni, miliardi, biliardi di parole… e loro lo chiamano “Eroe”. Produttori della SyFy, pensavate fosse una trovata brillante? Non lo è!
Parliamo della trama. In poche parole Eroe è l’eroe della situazione che, nella prima puntata, impossessandosi dell’Oracolo di Gaia (una donna che, nell’arco del pilot, scapperà e verrà riacciuffata tipo quattro volte), scopre chi è suo padre e il proprio destino: il genitore è ovviamente il re Aeugeus di Atene, messo sotto scacco da una guerra con re Minos. A fianco di Aeugeus, la regina Medea ha due occupazioni principali: dissanguare il proprio figlio (Leto) per prevedere il futuro e ottenere lo status di divinità, e tramare… non si capisce esattamente se a favore o contro il marito, ma è facile intuire che l’opzione giusta sia la terza: tramare a proprio favore. Infatti fa uccidere il Generale Dione, sostituendolo con Leto e potendo, in questo modo, avere in mano le sorti della guerra. In tutto questo, l’Eroe ovviamente arriverà ad Atene per reclamare il proprio posto (quello di figlio primogenito di Aeugeus) e scoprirà dentro di sé un grande potere.
Due corollari. Il primo è che la storia in teoria si svolge nell’Underworld, definito “un luogo dell’inconscio”. Praticamente, l’Ade greco? In teoria i personaggi non sono morti, il mondo è una sorta di Grecia rivisitata, con le sue lotte, le sue città iconiche, i suoi conflitti pseudo-storici, quindi non si capisce davvero questa scelta di nome identificativo del posto. Underworld, mah. Il secondo appunto riguarda il potere che Medea cerca di strappare da Leto. Il primogenito del re, per un qualche motivo, possiede il Lexicon, la conoscenza segreta che, se risvegliata, gli dona poteri pari agli dei, lo status di divinità e l’accesso all’Olimpo. Inutile spiegare perché Medea lo voglia, ma è chiaro che non è Leto il primogenito di Aeugeus, bensì Eroe il cui nome non si può pronunciare (Teseo?). Proprio il protagonista risveglierà il Lexicon e cercherà di accedere all’Olimpo combattendo contro le divinità stesse.
Detto questo, mi state prendendo in giro? Cioè, devo anche sorbirmi una parodia di God of War? Con la differenza che il videogioco era più figo, più intrigante e i suoi personaggi sorprendentemente più espressivi di quelli di attori in live action.
Tutto questo, corredato da una CGI così pacchiana che anche guardandola con la coda dell’occhio è palese quanto sia fatta male. A parte che visivamente è tremenda, ma hanno fatto proprio tutto con il green screen, ricostruendo ogni sfondo… e sbagliando, in alcuni punti, sia con le proporzioni che con le ombre! E basta, basta, basta!
No, basta che? Mica possiamo omettere di spiegare perché la post-produzione è una tragggedia (sì, con tre g, una sola non bastava). Che Olympus voglia fare il verso a Spartacus lo avevamo capito, ma i produttori non volevano farsi sfuggire neanche di riprendere qualcosa di 300. E cosa se non gli iconici fermo-immagine con rotazione della visuale? Questo effetto si ottiene con una buona lavorazione delle sequenze e di tecnici competenti. E questi si ottengono con un budget dignitoso. Se manca quest’ultimo, è meglio lasciar perdere tentativi di emulazione, che certamente scaturiranno in qualcosa di approssimato e brutto a vedersi. In Olympus i fermo immagine rimangono tali, senza aggiungere niente, distanziando un frame e l’altro con qualche secondo in cui ti domandi “embe’?”. Inoltre, a tratti, questa tecnica sembra utilizzata a caso e un po’ senza scopo.
Infine, la recitazione e gli attori. Jon Snow è più espressivo di Eroe. Solo che la faccia piatta di Jon “Tu-non-sai-niente” Snow è da personaggio, e la resa è stata quasi un obbligo per Kit Harington. Qua invece siamo davanti a un Tom York meno espressivo di una ciabatta. Gli altri alzano lo standard? No, no, no. Avete presente gli attori italiani? Non quelli dei film di un certo livello, parlo di quelli di Un Posto al Sole, Cento Vetrine… la roba che guardava la mia bisnonna, insomma. Ecco, se avete presente il livello di recitazione, potrebbe essere paragonabile a questo. “Eh, sono un po’ teatrali”: no, no, no! No! Non sono nel personaggio, causa capacità proprie o causa sceneggiatura lacunosa (i dialoghi sono terribili) o regista incapace. Non so quale sia il motivo, dove sia la maledizione, ma io degli attori stranieri così insipidi non li ho mai visti. Mai, giuro.
Con questo direi che possiamo concludere il meraviglioso viaggio nell’incubo chiamato Olympus. Se tenete ai vostri occhi, non guardatela. Altrimenti armatevi di fazzoletti di carta per asciugarvi il sangue, e di un grosso (grosso!) barattolo di gelato come consolazione. Vi sfido a resistere per più del pilot!
– Lucrezia S. Franzon –