Qui su Isola Illyon siamo grandi appassionati della saga videoludica di The Witcher. Tra primo e secondo capitolo sia i fan della strategia che quelli dei giochi più dinamici sono stati assolutamente carpiti dal talentuoso studio polacco CD Projekt. Certo, ci sono continui battibecchi su quale sistema di gioco sia il migliore, ma la solida trama ispirata all’omonima serie di libri e il coinvolgente carisma dei personaggi principali bastano e avanzano perché vi sia un condiviso interesse. Inutile dire che quando Bandai Namco ci ha ventilato la possibilità di provare il futuro The Witcher 3: Wild Hunt abbiamo accettato al volo, mandando in ricognizione il primo volontario disponibile nel nostro entourage. Caso vuole che, per orari e fortunata collocazione geografica, io sia riuscito a primeggiare senza dover ricorrere a spargimenti di sangue all’interno della redazione, perciò prestatemi orecchio e vi rivelerò le mie impressioni.
Accolto in un edificio di rappresentanza dal pavimento bicromatico e incorniciato da pesanti tendaggi dal puro gusto lynchiano, mi sono trovato presto a partecipare all’adunata degli scribacchini, ammassandomi in quel mucchio di carne e arti che aspettava oziosamente davanti a una pittoresca rappresentazione di un guerriero intento a sciabolare alle spalle una tetra creatura. Il capello albino, le due lame forgiate di differenti metalli, le cicatrici da combattente navigato… ovviamente si tratta di Geralt di Rivia, protagonista dell’epopea, che fronteggia una orribile (e distratta) wraith diurna. Bando ai convenevoli, comunque, tempo di ingurgitare celermente una dose di caffeina e sono già seduto davanti a un proiettore che illumina Damien Monnier, senior game designer che ha seguito e curato il progetto.
Poche parole. Sorprendentemente poche, a dire il vero. L’uomo viene introdotto attraverso la narrazione della sua biografia, quindi ricorda a tutti i presenti che il gioco di prova a disposizione sia ormai datato e che molti difetti siano stati corretti. Come ultima cosa, Damien ci intima con tutte le energie di non entrare eccessivamente in intimità con la scultura. “Sul serio,” afferma, “ci sono persone che si fanno foto mentre leccano la lingua della statua. Non capisco perché, ma è disgustoso.” Vi prego, quindi, di prendere nota che certe mie riflessioni potrebbero risultare incongruenti col titolo finale e, soprattutto, che NON ho leccato la scultura in nessuna sua parte anatomica.
Viene fatto girare un trailer. Nulla di nuovo. Preparo penna e calamaio per non perdere nessun dettaglio di quanto lo staff sia disposto a rivelare, ma, contro ogni aspettativa, il designer non si dilunga ulteriormente e ci indica le postazioni (PC e Xbox One, il che lascia qualche dubbio riguardante i noti problemi di conversione della versione PS4), confidando che non ci saremmo accalcati come un branco di bestie attirate dalla selvaggina. Pochi istanti dopo sono accalcato come una bestia, attirato da una selvaggina dall’insolita forma di schermo al plasma. In attesa del mio turno depisto la mia attenzione e noto come vi sia a disposizione l’ultimo fumetto uscito (di cui ho già parlato), ma anche una versione praticamente definitiva del gioco in scatola che presto verrà immesso sul mercato da Giochi Uniti. Illustrazioni grandi e appaganti, modellini in plastica e dadi a tema; ci sono tutte le carte in regola per fare breccia nei nostri cuori, ma ora non è tempo di parlarne, il collega alla postazione si è alzato e non ho intenzione di lasciare intiepidire il pouf su cui sedeva.
Ho il controller in mano. Gettando l’occhio sopra le spalle di chi mi precedeva ho notato che la resa grafica del computer (seppure non sia impostata sui massimi valori) risulti superiore di quella console, quindi mi sono piazzato davanti a uno dei due PC NVIDIA; in seguito riesco a braccare Damien che mi conferma come la versione XboxOne non sia spalleggiata dall’ultima DirectX, ma ha ammesso anche che stanno valutando di lavorarci sopra per un’eventuale patch successiva all’uscita. Controllo Geralt dopo che è già stato toccato da molte mani, il gioco è già nel vivo e devo imparare i semplici comandi trucidando dei poveri mostri che si riposavano all’ombra di un pino. Balza subito all’occhio come il titolo sia notevolmente più accessibile del primo capitolo, forse superando anche l’immediatezza del secondo (che in alcuni casi sapeva essere malignamente punitivo), facendo sempre più l’occhiolino al mondo dell’action/adventure, genere gettonato da molte produzioni di spicco.
Le mappe sono vaste. Due di queste sono tanto imponenti da richiedere cavalcate di mezz’ora per essere attraversate da parte a parte, quindi altre tre o quattro definite “piccole”, ma nelle quali si potranno consumare decine di ore di missioni. Complice l’impatto visivo della nuova meccanica equestre, The Witcher 3 pare essersi ulteriormente allontanato dalle sue radici, rigettando in gran parte le componenti rigide che caratterizzavano gli albori della serie – che questo sia bene o male dipende in grande modo dalla sensibilità personale, vi lascio quindi trarre le vostre conclusioni in base al vostro stile di gioco.
La grafica è notevole, ma in modo differente rispetto a quanto visto recentemente su The Order: 1886. I dettagli sono sicuramente meno fotorealistici e raffinati, nella distanza capita di vedere oggetti ambientali che si generano dal nulla (pop-in, se volete essere tecnici), occasionalmente i modelli dei personaggi non si coordinano adeguatamente e finiscono per glitchare in maniera tragicomica… tuttavia si nota un immenso sforzo nel voler proporre una fisica credibile. Capelli, vestiti, armature e accessori non sono semplici elementi statici fusi sulle creature che li indossano, ma puntano ad avere una propria dimensionalità; sono consapevole possa sembrare una sciocchezza, ma chiunque abbia mai giocato un videogame di Wrestling saprà dirvi quali orrori lovecraftiani possono essere scaturiti da un gioco che ambisce a realizzare chiome fluttuanti e ribelli, figurarsi se il titolo in questione decide pure di rompere le barriere del ring per proporre un’ambientazione in tutto e per tutto comparabile a un mondo aperto.
A livello narrativo poco posso evincere, ma ho la sensazione sia in ballo una vicenda tinta da sfumature più cupe di quanto eravamo abituati, caricando l’esperienza di una drammaticità epica senza tuttavia perdere il classico humor delle reazioni di Geralt. Il copione, come in passato, è legato a una serie di binari principali personalizzabili da scelte e bivi, il tutto costellato da avventure secondarie dotate di uno spessore tale che quasi meriterebbero episodi dedicati. Pare sempre meno The Witcher e un po’ più Dragon Age, con una spruzzata leggera del nuovo The Legend of Zelda in uscita per Wii U, insomma, ma complessivamente non posso dirmi che soddisfatto e desideroso di imbarcarmi nel prodotto finito. Un ultimo dubbio rimane: mi chiedo se, come capitato in precedenza, i ragazzi di CD Projekt abbiano inserito nella programmazione dei peculiari comandi per punire i pirati informatici con scene di amore geriatrico. Voi che dite? Non mi resta, dunque, che darvi appuntamento sempre su queste pagine, dove scoprirete il nostro parere definitivo sul gioco in sede di recensione.
-Walter Ferri-