Da più di un mese si è conclusa in Giappone la nuova serie dedicata a I Cavalieri dello Zodiaco, Saint Seiya Omega, dal look giovane. E sono dolori…
Come è facile pensare, quando si ama qualcosa si vorrebbe non terminasse mai: che siano film, anime, manga, romanzi, oppure i personaggi protagonisti di queste opere: una volta entrati nel cuore, non c’è verso di scacciarli via. Abbiamo provato emozioni, noi giovincelli, per le vicende di Actarus e Goldrake/Grendizer, di Koji e Mazinga Z e del successivo Mazinkaiser, di Tetsuya e del Grande Mazinga, di Ryo e compagni ne I Cinque Samurai/Samurai Troopers… l’elenco è lunghissimo e per fortuna non comprende imbarazzanti idoli moderni come maiali che vanno a scuola e si rotolano nel fango oppure gente che si picchia usando mostri virtuali e carte da gioco.
Con queste premesse, tutti quanti abbiamo sempre sperato di conoscere, un giorno, cosa sarebbe accaduto ai nostri eroi, cosa sarebbe successo dopo l’happy ending finale e se veramente “sarebbero vissuti tutti felici e contenti”: non a caso sono sorte su queste premesse le fan fiction, opere letterarie composte dagli appassionati che non si rassegnano a veder terminate le storie dei propri beniamini e, a costo di scriverle loro, si impegnano a narrarle anche in maniera non ufficiale; una sorta di volontariato prestato alla fantasia, cosa di cui romanzieri e autori vari apprezzano, dato che è grazie a questi irriducibili individui che le braci di passione continuano ad ardere gratuitamente. E così, mentre alcuni riescono a scempiare se stessi e le proprie creature, altri riescono a rilanciare un brand senza le giuste idee, con una grande confusione di fondo e con l’unico obiettivo di fare “r’sold”, i $$oldi, la pecunia, il vil danaro, in modo facile e cercando di limitare il più possibile le spese affidandosi spesso a team di sceneggiatori ubriachi, disegnatori di otto, nove anni a dir tanto, e facendo leva su sbarbatelli che sono cresciuti nella leggenda senza però mai aver potuto apprezzare davvero, concettualmente e culturalmente, un prodotto che aveva il suo perché e le sue immense ragioni diversi anni prima (e che, se non fosse stato violentato, ne avrebbe ancora oggi in abbondanza). Nasce da queste premesse Saint Seiya Omega, il seguito delle vicende di Seiya/Pegasus e dei suoi compagni, che narra le gesta della nuova generazione dei Cavalieri dello Zodiaco che sono loro succeduti.
Si ringrazia il forum La Quinta Casa, dato che alcune delle informazioni condivise con voi di Isola Illyon sono frutto del sapiente lavoro di ricerca e traduzione degli appassionati di questo ottimo sito dedicato ai Saints, una vera miniera di informazioni per gli appassionati.
Andiamo quindi a vedere se è stata un’operazione compiuta come si deve o se, come forse avrete intuito, ne potevamo fare a meno, destinando i soldi spesi in questo progetto alla beneficenza, al comprare un aereo in cui mettere gli autori di Omega e farlo precipitare, o organizzare una pubblica esecuzione di Kurumada che ha ceduto i diritti alla Toei per questo abominio. Cose così, insomma.
Chiusa l’obbligatoria introduzione scherzosa, andiamo a fare i recensori seri.
Saint Seiya Omega: L’opera
Il progetto di Saint Seiya Omega è figlio di diversi anni di concept e studio sull’opera e sulle possibilità di rilanciare il brand dei Cavalieri dello Zodiaco, che è particolarmente affermato in America Latina (Brasile soprattutto) e Francia, oltre che, ovviamente, in Giappone: in Italia l’opera ha sempre avuto un grande peso per l’adattamento italiano della serie televisiva, la cui aulica ed epica bellezza linguistica si deve al grande Enrico Carabelli (scomparso nel 1997), nonché per il tono più maturo e dai contenuti maggiormente educativi (nonostante combattimenti, sangue, colpi segreti e grida di battaglia) rispetto ad altre produzioni dell’epoca, che includevano lo spirito di sacrificio, il difendere a costo della vita un ideale, la protezione dei più deboli, la devozione ad una divinità in nome della quale combattere e rialzarsi sempre. L’opera, come si diceva a proposito del manga Next Dimension recensito giusto una settimana fa, era pregna di metafore, simbolismi e valori che colpivano allora e riescono a colpire ancora oggi chi magari si accosta per la prima volta al mondo dei Saints.
Ancora di più, la serie animata ufficiale poteva contare sul meraviglioso character design di Shingo Araki e di Michi Himeno, curatori della trasposizione su piccolo schermo, partendo dai disegni infantili del manga di Kurumada, dei volti e dei corpi dei cavalieri per tutte le serie (Santuario, Asgard, Nettuno, Hades) e gli OAV (La Dea della Discordia, L’Ardente Scontro degli Dei, La leggenda dei guerrieri scarlatti, L’ultima Battaglia, Le porte del Paradiso) della serie classica: a questi, si sommava la meravigliosa animazione di mostri sacri come il duo Inoue e Sasakado, senza contare la colonna sonora, che ha permesso di commercializzare NOVE CD audio con la soundtrack ufficiale.
Di tutti questi elementi, evidentemente, la Toei (che ha acquisito il brand dallo stesso Kurumada e che già aveva scempiato Dragon Ball con l’orripilante seguito ad minchiam costituito dalla serie GT) ha deciso di mantenere in vita i più superficiali: armature colorate e brillanti (anche se poverissime di dettagli – non fatevi ingannare dalle immagini in questa pagina, alcune molto molto rifinite), combattimenti frequenti spesso senza un reale sviluppo della trama e due o tre frasi messe in croce a sottolineare qualche momento topico; considerando che Araki, al quale si doveva soprattutto l’aver dato ai tredicenni di cui Kurumada narra le gesta un corpo ed un aspetto più maturi – per lo meno da maggiorenni (anche perché qualche polemica nel vedere bambini di tredici anni che combattevano contro persone più adulte era nata anche in patria) –, è scomparso nel 2011 e non era certo facile sostituire un gigante del genere, era palese che l’impatto grafico sarebbe stato di tutt’altra caratura ma… nessuno, penso nemmeno il più sfiduciato, avrebbe potuto immaginare uno scempio simile: sarebbe stato per lo meno lecito aspettarsi un livello simile alla trasposizione animata di Lost Canvas, che non a caso si deve alla TMS Entertainment che, per quanto destinata al mercato ristretto dell’home video (DVD e Blu-Ray), è mille volte superiore.
Accennando ad alcuni aspetti importanti, con la promessa di concludere la prossima settimana la discussione, il character design è assai infantile e scarno: i primi piani dei protagonisti sono validi, e fin quando le immagini insistono su volti o dettagli in “camera stretta”, tutto va bene; però, visti a distanza, i disegni sono davvero abbozzati, ridicoli, privi di personalizzazione e di caratterizzazione: occhi senza iridi, volti senza dettagli, armature senza particolari, sfondi ultrapiatti e scarni che mascherano con colori accesi una assoluta pochezza nella cura dei dettagli. Solo nella seconda stagione, gli autori hanno incrementato il dettaglio delle strutture come templi, palazzi e cortili (ma non gli sfondi) attingendo anche alle opere dell’architettura italiana.
Le proporzioni sono spesso sfasate ed i disegni di personaggi, sia in procinto di sferrare un colpo, sia attaccando in un dato momento, sono quanto di più involontariamente comico si possa trovare in giro, con arti piegati in maniera innaturale come se i Saint fossero di gomma; il girovita è spesso poco più ampio di una caviglia e le braccia si piegano come nemmeno il campo di calcio di Holly & Benji. Immaginate di calare il mondo dei Saints devoti alla dea Atena in un ambiente colorato come una puntata dei Pokémon (e una coppia di nemici sembrano davvero Jessy e James del Team Rocket), con una definizione di armature nemmeno al livello delle tutine di Sailor Moon, e volti ed espressioni alla Peppa Pig, con infine paesaggi scarni e mal disegnati come neppure gli sfondi dei cartoni degli anni ’70: shakerate bene il tutto ed otterrete Saint Seiya Omega.
Saint Seiya Omega: L’incipit della trama
NB: Quelli che seguono potrebbero essere spoilers, quindi se non volete togliervi il gusto della scoperta, fareste meglio a tornare a leggere l’articolo in un secondo momento: per tutti gli altri, invece, andiamo avanti.
Sono passati alcuni anni dalla sconfitta di Hades per mano di Seiya e compagni e, dovendo incastrare le cose, probabilmente del tempo è passato anche dagli eventi che Kurumada sta narrando in SS Next Dimension: il mondo è in pace, i Saint rimasti sono pochissimi e nessuno ancora riveste il ruolo di nuovi Gold Saints, a parte il solo Seiya/Pegasus, promosso al rango di Cavaliere d’Oro del Sagittario (l’unico, quindi, ad essere assunto a tempo indeterminato), mentre Shiryu/Sirio, Hyoga/Crystal, Shun/Andromeda e Ikki/Phoenix sono rimasti confinati (non si saprà mai il perché) al rango di Bronze, per quanto portatori di un cosmo e di un’esperienza nelle battaglie tali per cui ci si rivolge ad essi col titolo di Saints Leggendari; sopravvive anche una manciata di cavalieri, tra cui Shaina/Tisifone e i bronze minori (Geki/Gerki dell’Orsa, Aspides/Ichi dell’Idra, Ban del Leone Minore, Asher/Jabu dell’Unicorno e Black/Nachi del Lupo), anche se questi ultimi non hanno conservato l’armatura di bronzo e sono diventati inspiegabilmente cavalieri d’acciaio (bho…. cioè…. no, soltanto… bho); di Marin/Castalia, la maestra di Seiya, non c’è traccia alcuna e non se ne saprà mai nulla (ma la sua cloth verrà ereditata da un Saint donna della nuova generazione, anche se passerà inspiegabilmente da armatura d’argento ad armatura di bronzo).
Già queste prime rivelazioni, sono certo, basteranno a far imprecare alcuni, ma assicuro a costoro che, se possibile, rappresentano il problema minore.
Il periodo di pace viene infranto dalla rinascita di Marte, il Dio della Guerra, che muove battaglia assieme alle sue legioni contro Atena ed i suoi cavalieri superstiti per il desiderio di edificare un nuovo mondo dalle ceneri di quello precedente, a suo giudizio corrotto e irrecuperabile, ma che gode della protezione della Dea: durante lo scontro, una misteriosa donna chiamata Medea invoca potenze oscure che influenzano le sorti del conflitto e mutano, quasi come evento catastrofico, tutto il mondo dei cavalieri ed il loro cosmo.
Nello specifico, le armature mutano d’aspetto e forma, divenendo così evocabili attraverso gemme o gioielli di pratico e comodo trasporto chiamati Cloth Stone, e prendono l’aspetto di tute (nella prima stagione i detrattori, tra cui il sottoscritto, le chiamavano Armatutine) la cui robustezza e capacità di protezione diventerà ben presto oggetto di varie speculazioni; muta la comprensione del cosmo da parte dei cavalieri, che scoprono così il potere degli elementi (che fa tanto Naruto), ossia Fuoco, Acqua, Terra, Vento, Fulmine, Luce e Oscurità, ciascuno dei quali riesce a prevalere su uno specifico elemento avverso: a decretare la vittoria, quindi, non è più solo (o tanto) il cosmo, la propria forza interiore, eccetera, bensì il fatto di scontrarsi contro qualcuno che è debole verso il proprio elemento.
Vi sembra una boiata? Non siete i soli…
Non è tutto: a causa di questo cosmo oscuro, Marte diviene il ricettacolo di quel potere malvagio, mutando anch’egli per potenza e aspetto (e diventando simile a Charizard dei Pokémon…) e, di lì a qualche tempo, attacca nuovamente il Grande Tempio per rapire Saori (le difese lasciano parecchio a desiderare, contando che il Tempio di Atena è poco più inespugnabile del frigorifero di casa mia): qui viene ostacolato da Seiya, che nella trasformazione delle cloth ha guadagnato un fashionissimo sciarpone bianco, e così Dio e Cavaliere si affrontano, fino a scomparire entrambi “[…] in un oceano di luce” (citazione obbligatoria): i Saints leggendari intervengono, ma vengono corrotti dal potere dell’Oscurità di Marte e divengono impossibilitati a bruciare il proprio cosmo, pena la morte (un modo comodo ma almeno non stupido per togliere di mezzo personaggi così ingombranti ai fini della trama, va detto).
Passano altri tredici anni (un periodo che spesso ritorna nelle storie dei Saints) e finalmente iniziano le storie dei nuovi cavalieri, la Nuova Generazione: Kouga di Pegasus (il protagonista), Souma del Leone Minore (il sostituto di Ban, nessuna parentela tra i due), Yuna dell’Aquila (l’armatura di Marin/Castalia, nessuna parentela tra le due, anche perché la prima Yuna è una Bronze, mentre Marin era una Silver), Eden di Orione, Ryuho del Dragone (figlio di Shiryu/Sirio) e infine Haruto del Lupo (sostituto di Nachi/Black, nessuna parentela tra i due) – quest’ultimo è stato un discreto colpo basso, perché è un Saint Ninja. E si chiama Haruto. Come Naruto, il ninja. Un Saint Ninja, con tanto di tecniche della moltiplicazione dei corpi, bombe fumogene, coltelli da lancio… un minuto di silenzio per i tanti neuroni che hanno scelto, a questa notizia, di suicidarsi.
Approfondiremo meglio la trama delle due stagioni nel prossimo articolo, in modo dettagliato e definito!
– Leo d’Amato –