Il Re dei Mostri è tornato, vestito di una CGI che i suoi predecessori non potevano vantare: sarà riuscito a conquistare il cuore dei suoi appassionati?
Joe Brody (Bryan Cranston) è l’ingegnere capo di una centrale nucleare in Giappone, dove vive con la moglie Sandra (Juliette Binoche) e il figlioletto di circa 10 anni. Il giorno del suo compleanno si reca, insieme alla moglie – anch’essa impiegata nella centrale – a lavoro e scopre che potenti onde elettromagnetiche già rilevate alcuni giorni prima (e fonte di contrasto con la dirigenza della centrale per la sospensione dei lavori) stanno generando scosse di terremoto tali da compromettere l’intero complesso. Nell’enorme incidente che si verifica, Brody perde la moglie, e il rimorso, così come il desiderio di verità, lo accompagna nei successivi 15 anni. Dopo questo periodo di ricerca e isolamento, le onde elettromagnetiche si rifanno vive e innescano una serie di eventi che aprono agli spettatori i titanici combattimenti tra l’inerme esercito americano, Gojira ed i M.U.T.O. (Massive Unidentified Terrestrial Organism – Organismi Terrestri Massivi Non Identificati).
Comparto grafico e sonoro
Gli effetti visivi in post produzione sono stati coordinati e gestiti da Jim Rygiel, famoso per il lavoro sulla trilogia de “Il Signore degli Anelli” e che ha contribuito ad una VFX in linea con le attuali tecnologie, ma senza particolari di cui mi sento di poter dare nota. La grande quantità di grafica ed effetti visivi oggi nel mercato cinematografico ci ha resi più difficili da stupire da questo punto di vista: meglio che si inventino qualcosa di nuovo.
Più che dalla qualità grafica, ormai generalmente standardizzata tra tutti i grandi kolossal che abbiano a disposizione un’ingente quantità di monete d’oro da spendere (in questo caso ben 160 milioni di dollari), ciò che risalta ai sensi è l’importante colonna sonora, capace di dare peso alle scene principali come a quelle secondarie del film. Compositore della soundtrack è il maestro Alexandre Desplat, non nuovo alle grande opere hollywoodiane (gli ultimi due film di Harry Potter per fare un esempio), che ha definito il suo lavoro un non-stop pieno di ottoni, tamburi giapponesi e violino elettrico.
Storyline
L’arroganza dell’uomo è pensare di avere la natura sotto il proprio controllo e non l’esatto contrario
(Dr. Serizawa)
Abbiamo già avuto modo di analizzare in un altro articolo di anteprima i profili storici e culturali che attraversano il mondo di Godzilla, e non vi torneremo in questo. Le considerazioni fatte all’inizio sul plot di questo 30° film sulla creatura partorita dalla mente di Ishirō Honda non possono che portarci a due conclusioni: il film si lascia vedere bene, trasportando lo spettatore dall’inizio alla fine senza particolari difficoltà, in un continuum di sequenze dotate di vivace carica emotiva e scenica. L’attenzione del regista si è concentrata sui mostri, veri protagonisti del film, riducendo sensibilmente lo spazio di attenzione dedicato invece agli attori che, con l’esclusione di Bryan Cranston, hanno dimostrato di non sapersi ritagliare uno spazio dignitoso. È proprio su Cranston che invece mi sento di sottolineare il malumore che ha causato in sala il suo decesso prematuro. Dopo il ritorno nell’area che subì l’incidente nel 1999 a distanza di 15 anni, nonostante gli avvertimenti di Brody, il processo di “recharge” del primo MUTO è completo, facendolo scatenare in tutta la sua forza, evento che uccide il povero Cranston dopo mezz’ora di film. Lo sconcerto è unisono. A parte il risalto mediatico che ha dato la sua presenza al film, e nonostante la storyboard fosse dall’inizio basata sulla centralità del suo personaggio, sceneggiatore e regista (il giovane Gareth Edwards – quasi un erede morale di Ishirō Honda, che ha diretto del primo film del 1954) hanno poi deciso di cambiare passo e spostare tutto il focus sui mostri, lasciando un sapore agrodolce a questo film tutto sommato comunque consigliato.
– Alessio Giaquinto –