Oggi andiamo a dare le ultime anticipazioni sul reboot di RoboCop, che arriverà il 6 febbraio nelle sale. Diamo assieme uno sguardo, tra il passato ed il presente.
Dobbiamo partire con una riflessione che meriterebbe molto più spazio ed approfondimento e che siamo costretti a sintetizzare in una sola, dolorosa frase, in attesa di tornare sul tema: “Hollywood è alla canna del gas, quanto ad idee nuove“.
Al di là di sfornare con un ritmo preoccupante film su supereroi, la cui qualità può a ragion veduta venir messa in discussione, c’è da dire che gli sprazzi di originalità sono davvero pochi, nel cinema d’oltreoceano: ed oltre alla moda di presentare in chiave gotica e/o moderna rivisitazioni di racconti (il “Frankenstein” di Mary Shelley sta per essere prossimamente presentato nelle nostre sale con l’evocativo, originale nome di “I, Frankenstein”) o di fiabe (“Biancaneve ed il Cacciatore”, con una inguardabile Kristen Stewart ed una sia pur brava Charlize Theron che fa male al cuore vedere sacrificata in un film del genere, ma anche Hansel & Gretel Cacciatori di Vampiri, Cappuccetto Rosso Sangue…) o portare film “fenomeni” che sfruttano una certa inclinazione verso certi tipi di film che mescolano creature ultraterrene a problemi adolescenziali (Warm Bodies, Twilight o il più recente e sicuramente migliore-sebbene non esente da pecche- Shadowshunter), i sussulti di regia e di sceneggiatura rappresentano una rarità, tanto quanto sperare di trovare nel cinema italiano qualcosa che vada oltre la commedia (La Grande Bellezza, cui auguriamo di ricevere il giusto premio di un Oscar, anche se dovendo resistere ad una concorrenza spietata) o le fiction televisive.
E’ quindi comprensibile che, dopo aver accolto abbastanza freddamente la notizia della serie televisiva inerente Sleepy Hollow (se ne parlava giusto qui), anche le notizie riguardanti l’ennesimo, chiassoso, commerciale reboot di RoboCop, un film cult del 1987, abbiano trovato parecchio scettici noi di Isola Illyon e parecchi recensori sul web (blogger, youtubers…).
La domanda più importante è: perchè riprendere RoboCop? Alcuni addetti ai lavori potrebbero rispondere che si tratta di un tentativo di riportare la fantascienza in una chiave realistica, ambientandola ai giorni nostri, senza però quella violenza e quell’eccesso che rendevano la pellicola originale poco consona ai bambini (e già qui ci sarebbe da discuterne, dato non conosco un mio coetaneo che a sette, otto anni non abbia visto quel film traendone proprio un messaggio costruttivo, di quanto la violenza sia brutta da vedere) od alla visione per famiglie; la realtà invece, rispondiamo noi, è che non c’è uno straccio di idea innovativa e che film come Elysium, Prometeus, Oblivion, Total Recall, pur dando qualcosa al pubblico hanno comunque in parte disatteso le premesse, mentre un inatteso Gravity, che pure non è proprio di fantascienza come i titoli citati, ha saputo stupire ed impressionare (al di là del fatto di venir messo nell’angolo a livello di incassi dai soliti film nostrani, tra cinepanettoni e pretese commedie che mescolano volgarità ad assenza di senso comico). Quindi, si cerca sempre di scovare nel passato idee vincenti, cercando di riproporle in chiave moderna.
Ed è questo l’errore che, supponiamo, si verificherà anche questa volta con questo reboot: noi di Illyon ci impegneremo a verificare in modo oggettivo la pellicola, cercando d’essere scevri da preconcetti; speriamo solo che anche la pellicola si impegni a non venir demolita con troppa facilità
Intanto, indossate la cronotuta e facciamo un salto nel passato per capire di che cosa stiamo parlando. Fatto? Bene.
RoboCop- Il futuro della Legge è un film del 1987 diretto da P. Vervhoeven (Atto di Forza, Basic Instinct, Starship Troopers- Fanteria dello spazio , L’Uomo senza ombra) che narra con feroce satira, cinismo ed ostentata violenza, le vicende di un uomo, un integerrimo poliziotto in una città corrotta, che viene ridotto in fin di vita durante una sparatoria e riutilizzato (o meglio, parte del suo corpo e del suo cervello) per un progetto di fusione avveniristica tra uomo e macchina: viene così trasformato in un robustissimo e avanzato cyborg cui viene affidato il compito di ripulire il marcio che c’è in città e, presto, nelle istituzioni.
Il film – il primo di una trilogia, cui sommare anche serie televisive, fumetti della Marvel in cui era protagonista (si, è vero) nonché un orrendo cartone animato- aveva un’ importante funzione moralizzatrice esternata con l’abuso della violenza (v’erano scene parecchio forti, va detto) che lo resero quasi a ridosso dello splatter e del trash.
Nonostante queste considerazioni, il film è stato sempre molto apprezzato per i contenuti e la morale che riuscivano a trasparire abbastanza facilmente- il senso dell’amicizia, la perdita dell’io, l’esigenza di sopprimere il male, lo smarrimento nel momento in cui si perde ciò che si dà per scontato- e ha solitamente ricevuto buone critiche, al di là degli appassionati che, semplicemente, lo adorano: è noto anche che anziché all’attore Peter Weller (RoboCop II, Il pasto Nudo, Trafficanti di Morte, Screamers e moltissimi altri) che interpreta l’agente Murphy/RoboCop, il ruolo era destinato ad Arnold Schwarzenegger, utilizzato in un film in cui aveva già svolto il ruolo di macchina antropomorfa avvezza ad usare armi da fuoco (Terminator), il quale per fortuna non sopportò le stesse difficoltà cui fu sottoposto Weller (anche se si rifece quanto a sfighe sul set di Predator): l’attore statunitense difatti perse moltissimo peso indossando la “corazza” ideata dal truccatore ed effettista Rob Bottin (un destino nel nome, c’è da dire) ed era costretto ad una sudata indescrivibile perché il costume era pesantissimo (tant’è che lo si munì di una ventola interna per rinfrescarlo) e tanto ingombrante che nelle scene in cui si vede RoboCop guidare, in realtà egli indossa solo la parte superiore mentre sotto è in mutande. Triste storia.
RoboCop, dunque, si svolgeva in un futuro distopico nemmeno troppo lontano, traendo però origine dalle problematiche tipiche di quel periodo non solo a Detroit (dove è ambientato il film) ma in America stessa: la violenza nelle strade, l’uso sconsiderato di armi da fuoco, la corruzione, la sete di potere, il marcio che serpeggia tra le istituzioni, persino tra quelle preposte a far rispettare l’ordine, come la polizia medesima: quindi, la soluzione è programmare una “macchina” umana, che sia al di sopra di ogni corruzione, sia oltre la paura per sé o i propri cari ed eserciti con freddezza, secondo la programmazione, le sue direttive primarie, ossia Difendere l’ordine pubblico, Proteggere gli innocenti, Difendere la legge.
La funzione sociologica di Robocop (nel film) va di pari passo alla brutalità mostrata dal regista: la morte di Murphy, quale poliziotto umano, è atroce, ucciso con brutalità, gioia selvaggia, da parte di delinquenti che diverranno anche i principali antagonisti del protagonista quando si “reincarnerà” nella sua versione cybernetica: colpito a colpi di fucile e pistole in ogni dove, una mano spappolata e solo alla fine un “misericordioso” colpo in testa rappresentano una scena che onestamente si poteva definire da censura all’epoca e ancora oggi “forte” (se non fosse stato così, nel reboot l’avrebbero lasciata intatta senza edulcorarla come invece è stato fatto, ma andremo a parlarne a breve), a maggior ragione perché il suo corpo viene utilizzato come un bene qualunque per un fine superiore, dato che la morte di Alex Murphy capita “a fagiolo”, proprio quando ci si interrogava su quale risposta dare al crimine. Fa impressione vedere anche il cinismo o quantomeno la freddezza dimostrata dai medici preposti all’assemblamento di RoboCop (“Avevamo deciso per un espianto totale: rimuovetelo!” dirà uno di essi, riferendosi al fatto che il braccio di carne ed ossa di Murphy è ancora in buono stato di conservazione ed avrebbe potuto essere salvato); per Murphy, che non ricorderà quasi nulla del proprio passato- per lo meno agli inizi- significa perdere la propria dimensione umana, il calore della famiglia, che verrà ulteriormente seppellito con la presa di consapevolezza d’essere diventato qualcosa di diverso da un essere umano, di saper provare emozioni in forma di ricordi, e che dovrà lasciar stare sua moglie e suo figli, per non addolorarli maggiormente.
Si potrebbe parlare a lungo del livello tecnico di RoboCop, del make-up realistico che sembrava davvero mostrare la commistione tra uomo e macchina, nonché dell’uso sapiente, in un’epoca in cui la computergrafica era quella del Nintendo, per dire, dei modellini ripresi in Stop Motion (ossia mossi di un piccolo movimento per volta e ripresi, poi di nuovo mossi e ripresi, così da dare in fase di montaggio l’illusione di un movimento fluido del personaggio o della creatura, come per rendere vivo ED 209) o di scene truculente come quella di uno scagnozzo che quasi si liquefa quando investito da un getto d’acido e letteralmente esplode quando viene investito da un’auto, ma ci siamo dilungati molto nel passato ed è ora di tornare al presente.
Il nuovo film, che per la precisione debutterà il 6 febbraio 2014 in Italia, punta su un cast particolarmente importante (Michael Keaton, Gary Oldman, Samuel L. Jackson e Joel Kinnaman su tutti) il che, se da una parte può sicuramente far piacere (G. Oldman è un attore meraviglioso, che abbiamo potuto apprezzare in molteplici ruoli, da quello più famoso del Conte Dracula nel film di Coppola ad uno dei più recenti lavori, il Commissario Gordon nei Batman diretti da Nolan), pure ci si chiede se non sia un mezzo per calamitare l’attenzione delle persone verso un prodotto comunque un po’ povero di idee.
La trama a grandi linee (stando ai trailers ufficiali, il cui ultimo è disponibile più in basso) dovrebbe essere abbastanza simile a quella del film del 1987, ma con sensibili differenze sul piano del contesto e delle tematiche principali: fermo restando che NESSUNO avanza giudizi preventivi senza aver visto il film, pure è umano (è il caso di dirlo) esprimere un parere con piena licenza di fare ammenda ove il giudizio, in base a quanto fino ad adesso mostrato, fosse stato avventato ed ingiusto.
Ciò premesso, si è notato un sostanziale uso della CGI, il che è il meno, perché di certo meno costosa e faticosa che lavorare sui modellini come si faceva e come si dovrebbe ancora oggi fare: molte scene sono parecchio belle a livello estetico ma troppo “pulite”, cosa già accennata a proposito de Lo Hobbit (il film), e la Detroit mostrata appare assai diversa da quella gotica, decadente, sporca e inquinata che veniva mostrata nel film diretto da Vervhoeven, il che un po’ toglie il pathos ed il senso di “oppressione” che la pellicola dell’ ’87 mostrava.
Va detto che questo è un problema assai comune specie in fase di reboot/prequel, se prendiamo in esame alcuni casi relativamente recenti.
Prometeus (rispetto ad Alien del 1979), questo Robocop, Total Recall (del 2012 con un pur valido Colin Farrel, rispetto a quello con Schwarzy) sono tutti film affetti da una sostanziale problematica: appaiono “troppo moderni” e puliti rispetto ai film precedenti, nei cui set veniva spesso ricreata un’atmosfera cupa, sporca, malsana, anche per nascondere una sostanziale mancanza dei mezzi odierni (economici e tecnici) cui si sopperiva con tanta voglia di fare, intelligenza e capacità: lo Xenomorfo di Alien , nel 1979, veniva spesso mostrato in ombra, tra fumi e vapori, esalazioni e movimenti fulminei, per creare si, pathos, paura, senso di minaccia costante…ma anche per non mostrare quanto fosse, in effetti, un pupazzo.
Ora, le immagini che già sono state mostrate in alto vi permetteranno di fare un semplice “pari e dispari” rispetto alla pellicola di prossima uscita: abbiamo così un RoboCop particolarmente “ripulito”, perfetto, privo di imperfezioni meccaniche e con una armoniosa fusione tra uomo e macchina, ben diversa da quella cruda, violenta, quasi contro natura, che appariva nel film del 1987: a questo obiettivo, probabilmente, obbedisce anche la scelta di mostrare un viso pulito, quello dell’odierno Murphy, anche nella versione RoboCoppizzata, nonché una mano di carne quasi ad allontanare (visivamente) l’idea che sia un cyborg e quasi quasi induca a credere (non pensate, su cose simili si impegnano davvero) che sia una tuta cybernetica.
Sempre per non offendere la sensibilità dello spettatore, che oggi si presume essere, mediamente, un imbecille, con queste premesse.
Un look nero, aggressivo, “aereodinamico” e moderno, che rende così meno traumatico (ma sul serio?) accettare di vedere un uomo fuso con un corpo cybernetico: abbiamo quindi un film più vicino al gusto delle famiglie odierno.
A prescindere dai propri gusti personali, c’è da dire che questo RoboCop ricorda terribilmente Ciclope degli X-men quando viene posseduto dalla Forza Fenice. E le immagini parlano da sole.
Anche la “morte” della forma “umana” di Murphy è visivamente meno drammatica e resa in modo parecchio “indolore” per gli occhi delle famiglie che potrebbero andare a vedere questo film, sotto il marchio della Metro-Goldwyn Mayer e della Columbia, distribuito in Italia dalla Sony: anziché venir crudelmente crivellato di pallottole dalla selvaggia gioia di persone visivamente malvagie e crudeli (vecchio brocardo cinematografico rendere i cattivi “riconoscibili”, brutti e/o deformi fisicamente e moralmente) , il nostro poliziotto integerrimo viene ucciso da una “semplice” autobomba, così nessuno s’offende e via.
Insomma, oggi va bene mostrare la crudeltà e la violenza se non si supera un certo pathos drammatico e traumatico: per la serie, un film come Gli Intoccabili vedrebbe i poliziotti ed i mafiosi di Al Capone ammazzarsi a marshmallow, probabilmente.
Va precisato che nessuno inneggia alla violenza, specialmodo quella visiva, per il puro intrattenimento, specie noi di Isola Illyon: va però ricordato, tuttavia, che anche gli psicologi concordano che, alle volte, una violenza campanilistica e talmente esagerata da non risultare particolarmente credibile (come era nel RoboCop dell’87) e quasi “divertente” perché sconfinava nel trash e nello splatter, può essere educativa per imparare a respingere ed abiurare la violenza stessa: assistere ad una scena traumatica come l’assassinio di Murphy mostrato nel film originale ancora oggi ha il potere di disgustarmi al pensiero di cosa si potrebbe fare con un’arma da fuoco ed è sufficiente a tenermi abbastanza lontano da forme di violenza così esplicite.
Infine, a quanto appare dal trailer, pare anche che ci sarà una sottotrama amorosa più marcata di quella mostrata nel film originale: laddove la storyline della famiglia di Murphy era molto marginale, sottotono, ma sapientemente usata per esprimere il dolore di un uomo che non può più tornare ad essere ciò che era e che ha perso ciò che meglio lo qualificava, nel film di prossima uscita pare, invece, che sia l’amore verso la moglie – e te pareva…- a spingere RoboCop a ritrovare la sua dimensione umana e a combattere l’applicazione automatica, asettica e priva di giudizi, delle Direttive Primarie (curiosità: la schermata mostrata nel film originale su cui giravano i comandi del cyber poliziotto erano di un semplice Ms-Dos: altro che tecnologia avveniristica!).
Quanto alle musiche, Nolan ha fatto scuola: un po’ come in Pacific Rim, ora quando si cerca di trasmettere un’atmosfera dark si punta su sonorità simili a sirene lontane, suoni “pesanti” che cercano di incutere timore e apprensione.
In conclusione: l’attesa, per chi almeno la sentiva, è oramai terminata e presto potremo scoprire se ci siamo sbagliati, mostrando dubbi su un film invece pregevole o per lo meno di intrattenimento o se, come molti altri reboot recenti, ad eccezione del solo Amazing Spiderman sempre della Columbia, si tratta di un procedimento meramente commerciale ed evitabile.
Prima di lasciarvi, eccovi come promesso il nuovo trailer italiano in HD:
– Leo d’Amato–