Abbiamo già studiato alcuni dei motivi del successo planetario di God of War: analizziamo i dettagli “tecnici” dello strapotere commerciale di Kratos!
Dopo aver analizzato gli aspetti che caratterizzano God Of War dal punto di vista della creatività e dell’interpretazione innovativa di alcuni canoni del panorama videoludico nell’arco di questi ultimi otto anni dalla sua nascita (se vi siete persi l’articolo, cliccate qui!), vediamo insieme quali sono gli aspetti più strettamente pratici che l’hanno reso una realtà di gioco così avvincente ed hanno contribuito al suo successo planetario.
Lo stile di combattimento.
Sarebbe impossibile non iniziare un’analisi del genere parlando dello stile di combattimento in God of War: la prima cosa che emerge, entrando a contatto con il mondo di Kratos, è la possibilità di effettuare stratosferiche combo già dai primi passi del vostro eroe, con combo di tasti relativamente semplici o comunque abbastanza intuitivi: siamo d’accordo, non è proprio come giocare a Tekken, ma la sensazione, almeno inizialmente, potrebbe essere molto simile: non sono molti i giochi in cui è possibile agitare delle lame con catene incantate da Ares in persona. L’effetto, già dal primo della serie di giochi, ha una resa grafica ed una giocabilità che sono, possiamo dircelo, un marchio di fabbrica di questa serie. Vogliamo parlare delle prese? Come è possibile trascurare il fatto che, premendo un solo tasto ti viene data la possibilità di compiere esecuzioni sanguinolente, che vanno dallo strappare per metà esatta il tuo avversario all’ammazzarlo di pugni: ammazzarlo, nel senso più puro e naturale del termine. Qui ci rendiamo conto anche del fatto che, senza tutto quel sangue e quei brandelli di roba che schizzano da tutte le parti, magari non sarebbe proprio la stessa cosa (ma proprio per niente!). Oltre alle spade, come molti di voi sapranno, è possibile accedere a innumerevoli armi e oggetti mitologici che si ispirano ai poteri degli dei e delle bestie che affronterete nel gioco: alcuni degli esempi più esemplificativi del genere sono la Testa di Medusa e le Ali di Icaro; considerando che sarete voi stessi ad operare queste piccole modifiche corporee staccando la testa con le vostre manine e strappando le ali al nostro Icaro lasciandolo bruciare fra atroci dolori, ci si può fare benissimo un’idea di quanto la brutalità di questo gioco sia un ingrediente essenziale del suo successo!
Ira e potenziamenti.
Parlando di stile di combattimento, poi, non si può non citare il meccanismo dell’Ira: è una riproduzione fattiva della sete di sangue di Kratos, che entrando in forma berserk, amplifica la portata dei danni e, soprattutto, modifica la portata e gli effetti grafici delle combo, rendendole se vogliamo anche visivamente più avvincenti. Per quanto riguarda, invece, il meccanismo di potenziamento delle armi e dei poteri acquisiti, è quello classico, utilizzato anche in Devil May Cry (già citato nel precedente articolo, in un’altra delle analogie di genere che è possibile intravedere nei due giochi), dell’assorbimento delle anime per sbloccare nuovi livelli di potere e nuove combo. Molti di voi mi diranno che questo è un meccanismo vecchio quanto il mondo, e magari avete ragione. Ma anche l’appeal grafico nel potenziamento, la possibilità di riempire la barra di stato dell’arma ad ogni combattimento, rende sicuramente più avvincente la costruzione del personaggio, andando a sopperire a quella che potrebbe avvertirsi come una mancanza della costruzione delle statistiche: insomma, un platform ma non troppo.
L’interazione nelle scene.
Un altro indiscutibile punto di forza del gioco, è quello dell’interazione nelle scene: l’ho voluta definire così, ma in maniera più pratica si potrebbe chiamare una “Fatality” guidata. Ditemelo, quanti Joystick avete smollato per premere come dei pazzi forsennati sullo stesso tasto e contrastare attacchi? E lo stesso discorso vale per la testa delle bestie, come nel caso delle meduse: ammettetelo, è eccitante mettervi lì a cercare di replicare in fretta con la levetta i disegnini, di modo da riuscire a sradicare arti ai vostri avversari. Questa metodologia di gioco, non solo apre al live action anche quella linea di confine fra il filmato ed il gioco, rendendo il player più partecipe, ma rende anche perfettamente quella tensione e quella scarica adrenalinica che il giocatore rivive (in minima parte, si spera!) favorendo anche l’immedesimazione all’interno del personaggio. Un’altra importante funzione, come si può percepire anche nel coevo Resident Evil 4, è quella di non abbassare mai il livello di tensione del giocatore, mantenendolo sempre al centro dell’azione: questo a parer mio, in giochi del genere, è un elemento di innovazione sostanziale, un altro passo verso una giocabilità di un livello superiore, più vicina all’immersione del player nella dimensione del gioco.
Questi sono i principali livelli d’analisi sotto i quali si possono porre i punti di forza di God of War. Molto spesso non sono riflessioni che emergono dal nulla, ma sono frutto di uno sguardo più approfondito al gioco, cosa che ovviamente migliora anche l’esperienza del prodotto stesso: in fondo, come Nonna Papera ci insegna, è nei piccoli frame che risiede il valore effettivo del gioco!
– Antonio Sansone –