Una piccola avventura attraverso gli occhi del Dio della Guerra: quanto God of War ha rivoluzionato il mondo dei videogames, arrivando a riscrivere la mitologia greca.
Molti di voi, ricorderanno quel magico momento del 2005 in cui fu annunciata l’uscita di God of War per Playstation 2. Sicuramente, per tutti i fan di giochi come Prince of Persia, questo gioco ha segnato l’apice della sesta generazione. Ma a cosa è dovuto questo enorme successo? Proviamo ad analizzare insieme quali sono gli elementi che hanno portato alla ribalta la storia di Kratos già dal primo capitolo della sua avventura.
Il concetto di mitologia.
Quanti giochi dedicati al pantheon greco popolano le piattaforme di tutto il mondo? Dai giochi di strategia ai giochi d’azione, la mitologia greca è stata praticamente stuprata, ma mai ai livelli pensati dagli sviluppatori d SCE Studios Santa Monica, gli sviluppatori di God of War. La caratteristica chiave è un’immersione veritiera di divinità nel gioco, l’interazione con le divinità stesse attraverso statue ed oracoli vari, che lasciano vivere quel contatto sensibile fra gli umani e gli dei, riprendendo anche uno dei concetti base della mitologia greca in sé: gli dei amavano interferire con la popolazione, tramite manifestazioni incorporee o cerimonie alle quali prendevano parte loro stessi (avanti, come potrebbe sperare di trattenersi Dioniso davanti ad una bella orgia fatta bene o Poseidone davanti ad un’impepata di cozze? È impensabile!), condizionando con i loro vizi le vite umane dell’intera Grecia.
Ed è proprio questa umanizzazione delle divinità, così vicina all’interpretazione dei Greci a riguardo della propria visione degli dei, uno dei punti di forza del gioco. Già all’inizio del primo capitolo della saga, nei primi minuti di gioco, possiamo incontrare Kratos su una barca in preda alla tempesta nel Mar Egeo che bestemmia invocando “Atenaaaaaaaa!”(cit.), e dal fatto che la narratrice della storia del nostro (anti)eroe sia Gaia, la terra in sé, immutabile ed incondizionabile dagli umani e dagli dei. Dai, che gran figata, ammettetelo (se non l’avete già ammesso a sé stessi). Per tutti gli affezionati della saga, potrebbe risultare una riflessione scontata, ma ci avete mai pensato, onestamente, a quanto tutti i richiami mitologici siano effettivamente veritieri ed a come si intreccino con la storia del personaggio principale?
L’anti eroe , Campione di Ares.
Riflettiamo sull’origine di Kratos: un generale spartano con due palle così che da bravo guerriero e condottiero, si diverte a stuprare tutte le donne dei villaggi conquistati, senza risparmiare la vita di vecchi e bambini. Cosa c’è di “eroico” in questo? E non è di certo un concetto nuovo, quello dell’“eroe negativo” che probabilmente in tutte le compagini ludiche e videoludiche è uno dei più gettonati. Diciamocelo, quanto fa più figo un figlio di puttana sanguinario piuttosto che un condottiero illuminato dalla luce del bene? Che sia una questione di gusti è fuori da ogni dubbio, ma il trend parla chiaro: basta pensare ad un Raziel di Soul Reaver, oppure ad uno dei personaggi del capcomiano Davil May Cry, per capire che l’eroe contaminato o alla ricerca di un qualche tipo di riscatto (o semplicemente, alla ricerca di passera, che in genere costituisce il motore immobile anche nelle storie dei videogames) è decisamente più gettonato dei buoniebbàsta.
Parliamo di Kratos, ancora, nello specifico: il suo legame con Ares è saldato da un patto fatto sul campo di battaglia, dal guerriero che per salvarsi la vita immola la propria anima ad una divinità, che in cambio, lo rende suo Campione eletto in battaglia ma anche suo schiavo. Questo è uno dei temi più forti della mitologia greca, in quanto evidenzia quello che è il legame fortemente impari fra la divinità ed il Fantasma di Sparta; sarà questo legame, come molti di voi sapranno, quello che motiverà Kratos ad insorgere contro la divinità stessa che gli ha donato le temibili e sbrilluccicose spade e a combattere per la sua libertà, diventando però allo stesso tempo cieco, schiavo della sua ira che da desiderio di vendetta si trasformerà in avidità e sete di potere, lasciandolo a lungo pedina in sporchi giochi di porci dei. La stessa idea di chiamarlo Il Fantasma di Sparta per via delle ceneri delle persone morte per mano della sua sete di sangue gli si sono incollate tipo Bostik a.C. è un chiarissimo rimando alla visione dell’antieroe ed alla negatività del personaggio in sé: il personaggio dunque viene collocato inizialmente, fra i vivi, come un morto, temuto a tal punto dalla società da essere respinto e considerato come uno spettro, un fantasma.
Dietro al successo di questo personaggio, e di tutta questa serie videoludica, si nascondono alcuni meccanismi creativi che potrebbero risultare scontati o, messi tutti insieme, poco evidenti, ma analizzandoli uno ad uno si può capire quali sono tutti i micro punti di forza che fanno di questa serie una delle più vendute della storia dei videogame. Insomma, non è che solo perché ha le armi sbrilluccicose tutti vorrebbero essere Kranios (sì, giusto perché è pelato e vogliamo ricordarglielo!). Possiamo tranquillamente dire che, nonostante innumerevoli giochi del genere, nonostante numerosi tentativi di introdurre la mitologia nel videogames, Kratos ed il suo God Of War rimane un esempio unico di integrazione e coscienza creativa delle varie case produttrici al tempo. Non è un caso, se alla fine del primo capitolo della sua avventura, diventa Il Dio della Guerra. Restate sincronizzati per analizzare insieme gli altri punti di forza che hanno reso questo gioco qualcosa di imprescindibile per gli appassionati del genere. Ne vedremo delle belle.
– Antonio Sansone –