In un mondo governato da una potente religione, un piccolo gruppo di ribelli combatte per la libertà e l’indipendenza della loro terra. L’ultima speranza di riscossa di questo manipolo di eroi è riposta in una piccola anima innocente: Beynul.
Il Ritorno di Beynul è il primo capitolo di una trilogia ideata e scritta da Jury Livorati. Leggendo le trame di alcuni suoi racconti precedenti mi sarei aspettato un’opera di tutt’altro genere, ambientata nel mondo reale con solo leggeri richiami al mondo fantasy. Ebbene non è così. Leggendo le vicende dei protagonisti di questa coinvolgente avventura, ci troviamo catapultati in un mondo parallelo, in cui potenti guerrieri dagli incredibili poteri combattono un sistema corrotto e malvagio, a cui non appartengono e a cui vogliono inevitabilmente sottrarsi.
Il protagonista della vicenda è Kal, un giovane di 8 anni. Kal è un bambino come tutti gli altri, se non consideriamo il fatto che può resuscitare piccoli animali, può leggere nel pensiero, vedere oltre le pareti e fare una miriade di altre cose straordinarie. Queste sue particolarità lo hanno reso un simbolo vivente del potere del Dio Mander, divinità della forte e omonima religione che governa il regno di Alethya. Il capo supremo di questo culto è il Manderley, l’uomo più vicino al volere di Mander e rappresentante in terra della sua volontà. Kal cresce e viene allevato sotto le direttive del Manderley e dei suoi sottoposti, convinto di essere il Galen-at, la prova vivente dell’esistenza e del potere del Dio. Milioni di fedeli vengono da ogni parte del mondo per portare offerte al Dio, ai suoi rappresentanti, e per ammirare il potere del Galen-at. Dopo anni vissuti tra le mura di quel convento, Kal era ormai convinto che i Religiosi e le loro opere fossero volte al bene e che lui stesso, essendo la prova dell’esistenza di Mander, aiutasse la religione e le persone a vivere la loro vita in maniera retta e giusta. Tutto questo almeno fino a quando un gruppo di rivoluzionari, conosciuti con il nome di Tecnici, non fa irruzione durante uno dei riti in cui Kal avrebbe dovuto utilizzare i suoi poteri: mostrando straordinarie doti e capacità, questi rivoltosi addormentano e rapiscono Kal, portandolo nel loro nascondiglio e rivelandogli inaspettati segreti sulla sua vita e sulle sue origini.
Il racconto è ben strutturato e la trama si sviluppa in maniera lineare e fluida. Non ci sono momenti morti e anche quando l’autore passa a parti più descrittive, lo fa in maniera abile e razionale, non rendendole né troppo pesanti, né poco credibili. I personaggi sono ben caratterizzati, stereotipati al punto giusto, pur mantenendo in termini generali una buona originalità di fondo. Pure i dialoghi sono molto credibili, questo anche grazie ad un aspetto che ho molto apprezzato: il realismo. Pur parlando di persone dotate di straordinari poteri, l’autore è riuscito a mantenere una linea narrativa coerente non solo con il mondo da lui creato, ma anche con il nostro mondo reale. Non ci sono dialoghi poco credibili, eventi assolutamente discordanti dal contesto narrativo o elementi eterogenei. Tutto è studiato in maniera tale da essere connesso con la storia narrata, con i personaggi e i rispettivi caratteri. Questo anello di congiunzione tra il mondo immaginario di Alethya e la realtà che quotidianamente ci circonda non si ferma all’impianto stilistico e narrativo, ma si allarga abbracciando anche tematiche più profonde. Il concetto di fede, credere senza conoscere, il rapporto tra istituzioni religiose/governative e il popolo sottomesso, sono tutte dinamiche che affiorano e che trovano largo spazio nell’opera dell’autore. La narrazione in terza persona, inoltre, dà la possibilità non solo di avere pieno controllo degli eventi e di poter gestire al meglio anche le parti descrittive, ma riesce anche a rendere più dinamica e interessante la lettura, grazie anche al continuo cambio di punti di osservazione che avviene ad ogni capitolo, stratagemma che consente di fornire un punto di vista a 360° su quello che succede in entrambi gli schieramenti, sia quello dei Tecnici che quello dei Religiosi.
Proprio su questo punto, però, vorrei alzare la mia critica. Partendo dal presupposto che si tratta di un mio gusto personale, avrei trovato molto più stimolante se certi colpi di scena fossero stati un po’ più articolati, tenendo in sospeso alcune vicende e rivelandole con maggiore impatto. Come ho detto precedentemente, il cuore della narrazione e della vicenda è raccontato in maniera estremamente coerente e credibile, anche se dal mio punto di vista forse un poco troppo lineare.
Concludendo, Il Ritorno di Beynul è un romanzo in cui non solo troviamo una narrazione mai monotona e noiosa, ma anche delle vicende e un contesto che mostrano un’originalità nei temi e nei personaggi difficili da trovare oggigiorno. Certo, se vi aspettate il classico romanzo con il draghetto o il cavaliere dalla bionda chioma che sconfigge il cattivissimo Troll, non è il romanzo che fa per voi. Se invece volete leggere un racconto avvincente in cui il fantasy viene rielaborato in un modo diverso e originale, vi consiglio caldamente questo primo capitolo delle avventure di Alethya. Sinceramente aspetto con impazienza il secondo capitolo.
–Vincenzo Mirra–