Dungeons & Dragons: che il gioco abbia inizio (2000) fu un autentico disastro: caratterizzato da tagli che ridussero al minimo le spese di produzione e post-produzione, e piena di svarioni interpretativi del gioco, come draghi che non parlano e non usano magie o elfi chiari di colore (!!!), il film fece storcere il naso a più di un fan. Non riuscì a risollevare il buon nome di D&D neppure il sequel, ‘L’ira del dio drago’ (questa volta prodotto per la televisione), che impiegava ancora meno fondi e vedeva come unico attore della pellicola originale soltanto Bruce Payne. Niente più fondi, niente più Jeremy Irons, niente più Justin Whalin: insomma, anche la TV bocciò D&D.
Come ricorderete, però, lo scorso aprile scoprimmo che Joe Manganiello, attore, sceneggiatore, doppiatore di Pittsburgh e noto per il ruolo di Owen Morello in One Tree Hill, nonché probabile futuro Deathstroke nel DC Extended Universe, aveva deciso di voler dare nuovo lustro all’accoppiata GdR-Cinema, proponendo a Wizards of the Coast una sua personale sceneggiatura per un lungometraggio basato su Dungeons & Dragons. In un tweet, Manganiello mostrava lo screenplay di un film non basato sui Forgotten Realms (come si era pensato fin dall’inizio), bensì sulla saga di Dragonlance, ugualmente nota ai giocatori di ruolo, ma soprattutto tra i lettori di fantasy.
Dopo qualche mese di silenzio, il portale Dungeon Life ha raggiunto l’attore per fare quattro chiacchiere con lui, lasciando che egli spiegasse quali fossero state le profonde motivazioni che lo avevano portato a proporre questa sceneggiatura: “I film sui supereroi hanno successo quando parlano di ‘persone’. Già i greci capirono che gli dei avrebbero avuto maggiore presa sulla gente se fossero stati umanizzati. Dragonlance ha successo perché è simile a una soap opera, con rapporti d’amore, sentimenti e la relazione difficile tra due fratelli.”
Beh, come dargli torto? Le interazioni tra i personaggi, le tensioni interiori di Raistlin, l’evoluzione di Caramon, il sacrificio di Sturm, i piani nascosti e il conflitto di Kitiara, il retaggio di Tanis Mezzelfo… tutto diventa epico nel momento in cui riesce a far immedesimare il lettore. E in questo Weis e Hickman non sono secondi a nessuno, dunque a mio avviso Manganiello parte con il piede giusto.
“Voglio realizzare un film che mia moglie vorrebbe vedere… Perché la gente dovrebbe essere solo fan di Game of Thrones o de Il Signore degli Anelli e non anche di Dragonlance?”, continua l’attore, sottolineando la potenza delle trame legate a questo setting e, più in generale, a D&D. “Non parlare di questa ambientazione, non crearci un film, significherebbe lasciare quelle storie su uno scaffale per altri 40 anni, e ciò sarebbe un peccato e una grande perdita. Realizzare un altro film su D&D come quello del 2000 non farebbe altro che affossare per sempre le future possibilità di vedere altre trasposizioni cinematografiche di questo GdR: e io non voglio che accada”.
Questa, in effetti, è la paura che ha colto tutti quelli che hanno guardato il primo film. Il mondo del business cinematografico, lo sapete, è spietato: un flop ha effetto domino e trascina nel baratro anche le idee valide che sarebbero potute venir fuori dopo un fiasco. E in effetti sono trascorsi ben diciassette anni prima che Hollywood valutasse se dare a D&D un’altra chance.
“In Dungeons & Dragons ci sono storie incredibili da raccontare, un immenso forziere dal quale pescare. Perché non dovremmo prendere spunto dalle produzioni di Gary Gygax, da quelle di Hickman o quelle di R.A. Salvatore? Sono storie pronte per essere narrate, e noi viviamo in un’era in cui il pubblico è davvero pronto per sentirsele raccontare“.
Che ne pensate? Manganiello può fare le differenza questa volta?
–Fabrizio Palmieri–
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