Avete presente la sensazione spiacevole quando, su Warcraft, terminavate tutte le miniere d’oro? Ecco, devono aver provato la stessa cosa i produttori del recente lungometraggio Warcraft: L’inizio, e cioè di avere una miniera d’oro tra le mani e trovarla vuota. I 60 milioni di dollari che, secondo le ultime stime, il film ha incassato in America possono sembrare tanti all’uomo della strada, ma sono spiccioli in confronto ai 160 che è costato – una cifra ragionevole, se pensiamo che un “filmetto” come Avatar ne ha richiesti 237. Insomma i produttori rischiavano di trovarsi con le miniere finite e per di più senza legname, se non fosse stato per il resto del mondo, quella grande massa di terra che sembra contare poco quando si parla di Hollywood.
Innanzitutto, va detto che Warcraft ha incassato meno di Angry Birds, e già questo di per sé mi sembra un motivo sufficiente per unirsi all’orda nel tentativo di sradicare l’umanità. Il film è andato benino in tutti gli altri paesi in cui è stato già lanciato (tra cui l’Italia), ma si è trattato sempre di una vittoria pirrica, se non di una disfatta al botteghino. Ecco però che a salvare Azeroth è arrivato il continente di Pandaria, o meglio la Cina.
Se il numero di 156 milioni di dollari in 5 giorni non vi dice nulla, diciamo che lì la pellicola ha incassato più di Star Wars VII. Questi sono numeri che fanno la differenza.
Ancora mancano molti paesi all’appello, tra cui Messico e Giappone, dove il film uscirà a breve, ma già con i dati a disposizione possiamo tirare un po’ di somme.
La prima cosa che mi chiedo è il perché di questo successo orientale.
Certo, in parte è una questione di numeri, e una popolazione numerosa come quella cinese di certo porta incassi di botteghino superiori all’Europa. In parte si è giustificato, poi, con una forte fan base di giocatori di World of Warcraft – anche se non si può dire che il gioco non abbia i suoi fan ovunque anche in Occidente. La mia personale teoria (che si aggiunge e non sostituisce quelle già elencate) è che il cinema cinese sia già per sua natura affine al tipo di film che è Warcraft: L’inizio: uno spettacolo bello da vedere anche quando sembra avere poco senso.
Guardate i film del tipico fantasy cinese, il wuxia, come La tigre e il dragone o La città proibita: grande impatto visivo, cromatismo spinto, ma storie surreali, dialoghi quasi inesistenti. Ecco quindi che una pellicola piacevole agli occhi ma carente sotto tanti altri aspetti (come lo è stato Warcraft) può trovare nella Cina un pubblico adatto.
Si tratta di una mia teoria, che comunque non cambia la realtà dei fatti: il destino di Warcraft: L’inizio è stato salvato dall’Oriente, e questo potrebbe avere molte ripercussioni su un eventuale sequel.
Il film si ripagherà, questo è ormai chiaro, e anche se non si tratterà di un successone, i produttori potrebbero decidere di finanziare un secondo capitolo più a cuor leggero. Magari un seguito che, superati gli errori del passato, possa aggiustare il tiro e migliorare (sì, sono un inguaribile ottimista). Tremo però al pensiero che, come qualcuno ha suggerito, un sequel possa essere appositamente più mirato al mercato orientale che non a quello occidentale. Qualcuno ha detto orchi kawaii e panda?
E già che ci siamo, parliamo di questo possibile sequel. In fondo, dalle dichiarazioni del regista Duncan Jones, una trilogia era già in programma, e se i riscontri economici ci saranno si potrà proseguire con i piani. Il primo film ci ha lasciati essenzialmente privi di buona parte dei personaggi principali e con una situazione inconclusa, una sorta di pareggio tra orda e alleanza. Poiché il film ha praticamente ripreso la trama del primo videogioco, risistemata dal romanzo “L’ultimo guardiano”, è lecito pensare che un ipotetico secondo episodio prosegua nella linea narrativa, raccontandoci cosa succede ad Azeroth in Warcraft II, anche qui possibilmente con l’appoggio del romanzo “La discesa dell’oscurità”. Si parlerebbe quindi della cosiddetta seconda guerra, con l’orda capitanata da Orgrim Doomhammer alla conquista di Khaz Modan e Lordaeron, la formazione dell’Alleanza, eccetera eccetera. Sarebbe ovviamente la scelta più sensata, anche se qualcosa dentro di me suscita terrore e disperazione al pensiero che il sequel possa diventare quasi spin-off (parola oggi molto diffusa nel cinema) e prendere una sua deviata logica dove Lothar e Garona mettono su famiglia mentre Go’el spezza le reni a Gul’dan, così, senza un particolare motivo. Insomma, c’è il rischio che al film salti in mente di andare avanti di testa sua, violando non solo le aspettative dei suoi fan, ma magari anche le regole del buon senso (qualcuno ha detto Lo Hobbit?).
La prospettiva è comunque abbastanza improbabile se consideriamo che nella sua storia aziendale Blizzard si è sempre concentrata nel seguire i segnali del pubblico, e nel produrre titoli solo quando ci fosse effettivamente potenziale. Se anche con questa entrata nel mondo del cinema l’azienda può avere incespicato (diciamo l’equivalente di tirare un 10 su un d20), ci sono i motivi per pensare che presto riprenderà la retta via.
Siete d’accordo?
– Daniele Gabrielli –