Per tutti gli amici luddisti da casa che, come il sottoscritto, propugnano la superiorità della carta stampata e considerano anatema il digitale, il Salone Internazionale del Libro di Torino dovrebbe rappresentare una buona approssimazione del paradiso, no? Un evento dedicato esclusivamente alla parola scritta e che contiene più libri di quanti una persona media possa sperare di leggere in una vita sola (a proposito, avete già dato un’occhiata al nostro resoconto dell’edizione 2016?).
Quest’anno, tuttavia, gli organizzatori hanno decisamente prestato un occhio di riguardo agli estimatori della lettura in formato pixel, dedicando uno spazio conferenze apposito (dal pittoresco nome di “Book to the Future”) al tema dell’editoria digitale. Che sia l’occasione per essere convertito al ventunesimo secolo anche per me?
Il programma di conferenze, particolarmente ricco e vario, ha spaziato tra momenti generalisti e altri ben più nelle corde dell’Isola: si va da visioni di ampio respiro sul valore, il senso e le opportunità aggiuntive offerte dal medium digitale, fino ai trucchi del mestiere più utili per gli interessati a destreggiarsi con questo nuovo modo di fare editoria, e a condividere col mondo le proprie idee e il proprio talento.
Purtroppo, si sa, il tempo è tiranno, e per questa occasione il dipartimento scienze alchemiche di Isola Illyon non ci ha fornito il dono dell’ubiquità: costretti a compiere una difficile scelta su quali eventi privilegiare, ne abbiamo selezionati un paio che ci hanno dato il polso della situazione, utili per i novelli scrittori (ma anche per i veterani che iniziano solo ora ad approcciarsi al web-publishing).
Nel primo pomeriggio di venerdì 13 maggio Sergio “Alan D.” Altieri (scrittore tecno-fantascientifico che probabilmente ricorderete in terza pagina come traduttore de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco), Paolo Armellini (blogger e gestore di una testata online), Alessandro Mari (traduttore e autore per la collana digitale Feltrinelli), Andrea Novelli & Giampaolo Zarini (scrittori a quattro mani di genere giallo) hanno trattato il tema della serialità (nella parola scritta).
Indubbiamente, viviamo un momento d’oro per le serie televisive, che negli ultimi anni hanno visto aggiungere al proprio novero numerose opere di indubbia qualità e dall’ottima risposta di pubblico, trend che chiaramente si è esteso anche al genere fantasy sia con il monumentale “Game of Thrones”, sia con altri titoli decisamente meno impegnativi (“The Shannara Chronicles”).
Una conseguenza di ciò è stato un rinnovato interesse, da parte di altri media, al modello episodico: per la letteratura, fondamentale in questo senso si è rivelata la notevole flessibilità delle piattaforme online e delle pubblicazioni digitali, che hanno rapidamente intercettato il trend.
Non si tratta certo di una novità sul piano stilistico (l’espediente del romanzo a puntate ha origini antiche quanto illustri, da Lovecraft fino ai mitici “Penny Dreadful” di epoca vittoriana), che però viene rilanciata dalle numerose possibilità e dai potenti mezzi offerti agli editori, che possono distribuire singolarmente i vari capitoli tramite piattaforme online, eventualmente offrendone anche alcuni in maniera gratuita, con estrema semplicità e a costi irrisori. Agli scrittori, tuttavia, il modello pone alcune sfide specifiche, tra cui la necessità di una certa cadenza nella scrittura (per rilasciare un capitolo a intervalli regolari), e l’abilità di catturare l’attenzione del lettore in poco tempo, senza scadere in finali cliffhanger di bassa lega.
Proprio agli scrittori si è poi rivolto l’intervento successivo, curato da Elisa Calcagni, Paola Di Giampaolo, e Davide Giansoldati (già collaboratori dell’Università Cattolica di Milano per il master di Professione editoria cartacea e digitale), che hanno parlato del fenomeno del self-publishing. Non molto tempo fa (qui, per essere precisi) vi spiegavamo come recentemente alcuni siti di distribuzione per manuali di giochi di ruolo offrissero opportunitàai più creativi tra i loro utenti di condividere con gli altri le proprie creazioni: similmente, il mondo dell’e-publishing si è mosso per venire incontro a simili richieste nel mondo della narrativa di intrattenimento.
Nel corso della conferenza, oltre a una serie di consigli (piuttosto elementari, a dir la verità) su come editare i propri testi, sono stati anche presentati alcuni siti specializzati in questo tipo di offerta. I vantaggi per lo scrittore sono evidenti e immediati: se proprio non vi riesce di pubblicare senza pagare, i costi dell’e-publishing sono nettamente inferiori rispetto a quelli del cartaceo (sia che si scelga di pubblicare solamente in digitale, sia che il sito offra un servizio di stampa su richiesta), senza contare gli spazi di autopromozione che alcuni siti offrono. I pericoli principali da cui guardarsi, in questo caso, sono in parte i refusi (non sempre i distributori online offrono un servizio di editing), e soprattutto l’assegnazione di un codice ISBN (International Standard Book Number, per i non amanti degli acronimi): talvolta automatica, talvolta non disponibile, e talvolta solo dietro pagamento, la sua assenza può determinare un notevole blocco alle possibilità di diffusione, perché rende impossibile l’eventuale distribuzione in cartaceo da parte di librerie sul territorio.
Sembra dunque che l’e-book abbia trovato una propria nicchia di collocazione (pur, chiaramente, restando valida la sua funzione di surrogato del cartaceo), adattandosi al contempo ai propri punti di forza per garantire un’offerta più partecipata, più pluralistica e, dunque, più vicina (in tutti i sensi) al mondo dei lettori.
Per quanto mi riguarda, credo che lascerò l’e-reader sullo scaffale ancora per un po’, ma non lasciatevi coinvolgere dal mio scetticismo: leggere (in digitale) non è mai stato così interessante!
– Federico Brajda –