Da poco si è conclusa anche in Italia la prima stagione di Britannia, serie co-prodotta da Amazon e Sky che personalmente attendevo molto per via delle sue componenti storiche. Sicuramente non mi aspettavo un’opera come Vikings o Knightfall, più attinenti all’aspetto storico di tanti altri prodotti televisivi, ma sono rimasto sorpreso del modo attraverso il quale la produzione è riuscita a costruire una narrazione fantasy convincente unendo storia e mitologia. Che possa aspirare a diventare il nuovo Game of Thrones?
Partiamo dal setting: l’ambientazione dello show vede il ritorno dei romani in Britannia nel 43 d.C, circa un secolo dopo lo sbarco di Cesare durante le guerre galliche. A differenza del loro primo viaggio, trovano una terra divisa e facilmente manipolabile, ma si imbattono anche in tanta magia, nelle figure dei druidi e degli dei che rappresentano, e in tanta oscurità.
Di particolare interesse risulta il modo in cui l’elemento magico viene mostrato allo spettatore. Escluse le scene con i demoni e quelle nel mondo dei morti, tutto appare appena accennato – molte volte mi sono ritrovato a chiedermi se stessi osservando un semplice trucco o se fosse “vera” magia. La serie gioca parecchio su questo dubbio, riuscendo a proporre un ottimo fantasy che non abbia necessità di far sfoggio di complessa e costosa CGI.
Altro punto a favore della serie è sicuramente rappresentato dai personaggi e dagli ottimi attori che danno loro vita. Sfaccettati, complessi e ricchi di paure, i protagonisti riescono a convincere fin dalle prime inquadrature e rimangono facilmente impressi nonostante il loro numero. Ovviamente le dimensioni del cast non arrivano a quelle di Game of Thrones, ma un plauso agli sceneggiatori è d’obbligo: ognuno dei personaggi ha un passato credibile al quale fare riferimento, dei timori e dei comportamenti irrazionali che li porteranno a perpetrare i più ignobili tradimenti.
La trama si divide in due livelli non separabili (a differenza de Il Trono di Spade) che influiscono a vicenda l’uno sull’altro. Da un lato c’è la conquista romana della Britannia e la guerra tra le due tribù indigene; dall’altra la guerra mitologica tra il demone Lokka e la prescelta degli dei. Anche in questo caso, escluse alcune scene particolarmente concitate, il tutto è trattato con un velo di mistero per lasciare allo spettatore la possibilità di interpretare ciò che accade sullo schermo ed eventualmente rimanerne stupito.
Tra i vari aspetti filosofici trattati vi sono senza dubbio il rapporto tra gli dei e gli uomini e quello tra libero arbitrio e destino. Quanto di quello che facciamo, nonostante sembri una nostra scelta, è influenzato da un piano prestabilito? Quanta obbedienza deve l’uomo al divino, specialmente nel caso che le ragioni degli dei appaiano lontane e assolutamente illogiche? Anche qui è apprezzabile la presenza di diversi punti di vista e della mancanza di una risposta inconfutabile.
Apprezzabile anche la scelta di quali elementi spettacolarizzare: il sesso è presentato in maniera molto naturale, non esagerata come spesso accade in Vikings o Game of Thrones, a favore dei rituali dei druidi dove ogni movimento viene esaltato e distorto per creare mistero.
Insomma, Britannia si presenta con tanti punti di forza e con una visione stilistica molto chiara: il mistero non si trasforma in vaghezza, ma probabilmente questa prima stagione avrebbe beneficiato del doppio delle puntate. Aspettiamo dunque con attesa la seconda, già confermata.
Voi l’avete vista? Che ne pensate?
–Simone Maccapani–
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