Dopo una nona puntata esplosiva ritroviamo un’Alexandria serena, a due settimane dalla devastazione subita e dalla battaglia da lacrimoni di Rick e i suoi seguaci. Benissimo, momenti come questo li abbiamo incontrati in passato e sono il sintomo naturale di un ciclo narrativo, la classica quiete dopo la tempesta che inesorabilmente precede un’altra tempesta. Nonostante ciò, è un momento bellissimo, se pensiamo alla chiusura perfetta dell’ultimo episodio (che potete leggere qui), dove Rick promette a Carl che sarà lui a costruire il Nuovo Mondo, purché il ragazzo sopravviva. L’attaccamento morboso dell’uomo ai figli è chiaramente l’elemento che mantiene lo sceriffo integro, nel bene e nel male, la vera e propria anima di questo personaggio che negli ultimi anni è cresciuto, arrivato ad essere nientemeno che una bestia assetata di sangue, per diventare ora nuova guida di una comunità enorme. Il suo punto debole rimane quell’affetto misto a istinto di sopravvivenza che lo lega a Carl (quanti meme raccontano la storia di questo padre apprensivo?), tallone d’Achille e allo stesso tempo unico motivo che è rimasto a Rick per vivere.
L’espediente del salto temporale nella narrazione è lo stesso usato da Kirkman nel fumetto, anche se ovviamente gli eventi non coincidono alla perfezione. Un bel momento che ha sicuramente risollevato il morale dei telespettatori e degli affezionati, dando ancora una speranza allo show, nonostante i momenti veramente bassi toccati nelle ultime stagioni. Il titolo inglese della decima puntata è molto ambizioso: “The Next World”. In questa puntata c’è una simpatica scampagnata fra Rick e Daryl, di quelle dei vecchi tempi, alla ricerca di provviste. L’ingresso di un nuovo personaggio che si fa chiamare Jesus (che i lettori del fumetto avranno riconosciuto immediatamente dalle battute) e che si presenta con una mezza zuffa, sul finale interrompe invece l’idillio d’amore fra Rick e Michonne – sì, avete letto bene. Questa puntata è un compromesso onesto soprattutto rispetto alla nona, veramente impossibile da superare per intensità, almeno nell’immediato (un episodio veramente bello, che merita di essere rivisto).
IL BOSCO
La puntata si apre con “More than a feeling” dei Boston sparata a palla da una radio. Uno spaccato di vita quotidiana con tanto di Michonne in accappatoio e una foto che ci fa capire che Carl è sopravvissuto, e di conseguenza ha superato quel battesimo del fuoco metaforico. Anche lui è rimasto appeso fra la vita e la morte, e miracolosamente (esattamente come il padre – con un colpo di quelli, in faccia, devi essere fortunato) è rimasto in vita, destinato ancora a combattere il Cupo Mietitore. Un nuovo inizio per Carl? In un primo momento si dimostra la solita testa di minchia, scappando nel bosco con Enid, sempre più carina e come al solito ribelle. Gran parte delle scene, infatti, si svolgono in un modo o nell’altro proprio lì: via l’elemento urbano e di nuovo dentro con le riprese angoscianti delle foreste che, se nell’immaginario collettivo potrebbero essere quasi un ambiente gradevole di giorno, con gli zombie in giro diventa sinonimo di sconosciuto e quindi anche di estremamente pericoloso. Quante volte avete creduto che stesse per uscire qualcosa da un tronco marcio o magari dal terreno? La suggestione è forte e molto gradevole. Nel bosco, poi, succedono in un certo senso gli eventi borderline. Perché borderline, vi chiederete? Perché eventi del genere sono il punto d’incontro più vicino fra i due veri e unici avversari rimasti sulla faccia della terra, presumibilmente: l’uomo che si rivede nello zombie riconosce il marciume, e prova ad estirparlo ponendo fine all’eterno vagare, all’eterna fame e all’eterna non-morte. Michonne segue il baldo figlio di Deanna, che si scopre semplicemente intenzionato a finire la madre (mutata in zombie – complimenti sempre ai truccatori), per darle una degna sepoltura. Carl inizia a sviluppare, invece, gli stessi atteggiamenti del padre, approcciando ad una fase di turbe mentali inevitabile (e che anche l’andazzo del fumetto mi fa sinceramente intuire e sperare).
MY FRIENDS CALL ME JESUS
Se qualcuno di voi si fosse mai chiesto nella vita cosa fosse il sorgo, può ringraziare insieme a me Eugene, che questa volta se ne esce con una perla di saggezza e un colpo fortunato per il fantastico duo delle marachelle composto da Rick e dal sempreverde Daryl. Proprio per cercare questo sorgo, i nostri due capi banda si ritrovano alla guida di un furgone carico carico di… provviste. La cosa sconcertante è che per recuperare delle bibite gassate a Denise (sì, tecnicamente è questo soltanto il motivo), Daryl si incaponisce nel voler demolire un distributore automatico: ed ecco Jesus che arriva di corsa, urtando Rick senza però dimostrarsi in qualche modo ostile, che con un trucchetto degno di Giucas Casella si prende gioco dello sceriffo senza baffi e del suo comparello. Ma non basta perché, per rimediare, i due inseguono a piedi Jesus, alla guida, invece, del camion appena rubato. Il tutto si conclude con una bella botta in testa per il nuovo arrivato e il veicolo che affonda nell’acqua. Quanti di voi hanno notato l’ostilità immediata di Daryl e l’hanno associata al fatto che Jesus nel fumetto assuma effettivamente il ruolo che ha sul piccolo schermo il nostro biker preferito (il personaggio di Norman Reedus, ve lo ricordo, non esiste nell’opera originale)? Una prospettiva divertente e sicuramente una chiave di lettura interessante per quest’antipatia apparentemente non reciproca fra Daryl ed il nuovo arrivato piuttosto svelto di mano – e Jesus picchia duro anche nel fumetto. A questo punto potremmo presagire (o dovremmo sicuramente immaginare) l’esistenza di un’ulteriore comunità (cosa che si verifica nel fumetto) oppure un collegamento fra lui ed i seguaci di Negan (ancora non presentato nella serie, fra l’altro).
MORE THAN A FEELING?
Ah, allora la canzone iniziale della puntata non era proprio del tutto casuale. Che sia o meno more than a feeling lo scopriremo prossimamente, sta di fatto che quel momento interrotto inizialmente già dall’inquadratura di Michonne in accappatoio è bruscamente spezzato dal nostro amico (D)Jesus, con tanto di dediche speciali da parte di Rick e Michonne, giusto a fine puntata. Una generosa inquadratura dei due dall’alto, a letto (molti avranno sicuramente saputo apprezzare Michonne, dura come una pietra), e uno sconosciuto che ha gettato in un lago un camion di provviste che viene a svegliarti nella tua camera da letto, l’unico ambiente che viene quasi ritenuto sacro e non profanabile dalle ostilità: cosa avrà di tanto urgente da dire Jesus? Qualcosa si intuisce dall’anticipazione finale del prossimo episodio, nel quale a quanto pare ne vedremo delle belle per davvero.
– Antonio Sansone –
The Walking Dead 6×10 – Recensione
Antonio Sansone
- Bella puntata che mantiene alta l’attenzione ed introduce davvero più di una dinamica interessante;
- Il ritmo è serrato e ci vengono proposte diverse situazioni che abbiamo già visto qualche stagione fa;
- L’ultimo saluto a Deanna era un momento quasi dovuto visto l’affacciarsi al Nuovo Mondo, in quanto effettivo precursore di Rick ad Alexandria;
- La situazione tra Rick e Michonne è un po' strana, vedremo che piega prenderà.