Quando mi sono stravaccato sul divano per seguire la nona puntata di questa sesta stagione di The Walking Dead non mi sarei aspettato molto se non fosse stato per il poster che ha anticipato la ripresa e che è apparso online qualche giorno fa. Sto parlando di quello che ritrae Carl con una benda e che lascia presagire qualcosa che i lettori del fumetto sapevano da tempo. Quella scena sapientemente interrotta sul finale, del figlio maggiore di Jessie, Ron, che impugna una pistola seguendo il buon Carletto viene in questa puntata letteralmente esaltata, in una trasposizione limpida delle pagine dei fumetti di Kirkman, che ci ha abituato a questi intrecci, proprio quando di solito la serie sembra andare alla deriva. Sicuramente riuscirà ad attirare di nuovo l’attenzione dei più fedeli, perché ancora una volta in ripartenza The Walking Dead ci sorprende e ci fa ben sperare.
LA CADUTA DI ALEXANDRIA
Questo è tutto ciò che sappiamo. Un evento che lascerà una traccia profondissima, soprattutto in Rick Grimes, che con il passare del tempo sembra essere diventato sempre più un pezzo di marmo. Proprio la disfatta della città pensata per essere impenetrabile è un chiaro rimando storico. Il nome porta la mente subito ad Alessandria (o forse alle Alessandria) ed al concetto di integrazione di civiltà diverse, esperimento sociale in un certo senso ben riuscito di Alessandro Magno. Una sorta di proto civiltà e apparentemente (soltanto apparentemente) unico baluardo per ricostruire una sorta di comunità che crolla davanti agli occhi di chi l’ha difesa, che diventa una trappola per topi per le stesse persone che l’hanno costruita.
TUTTO APPARTIENE A NEGAN
I fotogrammi che aprono la puntata ci riportano agli ultimi momenti mostrati subito dopo il finale di quella precedente, con Daryl, Abraham e Sasha sulla via del ritorno e ancora inconsapevoli della caduta delle mura della loro comunità. Come si risolve quella scena di tensione e il primo approccio con i tirapiedi di Negan? Con un’esplosione carica di ignoranza dal bazooka che il buon Abraham ha faticato così tanto per recuperare. Ovviamente, a salvare il culo ci penserà mister Dixon, che sembra essere tornato in un certo modo più duro e arrogante, proprio come abbiamo imparato ad amarlo nelle prime puntate della prima stagione.
L’esplosione ed il fuoco sono gli elementi ricorrenti in questo episodio, sotto diverse chiavi di lettura piuttosto interessanti. Sarà infatti il ricongiungimento finale dei tre veterani del gruppo (e soprattutto la benzina) a salvare ciò che rimane dell’insediamento e, soprattutto, quelli rimasti vivi dall’invasione della mega orda. Per questa puntata, la questione Negan che ci è stata appena accennata viene letteralmente spazzata via da un’esplosione, per lasciare spazio al grandissimo contenuto della puntata.
L’OCCHIO PIGRO DI CARL
Durante il corteo attraverso gli zombie, la scena diventa letteralmente magnetica, considerando che la narrazione si apre di giorno, e vive la parte centrale giocando anche bene sul fattore paura aggiuntivo ed inequivocabile del buio. La scena madre si apre proprio con il piccolo che sente risuonare le parole terrificanti di Carol (quando la scopre a rubare le armi, sempre qualche puntata fa). La paura e i primi piani degli zombie (un elogio come sempre ai truccatori ed agli effettisti – senza di loro non staremmo parlando di questa serie, probabilmente) innescano una serie di reazioni a catena che coinvolge appunto la catena umana incorniciata da una ritmo narrativo serratissimo. Jessie vede suo figlio sbranato vivo ed inizia ad urlare. Gli zombie, dopo essersi occupati del bambino aggrediscono lei, incapace di reagire. In quel momento, Rick pur di salvare suo figlio taglia la mano della donna, liberandolo proprio come nel fumetto. In quello stesso momento, Ron punta Carl, e Michonne lo trafigge all’altezza del cuore con un clamoroso backstab, quando il colpo è già partito. Tutto sembra essersi risolto quando Carl, con quell’ultima affermazione infantile e preoccupata, molto evocativa, esclama: “Papà?”. Sicuramente uno dei momenti più alti della puntata perché, più che altro, in venti minuti la regia riesce a condensare un passaggio così tanto importante per colui che per sua stessa ammissione vuole essere l’uomo che darà vita al Nuovo Mondo.
DELLA FIDUCIA E DELLA COMUNITÀ DEL NUOVO MONDO
Questa puntata è davvero ricca di quelli che si potrebbero definire come i momenti più tesi che possano emergere da un dialogo fra due umani. Il tema della fiducia è forte, e in questa puntata viene affrontato sotto diverse prospettive e soprattutto attraverso diversi binomi (o gruppi) di personaggi, ovviamente tutti sparpagliati all’interno delle mura (o soltanto poco distanti).
Vediamo Rick costretto a causa delle circostanze a fidarsi di quel dolcissimo cioccolatino di Padre Gabriel, che con il suo sguardo da cane bastonato quantomeno riuscirà a mettere in salvo la piccola, anche questa volta barricandosi. Lo stesso insieme ad Eugene è testimone di un’altra forma di fiducia alla base anche del senso comunitario, ovvero quella nelle proprie capacità: nonostante Rosita lo screditi, Eugene continua a non morire (e a propinarci le sue chicche da Robocop ritardato del tipo “Si parlerà a lungo di questa storia”, prima di buttarsi più o meno coraggiosamente nella mischia, esattamente come farà anche Padre Gabriel impugnando un machete ed uscendo nelle strade). Indubbiamente il Leitmotiv implicito della puntata è quello della fiducia nel domani, ed in quello che potrebbe esserci dopo, rimanendo uniti.
ZOMBIE? ZOMBIE!
Cosa ci fa tanto piacere? Che finalmente si sia tornati a morire di zombie. È forte la componente umana uomo contro uomo anche grazie alla vicenda del giovane superstite Wolves che rapisce Denise (la psicologa eletta ad unico medico della compagnia), così come l’intervento dei tirapiedi di Negan. Quello che ci piace è che finalmente c’è di nuovo spazio per i nostri amici lenti e urlanti: oltre alla mattanza che, come detto, è la consacrazione del nuovo inizio, della nuova era fatta dagli uomini che tornano a combattere fianco a fianco superando le differenze, abbiamo un’immagine bellissima degli zombie che, attratti dal fuoco che Daryl accende con la benzina, si riversano immergendosi quasi come se stessero tornando fisicamente nell’inferno dal quale sono venuti. Ancora una volta il tutto si incastra perfettamente, come solo in una delle migliori puntate del passato.
Augurandomi che non sia l’ennesimo fuoco di paglia, ma che la stagione mantenga questo trend, attendo con ansia di scoprire da che punto si ripartirà per risollevare le sorti di Alexandria… se riusciranno mai realmente a rialzarsi con la minaccia Negan all’orizzonte.
– Antonio Sansone –
The Walking Dead 6×09: recensione
Antonio Sansone
- La puntata più ricca e probabilmente anche quella più intensa della seconda stagione, finora;
- Ottima capacità di sintesi della regia e della sceneggiatura;
- Un’interpretazione molto attenta di un po' tutti gli attori, soprattutto quella di Andrew Lincoln;
- Finalmente una bella puntata e gli zombie che tornano ad essere metafora di un qualcosa di più grande;
- Essendo la narrazione frammentata a causa del gruppo di personaggi dispersi in giro, alcuni passaggi rallentano un po’;