Come tutti gli abitanti del primo mondo avranno notato, lo scorso dicembre la Disney, presumibilmente sulla falsariga dell’Elsa di “Frozen”, ha deciso di regalarci un nuovo personaggio femminile forte e indipendente, con una considerevole scorta di abilità eccezionali e poteri magici, e ben poco timida nel manifestare il proprio disinteresse verso l’universo maschile (sebbene con un numero decisamente inferiore di canzoni e sottotoni omoerotici).
Si sta parlando, ovviamente, di Rey, protagonista de “Il Risveglio della Forza”, settimo episodio della saga di Star Wars. Già abbiamo dissertato approfonditamente del cast e della trama: ci basta in questa sede ricordare che nemmeno i più accaniti detrattori del film e ferventi sostenitori del Primo Ordine possono esimersi dal riconoscere gli svariati meriti dell’eroina interpretata da Daisy Ridley.
Seguendo in pieno la tradizione di Star Wars, che nel corso degli anni ci ha a più riprese abituato a personaggi che ribaltavano completamente il tropo tradizionale della principessa in pericolo (Leia e la Morte Nera), Abrams ha alzato ulteriormente il tiro per l’Episodio VII, che ci viene consegnato scevro dagli aspetti di mero fan-service (“slave-bikini”) in favore di uno sviluppo caratteriale approfondito e dinamico, che delinea una Rey rispetto alla quale i comprimari maschi possono solamente cercare (fallendo semi-regolarmente) di stare alla pari.
Stupisce non poco, di conseguenza, la decisione diffusa, rispetto ai vari distributori di merchandising associato al marchio Star Wars, di ometterla quasi completamente dalla maggior parte dei prodotti dedicati.
Che giochi, ammennicoli e trappole per collezionisti varie abbiano un rapporto conflittuale con l’altro sesso, è un fenomeno tristemente noto e tutt’altro che limitato a un singolo universo cinematico: ce ne rendiamo rapidamente conto nel momento in cui proviamo a cercare qualcosa di collegato a Vedova Nera dei Vendicatori.
Se però nella maggior parte dei casi si è rapidi a perdonare l’omissione di un personaggio secondario, quando si tratta di una colonna portante del film ci si aspetta legittimamente una copertura non dico equivalente a quella di un Kylo Ren, ma almeno di un banale stormtrooper.
Il caso celebre di questi giorni riguarda per la precisione l’edizione Star Wars del Monopoli della Hasbro: per portare tra le stelle il gioco/principale causa di divorzio dal ’35 a oggi, chi di dovere ha pensato di selezionare come pedine Darth Vader, Luke Skywalker, Kylo Ren e… Finn (riuscendo al tempo stesso a non avere alcun senso tematicamente con quanto ci viene mostrato nei film e a far sembrare Finn un povero sfigato, in quanto unico non possessore di spada laser della confezione).
Trattandosi probabilmente della proverbiale torpedine protonica che ha fatto saltare la stazione spaziale, quest’ultimo, sfortunato episodio è stato quello che ha fatto scattare la protesta dei fan, raccolti sotto al vessillo-hashtag del #WhereisRey, che hanno prontamente chiesto a gran voce giustizia e parità di rappresentanza sessuale degli utilizzatori di Forza in tutti i prodotti commerciali Star Wars-correlati.
La Hasbro, resasi conto dell’errore, ha prontamente fatto marcia indietro, promettendo a tutti gli amanti del capitalismo in formato gioco da tavolo una più equa (e ragionata) scelta delle pedine per la successiva edizione dello stesso gioco (in uscita prossimamente questo stesso anno), e in un mondo normale ciò sarebbe probabilmente bastato. Purtroppo, invece, in uno dove non si riesce a credere che gli aerei possano volare senza diffondere nella nostra preziosa stratosfera non meglio identificate tracce chimiche, la gente ha giustamente iniziato a chiedersi: qual è il complotto?
Siamo forse tutti quanti vittime di una qualche cospirazione globale maschiocratica antifemminista? Ahimè, per quanto io per primo sarei più che entusiasta di poter attribuire la causa a qualche trama da b-movie alla “Iron Sky” (micro-cult-trash del 2012 di Vuorensola), temo che in questo caso la risposta riguardi meno i nostri occulti signori rettiliani e più una politica non particolarmente lungimirante da parte delle case produttrici di giochi.
In primo luogo, va tenuto presente quante poche informazioni queste ultime abbiano riguardo al proprio lavoro: nonostante una fetta sostanziosa del fatturato dell’industria cinematografica (e in particolare quella diretta all’infanzia, categoria alla quale Star Wars appartiene fin dagli esordi) derivi dalla vendita di prodotti correlati, i distributori ufficiali sono spesso considerati l’ultima ruota del carro, trovandosi ad operare con poco preavviso e ancor meno elementi, il che conduce talvolta a errori maldestri (ma trascurabili: ci è giunta per esempio notizia di modellini dello shuttle di Kylo Ren ad ali fisse anziché ad assetto variabile, perché nessuno aveva menzionato che tale funzionalità sarebbe stata mostrata nel film).
Inoltre (ed è questa la scusante cui la Hasbro ha fatto appello) per “Il Risveglio della Forza” abbiamo anche un notevole riserbo da parte di tutti coloro coinvolti nel film circa il ruolo effettivo di Rey e le sue capacità: basti pensare al fatto che in nessuno dei poster promozionali o nei trailer si facesse anche solo accenno alla possibilità che sarebbe stata lei a brandire una certa spada laser invece di Finn.
Un intento tutto sommato lodevole, quello di tutelare i consumatori più deduttivi da involontari spoiler, che se non l’assoluzione completa certo vale da attenuante per la Hasbro, soprattutto alla luce del dichiarato intendimento a fare ammenda, e che tuttavia solleva numerose altre questioni: vale ancora la pena di raggiungere certi livelli nell’era dell’Internet e degli spoiler imperanti? E quanti altri prodotti potenziali sono stati (e saranno) sacrificati nel corso degli anni su questo altare?
Come con le numerose questioni irrisolte dell’Episodio VII, possiamo solo sperare che nei prossimi anni ci arrivi un po’ di illuminazione al riguardo.
– Federico Brajda –