Come ho scritto in un mio precedente articolo dedicato alle questioni lasciate aperte dall’Episodio VII, ‘Il Risveglio della Forza’ ha saputo spaccare in due la fanbase di appassionati di ‘Star Wars’: da un lato c’è chi ha riscoperto la magia della Trilogia originale, dall’altro chi ha trovato il film poco più di un rifacimento venuto male dell’opera originale di Lucas. Sui forum, sui social network, persino sulla stampa specializzata i termini che girano con prepotenza, a volte solivaghi, altre combinati insieme, sono “remake” e “reboot”, ovviamente impiegati nella loro accezione deteriore. Ma è davvero così, o considerare ‘Il Risveglio della Forza’ un remake dell’Episodio IV è un giudizio avventato?
DISCLAIMER: Il presente articolo contiene SPOILER dal film ‘Star Wars – Episodio VII: Il Risveglio della Forza’. Se non siete già andati al cinema a vederlo, è sconsigliabile inoltrarsi nella lettura del pezzo. Però devo dirvelo, il film è uscito da più di una settimana: che state aspettando?!
GLI ELEMENTI IN COMUNE
Innegabilmente gli elementi in comune con i vecchi film sono molti: dal punto di vista estetico c’è il ritorno alle scenografie concrete, allo sporco “vero” della Trilogia originale; non mancano tante scene, battute, cameo che rappresentano omaggi (o citazioni), anche fuggevoli, all’Universo che abbiamo imparato ad amare, spesso in dipendenza di scaltre scelte di inquadratura (su tutte, la scena in cui Poe inserisce la mappa nel “cassetto” di BB-8); infine c’è la trama, che a grandi linee riporta a ‘Una nuova speranza’ e si conclude con la distruzione di una Morte Nera più grande e più cattiva, con tanti dettagli (come il canalone presidiato dai turbolaser) pedissequi a quelle celebri scene dell’Episodio IV. Tutto già visto, dunque? Vi spiego perché, secondo me, non è così.
IL CONTENUTO DEL DROIDE
Iniziamo da quella che sembra una questione di poco conto. Davvero BB-8 fa esattamente le stesse cose che fa R2-D2 in ‘Una nuova speranza’? Certo, serve alla Resistenza ed è ricercato dal Primo Ordine, ma la “Morte Nera” (usiamo questo termine generico per la Starkiller) non viene distrutta grazie alle informazioni portate dal droide: a rendere possibile la distruzione del pianeta-cannone sono il piano di Finn, le folli improvvisazioni di Han Solo e le abilità da pilota di Poe Dameron. Non la Forza. Nemmeno un droide. BB-8 si preoccupa solo di dirci dove si trovi Luke: differenze non di poco conto, dunque. È Finn, non il droide, a mettere in moto l’attacco ribelle alla Starkiller.
IN CERCA DI UN MENTORE
Nell’Episodio IV il mentore si palesa immediatamente: è “il vecchio Ben Kenobi” a cercare Luke e a instradarlo verso il suo destino. Qui non c’è nessun mentore. Se ci pensate, è una grossa deviazione non solo rispetto a ‘Star Wars’, ma anche ai meccanismi di base della mitologia. Per Rey un mentore potrebbe essere Han, ma fa la fine che fa, e comunque non può guidarla nelle vie della Forza. Ecco allora Luke, di cui tanto si parla per tutto il film, ma che compare solo alla fine e che non spiccica una parola.
La verità è che un mentore, in questo film, non può esserci: la vecchia guardia ha fallito su tutta la linea e sembra chiederci scusa con ogni sguardo. A pensarci, mette tristezza. Ma che fine ha fatto la Repubblica promessa da Leia? Che fine ha fatto la famiglia costruita con Han? Che fine ha fatto la nuova generazione di Jedi voluti da Luke? È tutto franato rovinosamente: Han, Leia, Luke hanno prodotto solo aborti e disastri.
NESSUNA PRINCIPESSA DA SALVARE
Molti paiono scordare che il fulcro dell’Episodio IV è il para-fiabesco salvataggio della principessa. Qui c’è qualcosa di analogo verso la fine della pellicola, quando Finn, Han e Chewbacca tentano di salvare Rey dalla base Starkiller, ma la verità è che lei è scappata da sola. La scena della ragazza che si arrampica sulle pareti della base mentre Finn pensa a come salvarla è emblematica dell’indipendenza di questa nuova eroina, che non sta mollemente adagiata ad aspettare un salvataggio.
IL PUNTO DI VISTA DEL MALE
Altro elemento inedito per i vecchi film: mai come ne ‘Il Risveglio della Forza’ abbiamo seguito gli eventi dal punto di vista dei “cattivi”. Il massacro al villaggio su Jakku (con vero sangue!), i dubbi del futuro Finn (che poi diserta), le crisi isteriche di Kylo Ren.
Molti si lamentano del fatto che il personaggio non sia paragonabile al vecchio Darth Vader. Per prima cosa dico: meglio così! Piuttosto che copiare Vader, la Disney ha scelto in maniera geniale di far sì che fosse il personaggio di Kylo Ren a cercare – fallendo – di emularlo. Ecco perché indossa una maschera inutile, che può togliere senza problemi: è solo un fanboy che vuole disperatamente essere chi non sarà mai. Le sue crisi isteriche, poi, i suoi eccessi di rabbia privi di ogni controllo, sono probabilmente la più riuscita rappresentazione su schermo che ci sia mai stata data dell’atteggiamento di un adepto del Lato Oscuro.
Per seconda cosa dico: ripensate al Darth Vader dell’Episodio IV. Sta in scena per meno di dieci minuti complessivi, è il cane ammaestrato di Tarkin, e pare che lo stesso Lucas fosse così rattristato dalla sua resa su schermo da desiderarne la morte (poi, fortunatamente, cambiò idea). In confronto, Kylo Ren regge il peso di quasi tutto il film praticamente da solo.
UN PARRICIDIO CONSUMATO
‘Star Wars’ è una storia di parricidio metaforico. Luke combatte inconsapevolmente col padre alla fine dell’Episodio V, ne scopre l’identità, e nell’Episodio VI va vicino ad ammazzarlo, ma si trattiene e non passa al Lato Oscuro. Nella Trilogia prequel il parricidio è metaforico, commesso (o tentato) da Anakin ai danni di figure maschili carismatiche che hanno dominato la sua vita.
Nell’Episodio VII, invece, Ben Solo va fino in fondo, uccide il padre volontariamente, dopo essere parso sul punto di redimersi. C’è poco da fare, una cosa del genere non era mai successa nei sei film precedenti: un vero parricidio, su schermo, non lo si era mai visto. Alla faccia del remake.
IL DUELLO FINALE
Devo ricordare male l’Episodio IV, perché non mi consta alcun duello finale, a colpi di spade laser, sulla Morte Nera che sta per essere distrutta: Luke era impegnato proprio a sparare nel condotto di scarico, ricordate? Ricordo invece quel siparietto a tre quarti del film, con due stoccate e Obi-Wan che spariva lasciando solo gli stracci, dopo essersi fatto uccidere volontariamente da Vader (altro parricidio simbolico?).
Qua il duello c’è, è lungo, è goffo, è fisico, e proprio per questo l’ho apprezzato più di quelli iper-coreografati della Trilogia prequel. E, tanto per cambiare le carte in tavola rispetto alla Trilogia originale, il buono vince in maniera schiacciante. Kylo Ren deve ringraziare il terremoto!
IL VIAGGIO DELL’EROE
In chiusura, ci tengo a sottolineare che ogni storia d’avventura che funzioni segue determinate dinamiche, magistralmente identificate da Joseph Campbell ne ‘Il viaggio dell’eroe’ (ve ne parla qui il nostro Michele Martinelli), per cui non c’è da stupirsi se Teseo, Gilgamesh, Luke Skywalker o Rey compiono un percorso analogo, con tappe immutabili. Aggiungiamo che la stessa saga di ‘Star Wars’ ha la tendenza a ripetersi (seconda Morte Nera, vi dice niente?), omaggiarsi e autocelebrarsi, e il gioco è fatto: l’Episodio VII può sembrare, a prima vista, un remake. Ma solo a prima vista, come una certa stazione spaziale troppo piccola per essere una luna.
– Stefano Marras –