Nel panorama letterario degli ultimi anni il fantasy l’abbiamo visto in tutti i colori, oramai. Ma devo ammettere – e palesarlo subito come un fattore positivo –, che nelle tonalità del “giallo” mi mancava. No, “Il nome della rosa” non viene catalogato come fantasy, bensì come storico. E no, non è il momento opportuno per aprire una diatriba tra il genere storico e quello fantasy. Oggi vi parlerò di quella giusta spolverata di intrigo e mistero, di caso da risolvere, di intricati rompicapi da sciogliere, che troverete in un high fantasy con panorama semi-medievale: ecco “I taccuini del ginepro”, edito da Effe 2. Demetrio Battaglia, autore di questi tre racconti e scrittore di altri romanzi tra i quali “I Veggenti di Arkhesya“, ha voluto creare un mondo articolato da diversi personaggi e da diversi stili letterari. Il connubio tra giallo e fantasy con cui ha realizzato i primi tre capitoli autoconclusivi del progetto “I taccuini del ginepro” avrà soddisfatto me, la famelica tiranna di Isola Illyon?
BELLADONNA, GINEPRO E FUNGHI: IL FASCINO (MORTALE) DELL’ERBORISTERIA
Non mi esimerò dal dirvi che, da folle brava disegnatrice e autrice di fantasy quale sono anch’io, ho potuto apprezzare dettagli in questi tre racconti che, forse, solo coloro che si trovano nella mia stessa situazione potrebbero notare. In primis, l’attenzione per la copertina e la rilegatura dei libri. Vi sembrerà una cosa da poco, specialmente nel caso siate divoratori di eBook, ma non è così – io sono un dinosauro che nella lettura vuole immergersi con tutti i cinque sensi, olfatto e tatto inclusi, quindi metto anche questo sul peso della bilancia nella recensione. Come si fa a non rimanere catturati dalla graziosissima confezione che include tutti e tre i racconti?La qualità della stampa è molto buona: l’autore non si è perso in copertine sfarzose, non ha piazzato davanti agli occhi di tutti una guerriera seminuda che ben poco avrebbe avuto a che fare col contesto della sua trama, e anzi, ha ben pensato di optare per una copertina del tutto vuota, collegandola alla storia, visto che quello che leggerete è un taccuino degli appunti del protagonista.
Partendo con la lettura, scoprirete che comunque tra le pagine sono presenti alcune illustrazioni (non più di cinque per racconto) realizzate da Valentino Meneghetti. Purtroppo, a fronte di questa cura lodevole nell’aspetto estetico, ho notato alcuni refusi durante la lettura: nulla di grave (e, ad essere sinceri, anche meno che in produzioni più blasonate), sia chiaro, ma mi sembra giusto segnalarli comunque. Ora, però, vado ad analizzare, pezzo per pezzo e da brava chirurga del fantasy, gli aspetti che ho apprezzato e quelli che non mi hanno convinta.
“La carrozza di Velestia” è il racconto che apre la saga: qui incontriamo Novir, giovane ragazzo che vuole indagare sul suo passato e che, per farlo, si ritrova per un malaugurato caso incastrato sulle ruote del destino di Syrus, mago saggio e un po’ scorbutico, famoso per la sua conoscenza erboristica. Mi ha colpito molto in positivo questo tocco da “erborista” del mago: è un elemento che mi piace nel fantasy, perché collega la magia con il mondo “reale” attraverso l’utilizzo di piante, erbe e funghi comuni o rari, solo apparentemente innocui. Insomma, quando leggendo le storie de “I taccuini del ginepro” scoprirete che le piante possono anche uccidere le persone, forse la frase “mangia le verdure, che ti fanno bene” non vi suonerà più tanto rassicurante. Senza volervi togliere la suspance della scoperta, vi dico solo che nel primo racconto – tra l’altro il più breve dei tre – la trama si snoda tra veleni e messaggi in codice, concludendosi con un colpo di scena tipico dei gialli. In questo caso devo, però, dire che il finale l’ho trovato un po’ troppo campato per aria, sbrigativo e sfuggevole: con qualche spiegazione in più, avrebbe sicuramente rivalutato le sorti messe in gioco fino a quel momento.
Il secondo racconto, “L’oscura ombra di Durebor“, è invece quello che ho apprezzato di più: un tempio, strane morti di giovani fanciulle e segni arcani dipingono qui un quadro più misterioso. Viene dato più spessore ai personaggi, e questo giova al progetto letterario di voler continuare la serie. Stavolta riesco anche ad apprezzarlo fino al finale.
L’ultimo racconto, “Lo Speziale“, è purtroppo quello che mi ha deluso di più di tutti. Non perché sia scritto male, ma perché oggettivamente deludente. La trama nei precedenti racconti è molto ben curata, precisa e scorrevole, accompagnata dalla scrittura sciolta dell’autore: proprio per questo non mi aspettavo che al terzo colpo ci fosse questo calo di qualità. A conclusione di questo, ho avuto l’impressione di fare quasi un passo indietro rispetto all’aspettativa alta con cui ero arrivata fino a quel momento.
Comunque, questo non mi ha privata della voglia di sapere come andranno a finire le vicende di Syrus e Novir. In ultimo, allegandovi il sito da cui è possibile acquistare i libri (è un caso che i racconti si trovino anche in alcune erboristerie?), mi permetto di prendere in prestito le parole di Syrus, come ultimo messaggio:
“[…] Ciò che è accaduto deve educarci a non essere indifferenti a quanto accade vicino a noi. Non ci può essere di alcuna utilità incolpare gli dei per la nostra cecità. Piuttosto è necessario chiedere perdono per non essere stati maggiormente vigili e pronti a leggere i segni. L’attenzione è l’unico segreto per non lasciarsi sopraffare dal male. Esso vive e prospera accanto a noi perché permettiamo che sia così.”
E voi, amici? Avete avuto modo di leggere “I taccuini del ginepro”? Se sì, fateci sapere cosa ne pensate!
– Elisa Erriu –
“I taccuini del ginepro” di D. Battaglia – Recensione
Isola Illyon
- Usare la conoscenza dell'erboristeria come mezzo per uccidere e scoprire l'assassino è una cosa originale;
- La prima persona e la scrittura stile diario/quaderno degli appunti rendono la lettura veloce e semplice;
- Sembra che l'autore abbia creato un mondo a parte, lontano (ma non troppo) dal nostro;
- La narrazione è troppo concentrata solo sul caso, dando così ai personaggi poco spessore;
- Il finale del primo racconto non è il massimo;
- Il terzo racconto non è all'altezza dei precedenti;
- Non è chiaro se il continuo ribadire dell'insolenza di Novir per le sue domande sia voluto o un leitmotiv accidentale;