“This is Major Tom to Ground Control / I’m stepping through the door / And I’m floating in the most peculiar way / And the stars look very different today / For here am I sitting in my tin can / Far above the world / Planet Earth is blue / And there’s nothing I can do” – David Bowie, Space Oddity
Non è nello stile che caratterizza la linea editoriale di Isola Illyon lanciarci nei cosiddetti “coccodrilli”, articoli di celebrazione un po’ pelosa scritti in occasione della morte di qualche artista. E infatti non lo faremo nemmeno stavolta, perché del genio di David Bowie non andremo a ricordare tutta l’infinita carriera musicale (glam rock, folk acustico, hard rock, elettronica, dance, ecc.), cinematografica o il fenomeno che rappresentò per quasi cinque decadi reinventandosi ed anticipando tutte le volte il costume e la cultura pop. Queste analisi le lasciamo volentieri ai siti specializzati: noi vogliamo celebrare in questo breve articolo lo strettissimo legame tra il Duca Bianco e il genere fantastico, ciò che Bowie ha lasciato in eredità a Sci-fi e fantasy, e ciò che questi generi hanno rappresentato per la sua carriera.
THERE’S A STARMAN WAITING IN THE SKY….
A partire dai primi passi nel mondo della musica e dello spettacolo, mossi dal quartiere londinese di Brixton (protagonista del brano Guns of Brixton dei Clash, corsi e ricorsi musicali) il giovane David Robert Jones mostra una decisa tendenza all’istrionismo, alla recitazione e al teatro, oltre al talento musicale. Ciò che resterà costante nella sua vita sarà il cambiamento e l’adattare il suo estro al contesto culturale, influenzandolo profondamente. Attenzione però a non scambiare questa attitudine per cieco opportunismo: Bowie rimarrà sempre coerente nel cambiamento, e la Mutazione sarà la grande e costante tematica del suo percorso artistico (lui stesso si dichiarò spesso affascinato dalla concezione buddista dell’Impermanenza). La mutazione: cosa c’è di più fantascientifico di questa? E infatti non a caso molti dei capolavori musicali di David Bowie sono di matrice spaziale o fantascientifica, nei testi, nelle atmosfere, nei video e nella messinscena di cui era maestro. Space Oddity (che abbiamo incluso nella top ten delle canzoni sci-fi) del 1969 rimane oggi uno dei pezzi più significativi del Duca Bianco, il quale confessò di averla composta dopo innumerevoli visioni del capolavoro di fantascienza 2001 – Odissea nello Spazio di Kubrick.
Il brano racconta della comunicazione tra il controllo a terra e un cosmonauta durante una missione spaziale e, al di là dei significati metaforici (chi dice una allegoria della nascita, chi del ritorno a Dio), resta di una bellezza struggente ed ebbe un impatto tale da essere mandata in onda lo stesso anno come colonna sonora nelle fasi finali dell’allunaggio da parte della BBC. Ma lo stesso si può dire anche del successivo (1971) e surreale Life on Mars?, che ha ispirato l’omonima serie sci-fi del 2006 nella quale il protagonista, trovatosi catapultato nel passato del 1973, si risveglia proprio ascoltando la canzone di Bowie. Oppure Starman del 1972 nella quale, in una fusione di musica, teatro, e travestimento suona nei panni di Ziggy Stardust in compagnia degli Spiders from Mars, consacrando definitivamente il glam rock. Ziggy Stardust, secondo il brano, non sarebbe un extraterrestre, come erroneamente si ritiene, ma un terrestre mutato dagli Antichi (non quelli di Lovecraft), alieni non antropomorfi che lo avrebbero inviato per annunciare la venuta di un Uomo delle Stelle (Starman, appunto).
Anche i successivi personaggi (come lo stesso Duca Bianco, aristocratico algido e appassionato di occultismo) in qualche modo presentano sempre degli aspetti fantastici.
DALLE STELLE AL LABIRINTO
Un artista così poliedrico e versato nella rappresentazione scenica non poteva non avere una carriera cinematografica di tutto rispetto, iniziata molto precocemente. David Bowie, a differenza di altri colleghi musicisti, si dimostrò un interprete di spessore, poliedrico (al netto di qualche bizzarria, come ne “Il mio West” di Pieraccioni) e mai banale, quasi sempre legato ai mondi fantastici che rappresentano un tema ricorrente di tutte le sue espressioni artistiche. Nel 1976 esordisce nella sua amata fantascienza come protagonista del film L’uomo che cadde sulla Terra, di Nicolas Roeg. Nei panni dell’extraterrestre Newton, Bowie dimostra subito tutto il magnetismo e la capacità recitativa, tanto da diventare il centro di gravità del film. Molte parti secondarie e cammei in film fantastici, come Nikola Tesla di The Prestige e Phillip Jeffries in Fuoco cammina con me fanno da contorno all’ambiguo, giullaresco, inquietante e dolce Jareth, il Re dei Goblin, che Bowie interpreta nel film fantasy del 1986 Labyrinth – Dove tutto è possibile, recitato accanto ad una giovanissima Jennifer Connelly. Questo per rimanere al solo ambito della cinematografia fantastica.
Peccato che all’avvento di Peter Jackson la sua carriera cinematografica fosse in gran parte già consumata: col suo look androgino e ambiguo, elegante e sottile, sarebbe stato un Elfo perfetto. Per esempio, io lo avrei visto benissimo nei panni di Thranduil. Che ne dite, Isolani?
Insomma, un artista che è sempre stato affascinato e si è nutrito di fantastico, e che lo ha spesso portato in scena intessendolo con il reale come se fosse la cosa più normale del mondo – influenzando il nostro immaginario e il nostro modo di vederlo più di quanto possiamo pensare.
Questo è solo un arrivederci, Uomo delle Stelle, che i venti spaziali ti siano propizi. Perché, come dice il mio concittadino Steve Kitkars, David Bowie non è morto: sono solo venuti a riprenderselo.
– Luca Tersigni –