Vi siete mai chiesti cosa accadrebbe se venissero bandite tutte le armi da fuoco nel mondo? E se questo stesso mondo finisse sotto il controllo di sette grandi baroni, crudeli e privi di scrupoli?
E se per mantenere il potere usassero dei guerrieri ninja super addestrati e fedelissimi? Bene, anche se domande del genere non dovessero esservi mai venute in mente, sappiate che c’è chi ha deciso di provare a trovare una risposta.
Per essere precisi si tratta di Alfred Gough e Miles Millar, ideatori della nuova serie TV americana Into the Badlands della AMC, la stessa emittente televisiva che si occupa di The Walking Dead, e che con la serie sui non-morti ha raggiunto il culmine della sua fama in tutto il mondo.
Into the Badlands sembra, almeno a giudicare dalla sua prima puntata, un incrocio tra Mad Max: Fury Road e Game of Thrones, con degli elementi che ricordano più un fumetto che una serie TV. In un mondo che potrebbe (o non potrebbe) essere quello in cui viviamo, dopo un qualche tipo di apocalisse sono state bandite le armi da fuoco, il potere è stato preso da sette baroni che controllano i loro sudditi con terrore e violenza, la schiavitù, le droghe e la prostituzione sono legali (da quel che sembra, almeno) e il diritto di comandare è ereditario. Tutto quello che c’è tra i sette regni conosciuti sono le Badlands, e nessuno pensa che ci possa essere qualcosa oltre ai loro confini. Il primo personaggio che incontriamo è Sunny, il capo dei Clippers (i guerrieri-ninja scelti di cui vi parlavo prima) di uno dei sette baroni, Quinn. Sunny è Daniel Wu, mentre il barone in questione ha il volto del nostro Celeborn, ovvero Marton Paul Csokas. Sunny è in missione per ritrovare un giovane ragazzo dal passato misterioso di nome M.K., rapito al suo padrone. Lo trova, affetta i rapitori, e lo riporta alla base. Questo accade nei primi minuti della puntata, ma ben presto ci ritroviamo catapultati in combattimenti sempre più spettacolari, a mani nude o ad arma bianca, che se all’inizio possono esaltare, alla lunga potrebbero correre il rischio di diventare noiosi. Tra uno scontro e l’altro incontriamo il barone Quinn, sua moglie e il loro figlio, futuro erede del patrimonio del padre. Un barone può avere tutte le mogli che vuole, e subito viene mostrato il carattere di Quinn, una persona crudele e meschina, ma di quel tipo che alla fine affascina gli spettatori. Incontriamo Jade, Sarah Bolger, futura nuova moglie di Quinn, che all’inizio sembra una casta e pura verginella, ma che negli ultimi minuti della puntata fa cambiare rapidamente opinione su di lei. Ah, e dopo un po’ viene mostrata la storia d’amore segreta e proibita tra Sunny e Veil (Madeleine Mantock), e… hey, ma nel mondo di Into the Badlands ci sono solo madri, mogli o amanti? Le donne non hanno altri ruoli? No, assolutamente no. Infatti uno dei baroni, l’ultimo arrivato, è una donna, interpretata da Emily Beecham. Come avrà fatto una donna a diventare una dei padroni del mondo? Ebbene, il suo nome in codice è “La Vedova”, a causa del fatto che Quinn ha ucciso suo marito. E in un dialogo l’uomo sottolinea come il fatto di essere vedova di un barone non la renda una pari di suo marito.
Che bello… bene, i personaggi femminili per il momento sono stereotipati tanto quanto quelli maschili (questa sì che è parità dei sessi!), ma non temete, perché Into the Badlands ha anche dei lati positivi. Il pilot ci dice un sacco di cose, ci parla di questo mondo sconosciuto e crudele, di un luogo misterioso chiamato Azra in cui si potrebbe fuggire per trovare la felicità, di gravidanze inaspettate, tradimenti, misteri, duelli, questioni familiari simili a quelle di Beautiful e qualche scialbo scandalo di palazzo. Insomma, troppa roba per una sola puntata, che finisce per sfiorare ogni argomento in modo troppo superficiale, lasciando così lo spettatore insoddisfatto, ma devo dire anche curioso.
In ogni caso le ambientazioni, le riprese e le scelte cromatiche sono di tutto rispetto, quasi come la grafica di un grande gioco di ruolo, rendendo la parte visiva quella più riuscita di tutta la prima puntata. I colori sono intensi e brillanti: il rosso, in particolare, viene spesso ripetuto, nei vestiti, nelle bandiere di Quinn, nei suoi papaveri, come a voler sempre ricordare che siamo in un mondo dove il sangue scorre a fiumi e impregna tutto ciò che ha attorno. E questa profondità di colori rende i personaggi stereotipati accettabili, perché come il verde dell’erba sembra voler rappresentare tutti i verdi del mondo, anche Sunny è il migliore esempio di un guerriero fedele, M.K. di un ragazzo che vuole fuggire, e così via per tutti gli altri – come, appunto, in un fumetto. Certo, una serie dovrebbe usare un linguaggio diverso da quello della carta, visto che un volume può concentrare quello che in televisione può venire spalmato in diverse puntate, diluito ed esplorato in modo migliore.
Alla fine Into the Badlands sembra avere le carte in regola per rivelarsi una produzione interessante, semplice (almeno per il momento, visto che le promesse da mantenere sono molte), ma che non sa affascinare abbastanza. Si può definire bene in una sola parola: tamarro. Ma in senso buono e probabilmente, considerato il risultato, l’idea dei suoi creatori era proprio quella. Quindi, bene? Forse sì, forse no, chi vivrà, e avrà voglia di guardarsi anche le prossime puntate, vedrà. Per ora non ci sono notizie su un possibile arrivo in Italia, ma come sempre vi terremo aggiornati.
– Caterina Gastaldi –
Into the Badlands: recensiamo la prima puntata
Caterina Gastaldi
- Un'ambientazione diversa dal solito;
- Colori vividi e, in generale, belle ambientazioni;
- C'è da apprezzare la voglia di sperimentare della AMC;
- Personaggi molto stereotipati, così come alcune meccaniche decisamente scontate;
- Troppe cose mostrate in maniera troppo superficiale;
- Non è stata una puntata abbastanza coinvolgente da far venire voglia di vedere le altre;