A molti di voi sarà sicuramente familiare quella sensazione di smarrimento e malinconia che ti coglie nel momento in cui leggi le ultime righe di un libro che ti ha appassionato e tenuto compagnia per giorni e giorni (od ore, nel caso dei lettori più rapidi – o insaziabili): chiudete sopra di esse l’ultima pagina, accarezzate distrattamente la copertina, e vi sembra che la vostra vita sia diventata un pochino più vuota. Certamente, una simile esperienza risulta esponenzialmente intensificata quando le ultime righe non sono solo quelle di un libro, ma di una intera saga che, appartenendo al genere fantasy, probabilmente sarà entrata nella vostra vita molti anni prima, e che stagione dopo stagione vi ha legati a doppio filo alle sue sorti, tra capitoli in anteprima, traduzioni più o meno ufficiali, ed edizioni italiane dalla frequenza erratica.
Se sapete di cosa sto parlando sicuramente allora capirete il sapore dolceamaro che ha per me il consegnarvi la recensione de “La Signora del Lago” (Editrice Nord), conclusione della pentalogia del Sangue degli Elfi di Andrzej Sapkowski e delle travagliate vicende dello strigo Geralt di Rivia, protagonista della pluripremiata serie di videogiochi di “The Witcher” (sviluppata da CD Projekt RED).
Sono circa cinque anni, dall’uscita de “Il Guardiano degli Innocenti” (sempre per la Nord, editrice dell’intera collana), che mi dico che questo momento sarebbe arrivato. Qualcosa finisce, cerca di far capire l’autore per bocca di diversi personaggi in questo e in altre sue opere: i giorni diventano sempre più freddi, il mondo peggiore, la vita più difficile. La fine del sentiero, per il nostro strigo preferito, la sua amata Yennefer e la piccola Cirilla, è tutt’altro che in discesa. Il destino tesse le sue trame attorno a loro in un intrico di giochi di potere, ragion di stato e realpolitik che, calata in un mondo sulla carta idilliaco e fiabesco, colpisce anche questa volta il lettore con la violenza di un maglio, precipitandolo in una spirale di violenza fino a una conclusione che agli appassionati del videogioco (ma anche i lettori più attenti) apparirà scontata e inevitabile, ma non per questo meno sconvolgente.
Che dire del libro? Se non avete mai preso in mano Sapkowski, il consiglio è: fatevi furbi, espiate il vostro peccato contro la letteratura e andate a leggervi la serie per intero. Se invece siete familiari con i lavori dell’autore (come del resto la logica si aspetterebbe da chi si appresta a leggere l’ultimo libro di una serie), è forse il caso di perdersi in qualche superflua rassicurazione: lo stile e la grinta dell’autore polacco risultano ancora una volta inossidabili.
Il tono dell’opera, dalla brutalità non lesinata ma neppure ostentata al cinico umorismo che si cristallizza senza soluzione di continuità in momenti capaci di toccare ogni singola corda dello spettro emotivo, rimane assolutamente inalterato, e al tempo stesso non mancano le sperimentazioni nella struttura dei capitoli e nel ritmo, struttura che ha visto alterazioni lievi, ma costanti, in tutti i libri dedicati allo strigo. Sapkowski riconferma ancora una volta la scioltezza nel passare dal generale al particolare, incastrando le vicende piccole e quotidiane di protagonisti e comprimari all’interno di scenari grandiosi quanto devastanti, riannodando al tempo stesso fili lasciati apparentemente in sospeso, riportando con naturalezza sulla scena persone, fatti, nozioni sparpagliate con sapiente noncuranza in tutto il corpus letterario delle imprese di Geralt.
Sul piano narrativo ci troviamo dunque di fronte a una lettura rapida e gradevole, che scorre piacevolmente e che vi terrà con il naso incollato tra le pagine: al tempo stesso, il testo è cosparso di riferimenti, omaggi e citazioni dal teatro, dalla letteratura, dalla Storia, che oltre a fare la gioia del lettore più attento, contribuiscono a impreziosire l’opera elevandola ben al di sopra degli stereotipi di un genere che, nell’immaginario collettivo e, talvolta, nella realtà, sacrifica la verosimiglianza in favore di tropi che sconfinano nel cliché e scene fin troppo “sopra le righe” in nome dell’epicità. Un’opera intelligente e studiata fin nei dettagli, che trova uno dei propri punti di forza anche e soprattutto nell’estrema, tragica realtà dei personaggi, che a partire dal loro miscuglio di luci ed ombre, pregi e difetti, punti di forza e fragilità (soprattutto fragilità) ricreano nel dipanarsi degli eventi delle scene al contempo verosimili, toccanti, e dal respiro epico.
Purtroppo, la perfezione non è di questo mondo, e l’opera ci mostra in questo caso sostanzialmente due criticità. Da un lato troviamo un’apertura lenta e sotto tono, se confrontata ad altre cui Sapkowski ci aveva abituato: gli appassionati della serie non troveranno certo difficile chiudere occhio e perseverare nei momenti di stanca, e tuttavia si tratta di una sbavatura che risalta nettamente sullo sfondo di altissimo di livello che permea l’opera. La vera nota dolente, tuttavia, è rappresentata dagli antagonisti, che con un inspiegabile scostamento rispetto a quanto avevamo visto fino a questo punto, abbandonano del tutto il complesso e originale sviluppo caratteriale proprio di tutti i personaggi dell’opera, per ritrovarsi in uno scomodo quanto fuori luogo stereotipo monodimensionale che sconfina a tratti in una generica rappresentazione di arci-nemico da film di James Bond: scelta pressoché inspiegabile per un autore che ci aveva abituato a un registro decisamente più elevato.
Si tratta, tuttavia, di peccati assolutamente veniali, che probabilmente nemmeno avremmo potuto rilevare all’interno di una cornice meno ineccepibile, e che nel complesso possono detrarre veramente poco da quello che non esito a definire un capolavoro.
In conclusione, è impossibile esimersi dall’elogiare “La Signora del Lago”, degna conclusione di una delle serie fantasy più azzeccate di tutti i tempi, del cui carisma e originalità sentiremo certamente la mancanza per parecchio tempo.
Ma non disperiamoci troppo! Qualcosa finisce, ma qualcosa comincia: avremo pur sempre i tre eccellenti videogiochi (a prescindere dalla loro canonicità, messa in discussione dallo stesso Sapkowski), e almeno un altro romanzo avente come protagonista Geralt, “Sezon burz” (La Stagione delle Tempeste), che, chissà, potremmo veder tradotto un giorno anche nella lingua di Dante.
– Federico Brajda –
Recensione “La Signora del Lago” di A. Sapkowski
Federico Brajda
- Trama complessa, verosimile, avvincente, ma non eccessivamente ingarbugliata;
- Personaggi realistici, credibili ed eccezionalmente incisivi;
- Stile di scrittura inconfondibile, elegante, puntuale, e perfettamente adeguato ai temi;
- Primo quinto del libro piuttosto singhiozzante come ritmo e "presa" sul lettore;
- Scivoloni, spesso anche radicali, nella caratterizzazione di alcuni dei personaggi principali della vicenda;
- Mhm... prima o poi si arriva alla fine?