Avendo sentito peste e corna in merito a ‘Terminator Genisys’, confesso di essere partito con aspettative bassissime verso questo quinto capitolo del franchise avviato da James Cameron nel lontano 1984. Forse è proprio per questo che, alla fine, mi sono goduto questo paio d’ore d’intrattenimento in salsa hollywoodiana più di quanto avrei mai potuto immaginare. O forse perché ‘Terminator Genisys’ non è poi quel disastro totale che è stato preannunciato dalle cassandre di mezzo mondo… certo, solo se non si considera quel titolo – G-E-N-I-S-Y-S – provate a ripeterlo! – che costringe a digrignare i denti mentre lo si pronuncia e che in futuro potrebbe essere utilizzato per far sorridere forzatamente i partecipanti alle foto di gruppo: “Dite Genisys!”
DISCLAIMER: Il presente articolo non contiene SPOILER dal film, al di là di un’infarinatura di massima sulla trama e dei riferimenti imprescindibili per capire l’argomento trattato.
Diamo appunto, come preannunciato, giusto un’infarinatura sulla trama. Siamo nel 2029: la guerra della Resistenza umana contro Skynet va a gonfie vele, al punto che John Connor (uno sfregiatissimo Jason Clarke) riesce ad infliggere un colpo letale alla rete più antipatica di tutta la fantascienza mondiale – a Matrix, in fin dei conti, vogliamo anche un po’ di bene. Ovviamente non si può impedire alle macchine di spedire nel passato un T-800 (che ha le fattezze, realizzate in una computergrafica a tratti discreta, a tratti imbarazzante, di un giovane Arnold Schwarzenegger), che punta come sempre al 1984 e alla indifesa Sarah Connor (Emilia Clarke, la Daenerys de ‘Il Trono di Spade’). Una strana concomitanza fra il destino e le profezie autorealizzanti fa sì che sia Kyle Reese (Jai Courtney) il prescelto per viaggiare nel tempo. Ma durante l’operazione qualcosa va storto: nel 2029 si verifica un evento talmente pazzesco (in un certo senso lo è davvero…) da scombussolare il continuum spazio-temporale. Il risultato è che Kyle Reese si trova in un 1984 in cui Sarah è stata “adottata” da un T-800, è al corrente di quali sviluppi le riserverà il futuro, ed è diventata una guerrigliera provetta. Non solo: la data del leggendario Giorno del Giudizio è slittata di vent’anni, dal 1997 al 2017. Il resto, lasciamo a voi il piacere (o il dispiacere, a seconda dei punti di vista) di scoprirlo, sempre che trailer e locandine non vi abbiano già rovinato la sorpresa – noi non lo faremo.
I paradossi spazio-temporali sono sempre stati l’ingrediente base del franchise, ma in tutta franchezza mi chiedo: cosa poteva raccontarci ancora ‘Genisys’, dopo quattro film in cui questi paradossi sono stati combinati e ricombinati in ogni maniera possibile? Per carità, qualche colpo di scena non manca, ma alla fine la combinazione è sempre un po’ quella: Reese + Connor = John Connor, non si scappa. Forse di questo reboot non si sentiva il bisogno, non più di quanto lo si sentisse già, a suo tempo, di ‘Terminator Salvation’, e così come, in tutta onestà, non posso dire di attendere con ansia un eventuale sequel di ‘Genysis’ (si sa, basta qualche rimescolamento a livello di spazio-tempo e anche il finale da commedia romantica può saltare in un attimo).
Dietro la cinepresa c’è Alan Taylor, che ha già lavorato con la Clarke tra la prima e la seconda stagione di ‘Game of Thrones’, e che ha girato ‘Thor: The Dark World’ per il Marvel Cinematic Universe. Una connessione tra le due pellicole, effettivamente, non tarderete a notarla, perché anche ‘Genisys’ soffre di problemi già riscontrati nel lungometraggio del dio del Tuono: entrambi durano forse più del necessario, manifestando di conseguenza vistosi cali di ritmo (la scena in cui vengono riempiti i caricatori è emblematica in questo senso), il che è un peccato, perché le scene d’azione sono girate in maniera piuttosto convincente (al netto di quanto già detto sulla Clarke), con dovizia di effetti speciali (a volte quasi frastornanti).
Ciò detto, voglio subito lanciarmi in lodi sperticate nei confronti di Arnold Schwarzenegger, che è, senza dubbio e senza mezzi termini, la cosa migliore del film. Non quella becera versione ringiovanita con la CGI, ma questa, dura come granito, invecchiata al punto giusto, alla quale ormai siamo forse più affezionati rispetto alla vecchia. “Sono vecchio, non osboleto”, recita il nostro T-800 preferito come se fosse un mantra, ed è la pura verità: Schwarzy è inossidabile, anzi, forse migliora pure con l’età. Ci vuole un vero talento per trasmettere un senso di simpatia e di familiarità in quei sorrisi caricaturali, ci vuole un’abilità tutt’altro che scontata per rendere espressivo un robot che, quasi per definizione, è privo di espressione: Schwarzenegger possiede queste qualità, e se a quasi settant’anni, dopo essere stato Governatore della California, ha ancora voglia di mettersi in gioco e di tenere testa a tutti i comprimari più giovani e rampanti, forse un “grazie” se lo merita.
Peccato, però, per il contesto in cui Arnold deve inserirsi, quello del “papà” adottivo di Sarah Connor che, con l’arrivo di Kyle Reese, scivola verso il tipico triangolo hollywoodiano padre-figlia-spasimante della figlia. Intendiamoci, molte battute non sono male, sono calate al momento giusto e Schwarzy ha già dimostrato di poter gestire perfettamente anche dei ruoli comici… ma l’effetto è straniante: non è da ‘Terminator’, punto. Paradossalmente, quelle in cui deve interpretare la figlia poco più che adolescente di un robot sono le scene in cui Emilia Clarke (più bella che mai con i capelli al naturale) rende al meglio – la ragazza potrebbe avere un inaspettato talento comico. Purtroppo stona un po’ nelle scene d’azione, nelle quali, a mio avviso, già dai primi trailer dava l’impressione di essere calata un po’ a forza, come se volesse dimostrare a tutti di essere una vera badass. L’autentico badass, però, non si pone nemmeno il problema. Discreta la prova di Jai Courtney, un Reese di fatto co-protagonista della Clarke, che sembra gestire decisamente meglio della collega il passaggio dalle scene d’azione alle gag comiche, complice anche un physique du rôle che nella Clarke latita (c’è una scena che lo evidenzia in maniera impietosa).
Il problema della sceneggiatura (e più in generale del film) è proprio qui: manca l’anima. Forse non in sé e per sé, ma di sicuro come erede dei ‘Terminator’ realizzati da James Cameron. È totalmente assente l’atmosfera cupa e dura dei capolavori che hanno dato inizio alla saga di cui ‘Genisys’ pretende di essere erede; i momenti comici hanno uno spazio inusitato, non c’è dramma, non c’è tormento, non c’è, appunto, anima. La riflessione che fa da sfondo al film (“Il futuro è già scritto?”) rimane in secondo piano, senza mai salire sulla ribalta che meriterebbe in quello che afferma di essere un film di fantascienza. Non ci sfiora neanche per un istante il dubbio che i nostri eroi non ce la possano fare: non perdiamo la speranza perché è lo stesso tono del film, leggero e ilare, ad escludere che le cose possano andare per il verso sbagliato. Manca qualcosa, qualcosa non di poco conto.
Tirando le somme, dunque, ‘Terminator Genisys’ non è, in sé e per sé considerato, un brutto film. Fa il suo: ha azione, ha humor, ha effetti speciali e finanche un accenno di seno della Clarke come faticavamo da tempo a vederne ne ‘Il Trono di Spade’. Insomma, diverte. Come parte della saga di ‘Terminator’, però, non raggiunge nemmeno la sufficienza. Rinuncia completamente all’anima del franchise, mantenendo un tono perlopiù comico, brandendo il pretesto di una riflessione su destino e predestinazione che però non ha nemmeno il coraggio di svolgere per davvero. Gli appassionati della saga creata da James Cameron dovrebbero probabilmente, se tengono alla salute, evitarlo; i neofiti possono invece trovare un film che fa passare un paio d’ore senza troppi incidenti e, chissà, magari anche approfittarne per scoprire le pellicole originali.
E voi, Illyoners? Avete visto il film? Qual è la vostra opinione in merito?
– Stefano Marras –
‘Terminator Genisys’: la recensione!
Isola Illyon
- Arnold Schwarzenegger è senz'altro la cosa migliore di questo film;
- Gag umoristiche non malvagie;
- Il gioco di citazioni coi primi due film;
- Tanti effetti speciali;
- Scene d'azione adrenaliniche e qualche colpo di scena;
- Il film è molto lontano dalla cupezza dei primi capitoli;
- Terminator nei panni del papà che fa il geloso con lo spasimante della figlia ha un effetto straniante;
- La resa un po' incostante dell'Arnold "ringiovanito" con la CGI;
- Ritmo a tratti lento;
- Durata forse eccessiva;
- Alcune forzature nella sceneggiatura;