Diverse volte, qui su Isola Illyon, avrete letto di realtà virtuale applicata al fantasy e del futuro dell’intrattenimento videoludico: sono temi che fino a qualche anno fa sembravano appartenere ad un futuro remoto, ma che invece ora sono più vicini che mai. Unite questa cosa al fatto che oggi tutto ciò che riguarda la tecnologia e in special modo il mondo dei videogiochi stia prendendo sempre più piede anche nel pubblico di massa, e otterrete l’attenzione delle case cinematografiche: è proprio così che negli ultimi mesi si è sentito molto parlare di questo “Player One”, opera di Ernest Cline pubblicata in America nel 2010 (col nome originale di “Ready Player One”) e giunta anche da noi l’anno seguente grazie a ISBN Edizioni.
Non vi stupite troppo se è la prima volta che sentite questo titolo o lo stesso autore: il nostro amico è un pelo più conosciuto nel mondo della celluloide che in quello della carta stampata. Lì ha scritto la sceneggiatura per un film chiamato “Fanboys”, prodotto da Kevin Spacey, che non ebbe molto successo nonostante fosse un simpatico tributo a tutti i nerd del mondo, specialmente se appassionati di Star Wars. Ma, come anticipavo prima, ultimamente anche la nostra Lucrezia vi ha dato un’interessante notizia su “Player One”: ad aprile è stato ufficializzato che Steven Spielberg si occuperà della sua trasposizione su grande schermo, ed è per questo che ho pensato di “prepararvi” psicologicamente al film proponendovi una bella recensione dell’opera originale, con la quale magari potrete anche farvi un’idea di cosa ritrovarvi di fronte agli occhi una volta seduti sulle comode poltroncine rosse del vostro cinema.
Partiamo dalla trama: “Player One” è ambientato in un ipotetico 2045, dove la Terra è ormai un pianeta sovrappopolato e prossimo all’esaurimento di tutte le fonti energetiche. In questo scenario, l’unico svago rimasto alla gente comune è un videogioco chiamato OASIS, una sorta di incrocio tra “Second Life” (ve lo ricordate?) e un MMORPG, dove l’utente è completamente immerso in quel mondo attraverso un casco di realtà virtuale e dei guanti aptici, che gli permettono di replicare in gioco ogni movimento compiuto nella realtà. La storia è narrata dal punto di vista di Wade Watts, un diciottenne fruitore di questo gioco, per lui unica via di fuga dalla triste realtà, che si trova a dover affrontare la più grande sfida della sua vita: il creatore originale di OASIS, James Halliday, è morto, e ha lasciato in eredità la gestione totale del suo gioco a chiunque riesca a scovare un Easter Egg, ovvero un segreto nascosto all’interno dei OASIS. Tutti i utenti si lanciano quindi alla ricerca di tre misteriose chiavi che dovrebbero risolvere l’enigma, compreso Wade, che sente di avere un importante vantaggio sugli altri, essendo un profondo conoscitore della vita di Halliday, nonché appassionato degli anni ’80, il periodo in cui l’uomo è cresciuto.
Su questo libro si potrebbero dire tante cose, anche se non tutte positive, purtroppo. Innanzi tutto: a quale pubblico è indirizzato? La narrazione è fruibile un po’ a tutti, questo lo specifico, ma ovviamente se non avete un minimo di conoscenze di videogiochi, potreste incappare in passaggi poco chiari, nonostante l’uso assai parsimonioso di termini più tecnici (che, tra l’altro, nella maggior parte dei casi sono spiegati). Altro ostacolo potrebbero essere i continui rimandi agli anni ’80, periodo palesemente molto caro all’autore: troverete citazioni di gruppi musicali del tempo, come i Rush, ma anche film che hanno segnato quell’epoca, come Guerre Stellari, Indiana Jones, Ritorno al Futuro, senza considerare alcune delle pietre miliari dei videogames che affollavano le sale giochi (Pac-Man, Black Tiger, Joust…) e prodotti giapponesi ancora oggi molto celebri (Mobile Suit Gundam, Ultraman, Godzilla…). Ammetto che qualche nome di coin-op in cui sono incappato era sconosciuto anche a me che ho da un paio di anni superato il quarto di secolo, quindi immagino che i lettori più giovani potrebbero avere difficoltà ancora maggiori ad ambientarsi in un contesto a loro decisamente estraneo, nonostante le note a piè di pagina facciano il possibile per spiegare il necessario. Mi aspettavo, poi, un racconto un po’ più articolato e con qualche colpo di scena, mentre la storia scivola via in maniera abbastanza piatta, con una caratterizzazione dei personaggi piuttosto scialba e alcune tematiche importanti soltanto vagamente accennate dall’autore – come l’omosessualità o anche la morte, che se ben approfondite avrebbero sicuramente regalato molto più spessore alle vicende. Devo ammettere, comunque, di essere rimasto piuttosto soddisfatto da alcuni elementi descrittivi: il primo è il contesto storico in cui è ambientato “Player One”, questo mondo quasi sull’orlo del baratro, riportato dall’autore in maniera estremamente plausibile, tanto da convincermi che non sia uno scenario tanto lontano da quello che, tra non molto, potrebbe presentarsi di fronte ai nostri occhi; il secondo è la cura con cui Cline spiega il rapporto di Wade col mondo virtuale: l’autore illustra con dovizia di particolari la giornata tipica del ragazzo, di come riesca a guadagnarsi da vivere, a studiare, a fare esercizio fisico e a nutrirsi, rispondendo efficacemente a molti dei quesiti che sorgono al lettore nel momento in cui si chiede come faccia a sopravvivere il protagonista trascorrendo il 90% del suo tempo collegato ad OASIS.
Insomma, in definitiva mi sento di consigliare particolarmente la lettura a chi ha nostalgia della cultura pop degli anni ’80: per queste persone, “Player One” potrebbe essere considerato un piccolo diario di un’epoca, un modo per rivivere dei momenti piacevoli della propria vita. Per tutti gli altri, non penso sia una lettura imprescindibile, né tantomeno posso assicurare che riuscirà a tenervi impegnati fino alla fine, ma se siete curiosi, dategli comunque una possibilità.
Chi di voi l’ha già letto? Siete d’accordo con me?
– Mario Ferrentino –
Player One di Ernest Cline – Recensione
Mario Ferrentino
- Il futuro in cui è ambientata la storia è probabilmente quello a cui andremo incontro nella realtà;
- Le descrizioni della vita del protagonista sono accurate al punto giusto;
- Un vero tuffo nel passato per chi è cresciuto negli anni '80;
- Storia piatta e prevedibile;
- La maggior parte dei comprimari non ha spessore;
- I lettori giovani saranno disorientati dalle varie citazioni;