
Copertina originale del Trono d’Ombra, illustrazione di Paul Youll
Nel momento in cui la confrontiamo con eventi dedicati (dal Lucca Comics in giù), una manifestazione come il Salone del Libro di Torino sembra offrire relativamente poco agli appassionati della narrativa fantastica. Certo, noi che viviamo a pane e fantasy siamo spesso anche degli accaniti lettori, la cui dieta si basa principalmente sul consumo di carta stampata: e tuttavia, il Salone del Libro può rappresentare qualcosa di troppo generico e dispersivo. Abbiamo dozzine di editori e centinaia di libri, ma forse uno su venti è di argomento fantastico, e spesso scompare seppellito da una valanga di saggi storici, testi d’attualità, romanzi gialli, ecc. Proprio a causa di questa varietà di argomenti, c’è poi chi preferisce puntare fin dall’inizio su case editrici rinomate (come Mondadori e Feltrinelli), vivendo di fatto la stessa esperienza dell’andare alla libreria sotto casa (per la quale, tuttavia, raramente è necessario prendere un treno, farsi mezz’ora di coda, e pagare un biglietto di ingresso). Rispetto all’umile smerciatore di libri di quartiere, tuttavia, il Salone possiede un valore aggiunto: quello delle piccole case editrici. Come ci spiega Alessandro Fusco, autore e editore, fin troppo spesso le librerie obbediscono a una severa politica di rotazione delle opere di autori minori e/o esordienti, soprattutto se pubblicati da case editrici minori o di nicchia, senza consentire loro di entrare in contatto e farsi conoscere dal grande pubblico. È qui che si inseriscono quindi le grandi manifestazioni, che da vere e proprie livellatrici pongono tutti (più o meno) sullo stesso piano. Dopo il reportage dell’evento ad opera del nostro Luca, vediamo più specificatamente cosa siamo riusciti a pescare tra i banchetti e gli stand del capoluogo piemontese
Sul versante internazionale, le proposte più interessanti sembrano provenire dalla Fanucci Editore. Non esattamente una novità; con “Il Trono d’Ombra” (uscito lo scorso febbraio), seguito de “I Mille Nomi”, prosegue la saga epic fantasy in odore di polvere nera di Django Wexler, tra misteri, guerre, palle di moschetto e (invero, poche) stregonerie. Caratterizzate dal basso tasso di componente magica e dal massiccio investimento nelle questioni belliche, le opere di Wexler senza dubbio approcciano l’ambiente fantasy (genere all’interno del quale rientrano a pieno titolo) secondo un’ottica originale sia geograficamente (con ambientazioni più mediorientali che europee) che temporalmente: niente cavalieri medievali intenti a scambiarsi mazzate a colpi di spada, bensì soldataglia alla Richard Sharpe (protagonista dei romanzi storici di Bernard Cornwell) che tenta di sopravvivere tra scariche di fucileria e bordate di artiglieria da guerra napoleonica.

Copertina originale di Valour: l’Astro Splendente
Più sul classico andiamo con la serie de “La Fede e l’Inganno” di John Gwynne, dove il fato delle Terre dell’Esilio, minacciate dalla guerra e da creature mostruose, sembra incentrarsi sempre di più intorno alla figura del profetizzato salvatore, la Stella lucente. Il secondo titolo della saga, tradotto in italiano come “Valour: l’Astro splendente”, sembra riconfermare la qualità della trama ricca di brutalità e intrighi all’interno di una dettagliata ambientazione norrena, pescante a piene mani dalla mitologia britannica e gallese.
Intanto la Mondadori, evidentemente in attesa che George Martin si decida a proseguire con “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco”, continua a rilanciare opere dell’autore statunitense che decisamente ci piacerebbero di più se avessero una qualche attinenza con la trama de Il Trono di Spade: tra brossure e edizioni accessorie della ormai ventennale saga, ad aprile si segnala in catalogo per il buon George “I Canti del Sogno – Volume I”, antologia di racconti in linea con “Le torri di Cenere” e “I Re di Sabbia”, dello stesso autore. Accanto a quest’ultimo si ricorda inoltre “La Principessa e la Regina (e altri racconti di donne pericolose)” traduzione italiana della prima metà “Dangerous Women” (quella che non contiene Brandon Sanderson, purtroppo), testo curato da Martin e Gardner Dozois, con il gustoso surplus di un romanzo breve per l’universo de Le Cronache risalente ai tempi della sanguinosa guerra civile nota come Danza dei Draghi, centinaia di anni prima degli eventi principali della serie (la nostra recensione la trovate qui). Doverosa è poi la menzione del volume quarto dei Regni di Nashira, di Licia Troisi (autrice presente al Salone, approfondita altrove tra le pagine di Isola Illyon).
Con l’eccezione appunto di quest’ultima, per quanto riguarda gli autori italiani dobbiamo rivolgerci a case editrici minori, la cui reperibilità (o anche conoscenza) non sempre è assicurata a livello locale, ma che per passione e impegno non sono secondi a nessuno. Queste piccole case editrici, peraltro, sono spesso anche in grado di offrire delle linee editoriali fortemente caratterizzate: come ci spiegano allo stand della Dunwich Edizioni, per un autore esordiente o comunque non molto conosciuto, investire sul commerciale, presentando trame e argomenti di tendenza (vera o presunta), raramente si rivela una scelta oculata – ciò che conta è l’originalità (oltre, naturalmente, al talento nella scrittura). E infatti, nel catalogo della stessa Dunwich, ci si può imbattere in opere decisamente sopra le righe, che spaziano dal fantasy-steampunk (serie di “Infernal Beast” e “Incubi a Vapore”) all’horror (“Ritorno a Dunwich”), passando per generi meno di nostra competenza come il thriller e il romance.
Ben più prossima a posizioni classiche è invece la Gainsworth Publishing, nel cui catalogo qui segnaliamo titoli degni di nota come i primi due volumi della trilogia di “The Dark Hunt” (di Julia Sienna) e la recente antologia “Occhi di Drago”.
Caso a parte è poi costituito dalla vicenda editoriale del collettivo Specchio Nero, che recentemente ha lanciato l’antologia breve “Le Leggende di Ferhaven”: quest’ultima, infatti, nasce dalla collaborazione di diversi scrittori, esordienti e non, con il già citato Fusco, creatore dell’ambientazione dell’eponimo mondo di Ferhaven, da lui utilizzata per la saga del “Sole di Alur”. L’autore, infatti, ha aperto l’ambientazione al libero sfruttamento narrativo, secondo un modello già percorso, per esempio, da Dmitry Glukhovsky (“Metro 2033”): in altre parole, scrittori appassionatisi alla storia, ai luoghi e ai popoli delle Terre Antiche di Ferhaven sono autorizzati ad ambientare in esse storie e racconti, previa, naturalmente, la revisione e approvazione del creatore originale, onde evitare inconsistenze filologiche.
Purtroppo un articolo (ma nemmeno due, nel nostro caso) non può riuscire a rendere pienamente giustizia al variegato universo dell’editoria rappresentato nel Salone del Libro (come quei fortunati lettori che ci saranno stati confermeranno), perché semplicemente si tratta di un’esperienza da vivere in prima persona. Per chi avesse perso l’occasione quest’anno, purtroppo quando leggerete quest’articolo sarà troppo tardi per correre ai ripari, ma non disperate: l’appuntamento è il prossimo maggio! Speriamo soltanto che i titoli qui consigliativi aiutino a ingannare l’attesa fino ad allora…
– Federico Brajda –