Siamo arrivati all’appuntamento con ‘The Witcher 3: Wild Hunt’ con un misto di ansia e trepidazione. Sono letteralmente anni che aspetto di mettere le mani su questo gioco e, arrivati alla vigilia della release, ho avvertito una stretta al cuore. Era paura. Paura che tutta questa attesa sia stata vana, paura di trovarmi a scorrazzare senza scopo, quasi ipnotizzato dall’abitudine, in un enorme sandbox senz’anima. Una volta ottenuto il malloppo mi sono rintanato nel mio covo e ho proceduto ad un unboxing rapido e sudaticcio, prendendo atto delle belle parole di ringraziamento dei ragazzi di CD Projekt RED, della presenza di una bella mappa da collezione, della colonna sonora e del restante contenuto della Day One Edition del gioco. Quindi ho scaldato i motori della mia PlayStation 4 di fiducia, ho installato il gioco e mi sono lanciato nell’universo (dark) fantasy basato sui romanzi di Andrzej Sapkowski. Siete pronti a scoprire il mio parere?
Non voglio fare troppi spoiler sulla trama anche perché, nonostante le decine di ore di gioco accumulate, mi sembra di aver a malapena grattato la superficie: mi limito a dire che il gioco vede come protagonista l’immancabile Geralt, lo strigo di Rivia, cacciatore di mostri per professione; il suo scopo è quello di rintracciare le due donne della sua vita: la sensuale e misteriosa Yennefer di Vengerberg, potente maga e amante di lungo corso del Witcher, e Ciri, figlia adottiva del Lupo Bianco, scomparsa da anni, ma fondamentale per il temibile Imperatore di Nilfgaard (che ha la voce e il carisma dell’attore inglese Charles Dance, il Tywin Lannister di ‘Game of Thrones’). Il tutto accade sullo sfondo di un mondo vicino alla propria fine, in cui una misteriosa e demoniaca Caccia Selvaggia percorre una terra frantumata dalla guerra alimentata dalle mire espansionistiche di Nilfgaard.
PARTIAMO DALLE BASI: LA GRAFICA
Quantunque sia certamente inferiore a quella ottenibile grazie alle prestazioni di un PC potenziato fino all’estremo, la resa grafica su console Sony si palesa assolutamente invidiabile, catturando con un colpo d’occhio sinceramente mozzafiato. Normalmente la PS4 garantisce i 30 fps, ma ho notato un calo del frame rate sia nelle cutscene (abbondantissime), sia nelle sequenze in cui si affollano gli effetti particellari (fumo, fulmini…); il problema persiste anche dopo il rilascio della celebre patch del day one, ma è lungi dal rendere impossibile o anche solo fastidioso giocare a questo titolo. Anche soltanto dal punto di vista estetico, ‘Wild Hunt’ è il capolavoro che i CD Projekt ci avevano promesso: distese interminabili, foreste, laghi, fiumi, montagne, cittadine e villaggi si spalancano sotto i nostri occhi, realizzati con una cura sconvolgente; così come lo sono i dettagli più infinitesimali, dal fodero in cui lo strigo ripone le spade (basta armi sospese a mezz’aria sulla schiena!) alla barba che cresce con il trascorrere dei giorni e che costringerà Geralt a servirsi dal primo barbiere disponibile. Su altri versanti, CD Projekt ha adottato un approccio “furbo”: raramente vedrete i personaggi passarsi oggetti di mano in mano; più che altro lo intuirete dai loro movimenti, cosa che consente di saltare a piè pari le forche caudine della resa grafica di azioni del genere (cose da brividi accadono in altri giochi, in questi frangenti). Di quando in quando, la fisica tende a far compenetrare i cadaveri con il PG, o il cavallo – soprattutto se lanciato al galoppo – con i componenti dell’ambiente circostante: ma sono quisquilie che non inficiano l’esperienza di gioco e che, in un mondo così vasto, possono anche starci. Confido comunque che vengano man mano limate con le prossime patch. Da segnalare l’eccezionale varietà di modelli secondari, che anche dopo decine di ore di gioco non danno la fastidiosa sensazione di déjà vu offerta da titoli analoghi.
TEMPO, CLIMA E INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Il tempo e il clima sono regolati secondo un ciclo giorno-notte che regala albe livide e tramonti spettacolari, ma la cosa più incredibile è il modo in cui la natura reagisce a questi cambiamenti: alcuni animali attendono appositamente la notte per darsi alla caccia, interagendo con le altre creature presenti nella zona secondo modelli diversi a seconda della specie. Anche l’intelligenza artificiale delle unità, normalmente, si dimostra adeguata alla sfida (anche se ci è capitato di vedere quattro soldati nemici rimanere bloccati contro un muretto, mentre li bersagliavamo di quadrelli… scavalcare no? Vabbeh): i nemici, umani, animali e/o mostri, incalzano e colpiscono senza dare tregua, infischiandosene della correttezza e del codice cavalleresco. In tutto ciò si inserisce il sistema di combattimento, rivisto e corretto (anche se perfettibile) rispetto alle precedenti versioni. Continua a mancare, di quando in quando, la sensazione di feedback quando si vibrano i colpi, ma complessivamente non mancano le soddisfazioni quando, ad esempio, si stacca la testa a un nemico o gli si mozza il braccio mentre quello vibra un fendente. In fin dei conti, la soluzione migliore è quella di buttarsi in un turbinio incessante di schivate, attacchi mordi e fuggi e piroette, mentre affidarsi alle parate rischia di lasciare eccessivamente esposti ai colpi degli altri nemici. Oltre alle canoniche armi (spada d’acciaio e spada d’argento), Geralt può usufruire di una balestra (utile per fermare i nemici volanti e quasi inutile contro quelli appiedati), di alcune bombe e del classico sistemi di Segni, che consentono di bruciare i nemici, scagliarli a terra, paralizzarli e altre simili amenità e che, come le abilità alchemiche e di combattimento, possono beneficiare di un sistema di potenziamento tramite l’apposito skill tree.
RUTILIA, AMICA MIA
Da migliorare il combattimento a cavallo, esaltante quando si galoppa verso altri nemici all’altezza giusta, ma inservibile e grottesco quando si cerca di colpire avversari appiedati. Per il resto, però, la cavalcatura è senza dubbio la migliore che si sia vista nei giochi di ruolo fantasy degli ultimi anni: il sistema è in larga parte tributario dei comandi del cavallo di ‘Red Dead Redemption’, open world western della Rockstar (quelli di GTA, per intenderci); il cavallo di Geralt, l’affidabile Rutilia, può andare al passo con la pressione della leva analogica, oppure al galoppo con un doppio click del tasto X (corre come un disperato, ma consuma una barra di resistenza); una via di mezzo è limitarsi a tenere premuta la X, portando il cavallo al trotto, cosa che consente di fargli percorrere in automatico il sentiero e di seguire comodamente i dialoghi o godersi il paesaggio circostante. Apprezzabile anche il fatto che il cavallo non appaia dal nulla quando chiamato, ma si avvicini da una certa distanza – e non sparisca quando inutilizzato (vero, Bioware?). La bestia, poi, attaccata dai nemici, vi sbalzerà di sella e vi attenderà poco lontano, di quando in quando mollando qualche calcione verso gli aggressori (senza arrivare alle vette di coraggio del cavallo di ‘Skyrim’, che messo alle strette uccideva anche i draghi).
FU VERO OPEN WORLD? AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA
Come avevano promesso, i polacchi di CD Projekt hanno effettivamente ridotto a nulla i tempi di caricamento all’interno della mappa: normalmente i passaggi da un’area all’altra avvengono senza interruzioni, mentre i caricamenti da salvataggio o derivanti dall’utilizzo del sistema di fast travel tendono a prendersi il loro tempo (non proprio esiguo). Ma arriviamo al punto nevralgico di questa recensione: ‘The Witcher’ è davvero un open world? Se intendiamo questa locuzione nel senso che tutto ciò che esiste nel gioco deve essere astrattamente raggiungibile senza soluzione di continuità, mettiamoci l’anima in pace: in questo senso, non possiamo dire che lo sia. Già l’area iniziale di Bianco Frutteto è separata dalle nuove aree che sbloccheremo procedendo nel gioco, oltre che circondata da confini invisibili che costringeranno lo sventurato esploratore a girare sui propri tacchi (“Da qui in poi ci sono soltanto i draghi”?!? Scrivetelo sulla mia lapide!); lo stesso vale per il Palazzo Imperiale, una minimappa totalmente avulsa dal resto del mondo, e per altri luoghi che incontriamo nelle missioni, raggiungibili tramite incantesimi di teletrasporto. Ma a me, francamente, interpretare in questo senso il termine pare esagerato: anche in ‘Skyrim’ (scusate, ma il confronto viene spontaneo) si veniva condotti, a dorso di drago, in una mappa non accessibile prima, né raggiungibile in seguito; eppure nessuno si sentirebbe di definire in modo diverso l’RPG Bethesda. La soluzione di ‘The Witcher’ è una via di mezzo tra l’assoluta libertà di ‘Skyrim’ e il sistema a macro-aree sperimentato in ‘Dragon Age: Inquisition’: ma non per questo non è un open world. La mappa è enorme, i punti interrogativi che segnalano le possibili quest e i luoghi da esplorare si affastellano a decine in tutti i punti cardinali, mentre persone bisognose di salvataggio e sequenze scriptate minacciano di partire a tradimento in qualunque luogo della mappa.
I caratteri a mia disposizione non bastano per approfondire tutti gli aspetti di questo gioco come vorrei, perché sto parlando di un qualcosa di talmente vasto da poter essere definito epocale (io e la redazione ci riserviamo, però, di approfondire in futuro aspetti specifici). Di sicuro, al netto di qualche imperfezione che ho sommariamente segnalato in questa recensione, ‘The Witcher 3: Wild Hunt’ è davvero il capolavoro che gli enfants terribles di CD Projekt ci avevano promesso: non sarà il videogame RPG definitivo di questa generazione, ma, allo stato, è certamente il migliore in assoluto. ‘Wild Hunt’ è uno spartiacque, destinato a diventare il termine di paragone per ogni gioco successivo. La sfida di CD Projekt è lanciata: chi riuscirà a fare di meglio?
E voi, Isolani? Ci state giocando? Quali sono le vostre impressioni?
– Stefano Marras –
‘The Witcher 3: Wild Hunt’: recensione
Isola Illyon
- Un mondo vasto e curatissimo, tutto da esplorare;
- Grafica tendenzialmente mozzafiato;
- Quest (anche secondarie) complesse e intriganti;
- Continui rimandi al lore e alla situazione politica del momento;
- Una miriade di personaggi a tutto tondo!
- Simpatico il minigame del gwent;
- Rutilia, un cavallo fatto come si deve: era ora!
- Armi e armature sono un'infinità;
- Cura maniacale per i dettagli (la barba, il cambio di valuta, il fodero delle spade);
- Caricamenti ridotti all'osso negli spostamenti per la mappa;
- Alcuni cedimenti del framerate in presenza di cutscene ed effetti particellari;
- Una certa linearità della main quest;
- Di quando in quando fanno capolino dei trascurabili bug;
- Alcuni caricamenti, soprattutto da salvataggio, richiedono un tempo piuttosto lungo;
- Ma siamo sicuri che sia davvero un open world?