Cari amici, benvenuti al nuovo appuntamento con le recensioni degli episodi della quinta stagione di ‘Game of Thrones’ firmate Isola Illyon! Oggi tocca alla terza puntata, che si intitola ‘High Sparrow’, in onore di un personaggio che fa la prima apparizione proprio in questa puntata!
DISCLAIMER: Quantunque tenti di evitare SPOILER, la presente recensione contiene inevitabilmente quelli indispensabili a comprendere l’argomento trattato. In modo da consentirne la fruizione anche a chi ancora non avesse visto la puntata, eventuali anticipazioni più approfondite saranno coperte con l’apposito tasto SPOILER e saranno visibili semplicemente evidenziando il testo oscurato. Gli spoiler riguardanti stagioni precedenti NON saranno coperti.
Come nelle puntate precedenti, alcune storyline vengono semplicemente tralasciate: questa volta ai box rimangono Jaime e Daenerys, le cui trame dovrebbero tornare prepotentemente alla ribalta nel prossimo episodio. Al centro degli avvenimenti, nel Continente Occidentale, abbiamo il matrimonio lungamente atteso (anche dai lettori dei romanzi!) fra Tommen Baratheon e Margaery Tyrell. Alla Barriera, Jon rifiuta formalmente la proposta di Stannis Baratheon di essere nobilitato con il cognome Stark e inizia a fare i conti con la dura realtà del comando dei Guardiani della Notte. A Essos, intanto, seguiamo l’inizio dell’addestramento di Arya nella Casa del Bianco e del Nero e l’arrivo di Tyrion e Varys a Volantis, dove incontrano una (nostra) vecchia conoscenza. Altre conoscenze che riappaiono dopo una lunga assenza sono i Bolton, che perdono il pelo – ma non il vizio – di scuoiare vivi poveri cristi. Ma andiamo con ordine.
La storyline di Approdo del Re, con il matrimonio di Tommen e Margaery, esalta le capacità attoriali di Lena Headey, che interpreta magistralmente una Cersei sempre più disperata. La Regina madre (un titolo, ci ricorda Ditocorto, “che perde valore di giorno in giorno”) ha perso molto e sta per perdere tutto: Joffrey e Tywin ci hanno salutato nel corso dell’ultima stagione; Jaime è tornato dalla prigionia mutilato e profondamente cambiato, tanto che anche la relazione fra i due ne ha risentito; Tyrion, il fratello che la donna ha sempre odiato, ha venduto Myrcella al “nemico” dorniano ed è scappato con l’accusa di aver fatto fuori padre e nipote (noi sappiamo che è vera solo la prima; Cersei forse lo sa dentro di sé, ma non lo accetta). Ora le è rimasto solo Tommen, ma una regina “più giovane e più bella” di lei, che sembra calzare fin troppo a pennello nella profezia di Maggy la Rana, ha già iniziato a portarglielo via e a metterglielo contro. È bastata una notte di sesso selvaggio con la rosellina Tyrell. In tedesco esiste una parola per definire la condizione di Cersei: Torschlusspanik, “la sindrome delle porte che si chiudono”. Cersei si sente assediata, sente il potere sgusciarle via fra le dita, sente le risate delle ancelle di Margaery (al termine di un confronto verbale in cui entrambe sono deliziosamente sgradevoli) e cerca disperatamente una via d’uscita. La trova – o meglio, pensa di averla trovata – nella figura dell’Alto Passero, il leader carismatico della setta che predica il ritorno agli antichi valori della fede nei Sette dèi e che ha già fatto la sua apparizione nei panni essenziali e sdruciti di un irriconoscibile Lancel Lannister. Proprio Lancel conduce la spedizione punitiva contro l’Alto Septon, impegnato in un gioco non proprio da educanda nel bordello di Ditocorto. Cersei sfrutta l’incidente per incarcerare l’Alto Septon e accreditarsi come paladina degli antichi valori, ma i suoi occhi tradiscono la mente calcolatrice che si cela dietro questa mossa, mentre tutto, dalla recitazione ai costumi, rivela quanto questa neonata alleanza sia artificiosa. Resta da chiedersi a chi convenga davvero.
“Bentornata a casa, Lady Stark. Il Nord non dimentica.“
Spostiamoci al Nord, dove si manifesta uno dei mutamenti di sceneggiatura più epocali rispetto al materiale originale. Se ne vociferava da tempo, e noi stessi l’avevamo dato quasi per certo sulla base di alcuni fotogrammi del trailer esteso della quinta stagione, nei quali si vedevano chiaramente dei cavalieri di Casa Arryn entrare nel cortile principale di Grande Inverno. Ebbene sì: Sansa viene promessa in sposa a Ramsay Snow Bolton. La notizia le provoca anche uno dei consueti piagnistei, poi le argomentazioni di Ditocorto la convincono a fare questo passo non di poco momento. Come hanno confermato recentemente Benioff e Weiss, i produttori esecutivi dello show, la decisione di mettere Sansa su questo binario, in luogo della sconosciuta (almeno per gli spettatori) Jeyne Poole, deriva paradossalmente proprio dal loro affetto per Sansa e dalla eccezionale capacità attoriale di Sophie Turner, nonché, in ultima analisi, dalla volontà di introdurre uno sviluppo più drammatico ed eccitante per la rampolla di Casa Stark. Inutile ripetersi che Ditocorto ha percepito il mutamento negli equilibri di potere: con la follia che muove Cersei Lannister, donna sola al comando dopo il rifiuto di Ser Kevan, la catastrofe è dietro l’angolo; è questione di “quando”, non più di “se”. Sia come sia, a mio personale giudizio tutta questa storyline continua a sembrare forzata oltre il lecito: tutti sembrano sapere che è stato Roose Bolton a vibrare la pugnalata mortale al cuore di Robb Stark, tutti sanno che Sansa (che, ricordiamo, è ricercata per l’omicidio di Joffrey) si trova prima nella Valle e poi a Grande Inverno, e pazienza se è sposata con il Folletto e che per liberarla da quel matrimonio mai consumato ci vuole una pronuncia dell’Alto Septon. Troppi salti logici, troppe azioni assurdamente prive di conseguenze. Certo, al netto di tutti questi giudizi razionali, la frase della serva che accompagna Sansa fino alla camera ci ha fatto un po’ allargare il cuore: “Il Nord non dimentica”. Alzi la mano chi non vuole la vendetta più crudele per quanto accaduto alle Nozze Rosse.
Podrick e Brienne fanno la loro comparsa in cima a una montagna inverosimilmente alta (anche geografia e orografia dei Sette Regni perdono un significato preciso, a questo punto), dalla quale dominano la fortezza del Moat Cailin, che segna il confine naturale dell’Incollatura fra il Nord e i Regni meridionali. I due sono in vena di svelarci qualcosa sul loro passato, anche se niente di veramente sorprendente. Spendiamo qualche parola anche per Jon, che inizia a prendere confidenza con il suo ruolo di comando alla Barriera. Olly, il bimbo arciere che ha già sulle mani il sangue di Ygritte (e che per certi versi sembra aver preso il posto del Satin dei libri), diviene il suo attendente, come lui lo è stato per il compianto Lord Jeor Mormont, in modo che possa imparare da uomini di esperienza e chissà, magari anche comandare, un domani. Jon dimostra la stessa imperterrita nobiltà di Ned Stark, quando si ostina a nominare primo ranger proprio Ser Alliser Thorne, che lo perseguita fin dal suo arrivo alla Barriera. E al diavolo i consigli di Stannis: Jon prende questa decisione per il valore intrinseco della persona, quando invece potrebbe abusare del suo potere e cercare vendetta infliggendogli compiti degradanti. Ma il Bastardo di Grande Inverno prova di essere un vero uomo del Nord anche nel passaggio successivo, quando si confronta con il comportamento insubordinato di Janos Slynt. Jon sa di non poter soprassedere e lo punisce secondo le tradizioni del Nord, usando l’acciaio di Valyria di Lungo Artiglio per mozzargli la testa con un colpo netto, preciso e pulito. La scena perde un po’ della forza che aveva in ‘A Dance with Dragons’, ma rimane comunque essenziale per comprendere la psicologia di Jon (oltre che realizzata in maniera impeccabile): “L’uomo che pronuncia la sentenza deve calare la spada”, era il mantra di Ned, e sia Robb (con Rickard Karstark) sia Jon l’hanno fatto proprio.
A Essos, intanto, Arya compie un passo decisivo per diventare un Uomo senza volto, ma non riesce a spogliarsi di tutto ciò che la lega all’identità che dovrebbe abbandonare. Ago, la spada che il fratellastro Jon le aveva regalato prima che si separassero – diretti lei a Sud e lui alla Barriera –, non può essere gettata nei canali come se nulla fosse. Maisie Williams riesce a rendere stupendamente l’esitazione e i pensieri che devono attraversare la mente di Arya in quel frangente. Giunto a Volantis (dove c’è un ponte meraviglioso!), intanto, Tyrion insiste per scendere dalla carrozza e fa una serie di incontri fantastici: una sacerdotessa rossa (già, Melisandre non è mica l’unica!), una porno-Daenerys che allieta la clientela di un bordello col suo curioso… taglio di capelli, una prostituta che Tyrion non si sente di portare a letto e… il reietto ser Jorah Mormont, che senza troppe cerimonie imbavaglia il nano e si prepara a consegnarlo “alla Regina”, segnando il cliffhanger che chiude la puntata.
Siete già carichi per la prossima puntata, Isolani? Vi lasciamo al trailer del quarto episodio, ‘Sons of the Harpy’, dandovi appuntamento a mercoledì prossimo per la relativa recensione!
– Stefano Marras –
Game of Thrones 5×03, ‘High Sparrow’: recensione
Isola Illyon
+ Lena Headey è bravissima nel rendere la disperazione di Cersei Lannister;
+ Ottima prestazione di Jonathan Pryce nel ruolo dell'Alto Passero;
+ "Il Nord non dimentica" quasi ci strappa una lacrima di commozione;
+ La determinazione di Jon Snow nel confrontarsi con Janos Slynt;
+ La fugace apparizione di Zombie-....;
+ Ottimamente realizzato il ponte di Volantis;
- Per i lettori: le trame di Sansa, Pod e Brienne sono totalmente fuori dai binari (e non hanno più molto senso), ma un po' lo abbiamo sempre saputo. Rassegnatevi;
- L'assenza della frase a lungo attesa: "Ed, portami un ceppo", che indebolisce un po' una scena altrimenti stupenda;