Periodo di addii e distacchi, questa prima parte di 2015. Ancora caldo l’affettuoso saluto che abbiamo tributato a Leonard Nimoy dentro di noi, immaginandolo lanciato nello spazio infinito in un siluro fotonico addobbato con la bandiera della Federazione, che ecco ci tocca piangere la perdita di un grandissimo della letteratura fantasy e della letteratura e basta, inventore e padre del fantasy comico: Sir Terry Pratchett.
Il grande scrittore inglese, ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico e Knight Bachelor per meriti letterari, aveva fatto sapere di soffrire del Morbo di Alzheimer nel 2007, raccontando con coraggio la sua esperienza in un documentario della BBC prima che la terribile malattia gli impedisse di continuare il suo lavoro. Pratchett ci ha lasciato il 12 marzo scorso: ne dà notizia ufficiale sul suo sito la figlia Rhianna, col messaggio “ALLA FINE, SIR TERRY, DOBBIAMO INCAMMINARCI INSIEME”. Da notare che, nelle opere di Pratchett, il maiuscolo è il segno distintivo delle parole pronunciate dalla Morte.
Non è mia intenzione scrivere un lacrimevole coccodrillo, quanto piuttosto, in omaggio all’ironia e alla straordinaria capacità di cogliere i lati comici in ogni avvenimento come unico antidoto all’abissale assurdità della condizione umana tipica di Pratchett (che non perse nemmeno nell’affrontare la malattia), ricordare il suo genio comico e surreale, e la sua fiducia nella capacità educativa e liberatoria della risata come antidoto a qualunque meccanismo sociale, economico, biologico tenti di stritolare l’umanità dentro l’uomo. In questo, il Maestro fu più volte accostato, a mio parere giustamente, ad un altro genio iconoclasta della letteratura come Roald Dahl.
IL MONDO DISCO
Terry Pratchett iniziò ad accostarsi al mondo del fantastico sin da ragazzo quando, appassionato di astronomia ma non versato per quel corso di studi a causa (per sua ammissione) delle sue scarse capacità matematiche, divenne un avido lettore dei maestri della fantascienza come HG Wells, per allargare poi il campo al fantasy e al fantastico di Tolkien, Lovecraft, Poe, Howard, ma anche il folklore inglese ed i miti del Piccolo Popolo, che si riverbereranno tutti nella sua produzione. Diventato giornalista, Pratchett comincia a scrivere romanzi di fantascienza dalle ottime recensioni ma dallo scarso successo editoriale finché, nel 1983, consegna alle stampe il primo romanzo ambientato nel Mondo Disco, “Il Colore della Magia”, del ciclo di Scuotivento. Da allora, e fino all’incombere della malattia, scriverà oltre trenta romanzi ambientati nell’universo del Mondo Disco, che rappresenterà il suo filone principale insieme ai romanzi del Piccolo Popolo. Il Mondo Disco è ormai entrato nell’immaginario collettivo di ogni buon appassionato di fantasy che si rispetti, fino a travalicare l’ambito strettamente letterario (chi non ricorda i cicli di straordinarie avventure grafiche di Simon the Sorcerer della Adventure Soft, pesantemente ispirati dalle opere di Pratchett): si tratta di quell’universo immaginario nel quale il mondo non è tondo, ma piatto, appoggiato sulle schiene di quattro enormi elefanti, a loro volta appoggiati allo smisurato carapace di A’Tuin, gigantesca tartaruga che fluttua nello spazio siderale, portandosi in giro tutto quanto.
L’ironia e l’assurdità di tutto ciò si riflette nei libri stessi, suddivisi in base a diversi cicli, con l’ambientazione come comune denominatore. Il primo e più vecchio è il ciclo di Scuotivento, mago incapace che viene sballottato per tutto il Mondo Disco contro la sua volontà, in una serie di rocambolesche avventure. C’è poi il ciclo delle Streghe, care e bisbetiche vecchine che fungono da erboriste e giudici, con elementi che riprendono il folklore inglese. Il ciclo di Morte, uno dei più esilaranti, dove seguiamo le vicissitudini e le nevrosi della Grande Consolatrice con la falce, spiazzata da un melting pot di razze fantasy che ormai nemmeno più lei è in grado di comprendere. Il ciclo della Guardia, nel quale a mio modesto parere Pratchett tocca le vette più alte del suo fantasy umoristico, in cui uno sparuto manipolo di malmesse e disilluse guardie cittadine cerca, nonostante tutto, di arginare il guano metaforico nel quale è immersa la metropoli fantasy di Ankh Morpork. Ed infine il ciclo di Tiffany, serie di romanzi di formazione riguardanti una giovane apprendista strega, e il ciclo di Moist Von Lipwig, truffatore condannato a morte dal tiranno di Ankh-Morpork al quale viene offerta la possibilità di mettere i suoi talenti “al servizio” della città, come capo dell’ufficio postale, della Zecca e di altre istituzioni pubbliche (ricorda qualcosa?).
La genialità ed insieme la semplicità della letteratura di Sir Terry è tutta qui: nel ribaltamento degli stereotipi e dei canoni del genere fantasy funzionali ad un’immensa allegoria della nostra civiltà: col capovolgimento delle convenzioni del fantasy, siamo costretti a ridere amaramente e a ripensare all’abissale assurdità e stupidità dei meccanismi sociali, economici e politici umani e in particolare della società occidentale, ma anche alla nostra supposta superiorità morale. I mostri si rivelano spesso più umani degli uomini, e gli uomini diventano spesso dei mostri; nani, elfi, troll, non morti diventano la parodia della società multirazziale e ogni aspetto del vivere umano, la filosofia, la società, l’economia, la politica vengono passati all’inesorabile vaglio della parodia e del surreale.
Pratchett se ne è andato, ma rimarranno dei libri capaci di farci riflettere a fondo sulla inconsistenza delle basi della nostra società, densi di personaggi memorabili e al contempo capaci di farci ridere e sghignazzare nella migliore tradizione comica di sempre. Indimenticabili le sue trovate geniali come la teoria della superconduttività del cervello dei Troll, secondo la quale essi non sarebbero intrinsecamente stupidi, ma solo sfavoriti dai climi temperati, nei quali i loro cervelli basati sul silicio lavorerebbero in modo molto più lento che se si trovassero a temperature basse; o come l’ammissione ai pieni diritti civili della categoria dei non morti a fini elettorali e fiscali, con annesse problematiche (esilarante la denuncia ad uno spaesato membro della guardia cittadina di tentato omicidio ai danni di uno zombi: “Signore mi spiace, non so se posso prenderla: vede, tecnicamente lei è già morto.”; oppure la disperazione dovuta alla disoccupazione che spinge i vampiri ad accettare impieghi come collaudatori di occhiali da sole); o ancora la rivolta degli operai che protestano contro la golemizzazione delle fabbriche; e ricordate la figura titanica di Sam Vimes, alcolizzato ma onesto comandante della Guardia Cittadina (che ricorda i detective della scuola dei duri)? Memorabili anche i capi di gilda della città, classe dirigente trasformista capace di sopravvivere anche sotto il dominio di un drago (“Ma qual è la dieta di un drago?” “Mi par di ricordare qualcosa a proposito di vergini incatenate alle rocce…”, “Ah! Allora abbiamo già risolto il problema: tempo qualche settimana e sarà morto di fame!….Perché siamo su terreno argilloso, ovviamente!”). Molti personaggi come il bibliotecario orango, Lord Vetinari, Morte, sono già di diritto nell’empireo dei personaggi memorabili del fantasy di ogni tempo, anche se il loro è il linguaggio della parodia e dell’assurdo.
Arrivederci, Sir Terry, salutaci A’Tuin.
– Luca Tersigni –