Consultando le anteprime dei film in arrivo, ci si accorge ormai che i generi che vanno di più, oltre agli onnipresenti thriller/azione e drammatico, sono diventati, per ovvi motivi, fantasy e fantascienza. Anni fa non era così: queste ultime due categorie erano meno presenti, anche a causa della poca fama raggiunta dai prodotti che in esse si inserivano. Poi sappiamo tutti com’è andata: è stata la volta de Il Signore degli Anelli, che ha portato il fantasy definitivamente alla ribalta (e non solo come genere per ragazzi), sono arrivati Harry Potter e Twilight e lo young adult ha preso piede, e Matrix, i supereroi e i Transformers ci hanno definitivamente abituati alla fantascienza d’azione, mentre quella “impegnata” è dilagata più lentamente.
Ci troviamo, dunque, all’inizio di un 2015 in cui la presenza del fantastico è sempre più densa. Al contempo, però, è anche sempre più associata allo young adult, e questo da un lato porta sceneggiatori e registi ad avere una maggiore attenzione per il pubblico giovanile, e dall’altro induce gli spettatori a screditare anzitempo le future uscite.
È difficile essere esenti da questa dinamica, soprattutto quando fra i film in arrivo se ne trovano addirittura tre o quattro che si assomigliano per contesto o tema. Nella fantascienza, ultimamente, sono esplose da un lato l’ucronia young adult, e dall’altro le opere incentrate sugli androidi.
Proprio di queste ultime vorrei scrivere oggi, partendo da una domanda la cui risposta è semplice e banale: quanti modi di affrontare il problema dell’androide ci sono nella fantascienza?
Potremmo pensare che l’immaginazione degli sceneggiatori e degli scrittori sia infinita, e probabilmente lo è, ma le due grandi categorie sono “androidi buoni” e “androidi cattivi”, e se non sono proprio cattivi, ma neanche buoni, sono banali versioni “neutrali” delle loro controparti. Sono possibili vie di mezzo e sfumature, trame più o meno complesse, ma da questo loop non si può uscire, soprattutto perché ci vengono offerti più che altro prodotti buonisti. Ed è proprio il buonismo uno dei problemi in cui si sta arenando la fantascienza.
Niente di male se i protagonisti sono buoni: alla fine, per la maggior parte delle persone è più semplice empatizzare con un eroe positivo, ma dopo un po’ l’idea del robot che ti salva diventa noiosa.
Cosa c’è in arrivo per quanto riguarda gli androidi? Automata, Humandroid e Ex-Machina.
A guardare i trailer e a leggere i piccoli riassunti presenti in rete, quello peggiore sembra Humandroid – del mio adorato Neill Blompkamp. Tuttavia, i tre film sono incentrati sullo stesso concetto: quello dell’androide che sviluppa una coscienza. A Data di Star Trek piacerebbero tantissimo, ma lui può trollare la maggior parte dei colleghi, visto che la Confederazione lo ha diplomaticamente riconosciuto come specie senziente, cosa che ad altri non è successa.
Ma quanto ci siamo discostati da Data e Roy di Blade Runner? Poco e niente, il sottogenere “androide” è stagnato lì dove è iniziato con Metropolis, dagli albori della fantascienza fino ad oggi. Niente di strano, se si pensa che il solo Isaac Asimov si è mangiato un buon settanta per cento delle idee sui robot. La cosa più assurda di tutte è proprio che da quando Asimov ha studiato le sue Leggi della Robotica, nessuno è più andato fuori da quel seminato. A parte Terminator, che se ne infischia delle Leggi e fa quello che gli viene ordinato di fare, e quello che vuole fare.
A quanto sembra, da sempre siamo stati affascinati dall’idea di poter creare la vita, e per questo il tema dell’androide (speculare a quello del cyborg, in cui robotizziamo l’umano) è sempre stato uno di quelli più mainstream. Talmente tanto mainstream da aver invaso anche la mitologia, e dagli albori dei tempi. Nell’Epopea di Gilgamesh l’eroe viene affiancato nella ricerca della vita eterna da Enkidu, una creatura artefatta di forma umana. In Grecia, Efesto forgia Pandora. In Egitto, in alcuni casi i faraoni venivano sepolti con rappresentazioni di schiavi e servitori, che nell’aldilà si sarebbero animati continuando le loro funzioni. Le leggende ebraiche, riversatesi poi in tutta la Mittleuropa, parlano frequentemente del golem come massima espressione del potere dei più grandi rabbini.
Non c’è dubbio, quindi, di quanto l’uomo senta il bisogno di essere affiancato da una creatura che può controllare, ma che non sia così diversa da lui da incutergli timore.
La fortuna è che gli appassionati di fantascienza sono un pubblico fedele, sempre attento a seguire la maggior parte delle uscite: non si sofferma molto sulla superficialità della pellicola, ma la guarda e va a fondo. D’altra parte, se ci fermassimo alla prima impressione… ogni opera sarebbe uguale e catalogata come “mostri”, “robot”, “supereroi”, “apocalisse”, “viaggio interstellare”. Invece sappiamo bene che andando a studiare più da vicino un prodotto, spesso e volentieri affiorano idee davvero valide.
Quindi, nonostante il tema di fondo di Automata, Humandroid e Ex-Machina sia identico, lo troviamo in effetti affrontato da tre punti di vista diversi.
In Automata, l’androide viene creato come lavoratore, e gli vengono date due leggi: non ledere alcun essere umano e non ripararsi o riparare suoi simili. La pellicola ci presenta questo atto di “cura” come il punto cardine per la presa di coscienza e la trasformazione in creatura senziente. Trailer strepitoso, dal sapore un po’ Blade Runner, e con protagonista un Antonio Banderas che sembra finalmente aver divorziato da Rosita. Problema di rapporto con il film: è spagnolo, e la Spagna non sa fare fantascienza. Tuttavia, almeno una possibilità è da dare.
Direttamente contrapposto, troviamo Humandroid, dove Chappie (il robot protagonista) è stato creato apposta in seno ad un progetto atto a sperimentare l’inserimento di un algoritmo di maturazione umana nel cervello di un androide. La regia di Blomkamp potrebbe assicurare una forte presenza del tema sociale, ma il trailer ha ben poca attrattiva e così lo sviluppo del tema, l’androide che evolve da bambino ad adulto, che è una grande incognita riguardo i ritmi che avrà questo lungometraggio.
Infine, la vera perla di questo 2015 potrebbe essere Ex-Machina, che da subito si presenta più psicologico e thriller, piuttosto che d’azione e fantascienza pura. Proprio per questo, però, potrebbe tenerci tutti incollati sulla poltrona in attesa di capire chi inganna chi. Oltretutto, l’androide è femminile e molto più umano rispetto agli altri due film, dando adito a pensare che ci sarà un innamoramento – o almeno un’infatuazione. Si spera che, per una volta, la tematica dell’amore fra uomo e macchina sia davvero ben sviluppata.
Nonostante tutto, la mia sensazione è di pesantezza generale. Tre film con riferimento all’evoluzione ad essere umano sono forse troppi tutti nello stesso anno. Calcolando che ormai siamo al quarto capitolo di Transformers (ed è annunciato il quinto), dovrà arrivare una nuova puntata di Terminator, l’anno scorso è uscito il reboot di Robocop, qualche anno prima abbiamo visto Real Steel (sempre con Hugh Jackman protagonista), e visti i pregressi che spaziano temporalmente fra Metropolis e Io, Robot, visti i celebri Blade Runner, Battlestar Galactica, Stargate e Star Trek… personalmente, inizio a sentirmi un po’ sommersa dai pezzi di robot.
Sarà perché ho accelerato il ritmo di visione e lettura, sarà perché sono una criticona incallita, ma questo sentore di affollamento inizia a darmi la stessa nausea che provai quando, dopo Twilight, venimmo invasi dai succhiasangue. All’epoca smisi di leggere addirittura Anne Rice, e la mia Regia quasi non comprò il volume dedicato ai vampiri della Kaori Yuki. Ora non vorrei che l’arrivo alla ribalta dell’androide si concretizzi con una pioggia di metallo, perché a quel punto saranno i fan a far piovere metallo, disintegrando a colpi di critiche qualsiasi robot gli si presenti davanti.
– Lucrezia S. Franzon –