Extant: miglior serie fantascientifica del 2014 o ennesimo minestrone già visto? Scopriamolo insieme, verso l’infinito e oltre.
Il tramonto del 2013, con somma gioia di tutti i patiti del genere fantascientifico, ha riportato in auge i capisaldi del genere: era da anni, dai tempi di 2001 Odissea nello Spazio che, sul grande schermo, non facevano capolino le atmosfere ovattate, buie e sterminate del nostro Sistema Solare. O, quantomeno, non nel modo in cui sono state riproposte da Gravity. La pellicola di Cuarón, pur peccando di una sceneggiatura memorabile, e mandando letteralmente il realismo scientifico a farsi un giro attorno a Saturno – alla faccia di tutti i super scienzespertoni/capoccioni accorsi a bersagliarlo di critiche nefaste, che ancora si staranno mangiando le mani – ha centrato il bersaglio, lasciando lo spettatore a bocca aperta.
Tecnicamente impeccabile, (andate un po’ a contare quante statuette ha vinto agli ultimi Oscar), nella sua ora e mezza di regia sincronizzata al capello e di splendida fotografia in chiaroscuro, lancia lo spettatore a fluttuare, annaspare ed affogare nell’opprimente e claustrofobico vuoto siderale, un po’ come se vi trovaste a nuotare in gelido mare aperto e, magari, soffriste di una strana fobia per la quale vi terrorizzano i relitti sottomarini. Quelle abbandonate e inerti carcasse di arrugginito e decadente metallo… brrr. Cambiamo discorso và, che è meglio.
Restando in tema, ci credereste che tutto questo sterminato cappello introduttivo è per portarvi a conoscenza di una nuova, interessantissima serie TV a sfondo galattico, già lanciata negli U.S.A. e che vedremo, quasi sicuramente, doppiata nella nostra fantastica lingua – puristi all’assalto – nell’autunno prossimo? Oh, ora che ho la vostra attenzione, possiamo parlare più nel dettaglio di Extant!
In un futuro tecnologicamente prossimo, “Ancora Esistente” (non fate quella faccia, è la traduzione letterale del titolo) narra le vicende dell’astronauta Molly Woods (interpretata dalla milfissima Halle Berry) la quale, di ritorno da una missione in solitaria nello spazio della durata di ben 13 mesi, cerca di riabituarsi alla vita di tutti i giorni, circondata dall’affetto degli amici e della sua famiglia. E fin qui, tutto normale, se non fosse che la Dottoressa Woods torna in dolce attesa, manco fosse la Madonna, e dovrà cominciare ad indagare a fondo su quanto capitatole sulla stazione spaziale Seraphim. Blackout, allucinazioni e i primi sintomi di schizofrenia porteranno inevitabilmente la sua vibrante vicenda ad intrecciarsi con quanto accaduto alla precedente missione e a scontrarsi con i piani alti della ISEA, l’agenzia per cui lavora, decisa senza molti scrupoli ad insabbiare il tutto con elegante e raffinata stronzaggine.
E come ogni serie TV sci-fi che si rispetti, potrebbe mai mancare l’intelligenza artificiale? Qui è rappresentata dal piccolo Ethan, il progetto che John (Goran Visnjic), marito di Molly, porta avanti da qualche tempo e che, almeno inizialmente, sembra avere un filone narrativo distaccato da quello della protagonista. Ethan è un Humanich, robot umanoide che il geniale Dottore ha deciso di far vivere in famiglia, per rendere possibile l’interazione umana con macchine di tecnologia avanzatissima e, soprattutto, dotare la coppia di un figlio visto che – udite udite – almeno in teoria i coniugi Woods non erano in grado di concepirne. Un po’ come succede ad Astroboy, per capirci. Ma Ethan non vola, non va in giro in mutande e non ha un ciuffo sparato in testa. In compenso è più inespressivo ed inquietante del bambino del Sesto Senso, e questo la dice lunga. Sì, ok, è un cyborg senz’anima, ma pure Il Grande Mazinga ha più mimica facciale di lui.
Insomma, intrighi-intrighi: i primi tre episodi, andati in onda finora, e reperibili “aumm aumm”, non stiamo nemmeno qui a dirvi come (ma fatevi un bel tuffo in qualche fresco “torrente”), hanno già messo tanta carne al fuoco.
Visioni di defunti in pieno nulla cosmico, il classico poveraccio scampato ad un incidente, messo a tacere per esigenze di trama, ma che ovviamente coinvolge la protagonista nelle sue disgrazie, un immancabile boss giapponese che tira i fili di tutti, e altre svariate domande su domande contribuiscono a tenere sempre vivo il ritmo di ogni puntata: non vi annoierete mai. Non dico che siamo al livello di Lost (quello è impossibile), ma avrete voglia di vedere cosa succede dopo. E anche se la regia non è delle migliori, e svolge il suo compitino senza infamia e senza lode, le chicche tecnologiche integrate appieno con la vita dei personaggi coinvolti – una casa gestita totalmente dal computer, chip sanitari impiantati nel palato che monitorano costantemente la salute del paziente, cellulari trasparenti spessi come un biglietto da visita, cose così insomma – contribuiscono non poco a creare acceso interesse nel prodotto.
Certamente, l’idea più affascinante dell’intero show risiede nella filosofia secondo cui noi esseri umani non saremmo dotati effettivamente di un’anima che, secondo il Dott. Woods, altro non è che un insieme di dati e di esperienze accumulate nel corso di anni e anni di esperienze. La sua scommessa è, ponendo Ethan all’interno della stessa struttura sociale di un bambino “della sua età”, di fornire al piccolo cyborg la stessa mole di dati e di esperienze tali da poterlo rendere un essere umano a tutti gli effetti. Ethan ragionerà, si integrerà, scherzerà, proverà mai sofferenza al pari dei suoi simili? Non ci si aspettava altro dilemma etico, da un telefilm che ha in Steven Spielberg, lo stesso produttore di A.I. Intelligenza Artificiale (2001), il suo main sponsor.
Che altro dire e scrivervi di Extant… riuscirà a sfondare? Tutto fumo e niente arrosto? E in che puntata si paleseranno gli alieni? Vedremo… Fossi in voi, intanto, gli darei una chance. Tutto sommato, la prima stagione del thriller targato CBS conta solo di 13 episodi. A voi se aspettare il countdown per l’autunno prossimo o se recuperare quanto già andato in onda oltreoceano e mettervi in pari con le ultime puntate. A noi ha strappato un “mmh, interessante!”, e continueremo senza dubbio a seguirla; nel frattempo, Isolane che vengono da Venere e Isolani che vengono da Marte, aspettiamo le vostre impressioni. Per tutti gli anglofoni presenti fra voi, visto che sono di buon cuore vi allego perfino un first-look (tranquilli, niente spoiler), poi non dite che non vi penso. Ci vediamo in orbita!
– Mario Venezia –