Un successo planetario, più di 500 milioni di copie vendute al mondo, tradotti in 32 lingue diversi. No, non stiamo parlando della Bibbia, ma della serie di racconti brevi “Piccoli Brividi”, gli horror da pelle d’oca (traduzione del titolo originale della collana “Goosebumps”) del prolifico Robert Lawrence Stine, che hanno terrorizzato molti ragazzini durante gli anni novanta (compreso il sottoscritto!) senza lasciar scampo a nessun tipo di fobia: da Slappy il pupazzo parlante agli insetti giganti, dallo spaventapasseri ai Ghoul, c’è spazio pressoché per tutte le creature dell’immaginario horror globale fra le pagine bordate d’un sinistro verde fluo della serie pubblicata in Italia da Mondadori.
Adesso, provate ad associare il volto di quest’autore a quel pacioccone di Jack Black e rimescolare tutti quei racconti in una sola storia alla quale il regista Rob Letterman ha saputo dare un taglio nuovo, dissimile da quello dei racconti che tutti noi conosciamo bene, senza però snaturare eccessivamente il plot classico dei lavori di Stine e la natura delle sue creazioni. Ecco che Goosebumps, nelle sale italiane dal 21 gennaio scorso, dopo vent’anni dall’uscita dei libri porta al cinema pressappoco tutti i mostri familiari ai lettori, suscitando nostalgia nei giovincelli più cresciuti e al contempo ammiccando alle nuove generazioni con effetti speciali e romance adolescenziale. Non è il primo esperimento di adattamento allo schermo del ciclo di racconti horror: esiste già una serie di quattro stagioni dal titolo omonimo datata 1995 (trasmessa anche in Italia) e suddivisa in puntate da venti minuti circa il cui sviluppo è la trasposizione fedele della narrazione, al punto da risultare efficace e inquietante anche più dei racconti stessi, nonostante gli effetti speciali del tempo e le colonne sonore, che se vogliamo danno un tono ancora più creepy alla storia. Qual è dunque il risultato di questo esperimento cinematografico? Analizziamolo insieme.

Il simpatico Slappy, in compagnia dei mostri, in pratici fascicoli.
PLOT, CAST E SVILUPPO
Ovviamente, come s’intende facilmente anche dalla copertina e dai vari promo, la vera stella di questo lungometraggio è Jack Black, che interpreta proprio l’autore dei racconti (inoltre, è sua la voce del ragazzo invisibile e di Slappy, pupazzo parlante, nella versione in lingua originale). Sotto lo pseudonimo di Mr. Shivers (guarda caso, shivers è proprio il termine inglese per “brividi”), l’uomo vive in compagnia di sua figlia Hannah, interpretata dalla giovane e carina Odeya Rush (SPOILER: qualcuno di voi ha letto “Il fantasma della porta accanto”?), nella tranquilla comunità di Madison, Delaware, Stati Uniti. Ad innescare gli sfortunati eventi sarà proprio la simpatia fra Hannah e Zach, liceale problematico e semiorfano interpretato da Dylan Minette. In compagnia dello sfigato della scuola Champion (per gli “amici” Champ, che oltre ad essere naturale diminutivo del nome, è anche sinonimo colloquiale di perdente), il nostro Zach s’imbatte nei manoscritti originali dei Piccoli Brividi, misteriosamente serrati a lucchetto. Risultato? Grazie ad una sfortunata combo di movimenti poco aggraziati, i due ragazzi in compagnia di Hannah liberano non solo Il Mostro delle nevi di Pasadena, ma anche il subdolo ed inquietante Slappy, malvagio pupazzo parlante. Quest’ultimo, per vendicarsi del fatto di essere stato rinchiuso per così tanto tempo nella sua storia dal proprio “papino”, libererà tutte le creature mostruose partorite dalla mente di Stine. Dall’inchiostro i mostri prenderanno vita, materializzandosi e minacciando l’intera cittadina (in un simpatico assedio all’High School dal forte retrogusto Disneyano).
L’unico modo che i nostri eroi hanno per liberarsene è confinarli di nuovo nei libri… se solo il malefico Slappy non si liberi dei manoscritti, con battute da sit-comedy e freddure degne delle sue precedenti trasposizioni. Il risultato è lontano da una vera e propria trasposizione delle storie (per questo, come detto, abbiamo già la brillante serie degli anni ’90), ma un “light horror”- action per ragazzi, che entusiasmerà sicuramente i più piccoli e molto probabilmente lascerà a bocca asciutta i più adulti in sala, anche se in cerca di “piccoli brividi”. La resa degli effetti speciali è ineccepibile, ad eccezione del trucco dei ghoul non proprio credibile (ma è probabile che sia anche questa una precisa scelta stilistica dell’autore). Una delle sorprese più belle che la pellicola riserva è la fedeltà con la quale i mostri disegnati nelle copertine dei libri dall’illustratore Tim Jacobus vengono resi in digitale (su tutti il Lupo della Palude, con le sue scarpe da ginnastica proverbialmente squarciate ed i simpatici calzoncini blu).
Piccoli Brividi è sicuramente un modo simpatico e divertente di rivivere nostalgicamente le letture della nostra infanzia, o di far scoprire a i più piccoli l’universo di Stine; perché no, potrebbe essere anche una buona occasione per mettere mano alla libreria ed aprire i lucchetti degli incubi della vostra infanzia. Se vi aspettate qualcosa che scuota il vostro animo vi sbagliate, saranno solo i più piccoli ad uscire dalle sale con la pelle d’oca.
– Antonio Sansone –
Piccoli Brividi – Goosebumps – Recensione
Antonio Sansone
- Un film capace di rievocare tutte insieme le creature dell'immaginario di Stine senza sfociare nel banale;
- Gli effetti speciali rendono perfettamente l'ambientazione fantasy-horror del film;
- Ottima performance di Jack Black, più espressivo ed intenso che mai nel suo ruolo;
- L'atmosfera più comica che horror potrebbe deludere i fan con aspettative più "forti" dalla pellicola;
- I dialoghi non brillano particolarmente, e non bastano nemmeno le freddure di Slappy;