Nella parte più fitta dei verdi boschi si ode occasionalmente un canto soave che, se seguito, conduce ad alti e candidi palazzi definiti da levigati rami di betulla armoniosamente intrecciati. Le alte arcate a sesto acuto conducono ad esili pontili o a vasti saloni illuminati da un fulgore ultraterreno, una luminescenza che si riflette a sua volta sulla candida pelle degli abitanti di quelle case, rendendoli bellissimi ed eterei. Gli elfi sono nobili creature, alte e longilinee, vestenti indumenti tessuti con i più raffinati fili e incarnanti la perfezione del disegno divino. Essi sono talmente legati alla natura, al loro regno e alla loro stirpe che finiscono per disapprovare immensamente coloro che esibiscono tratti o tendenze differenti. Parallelamente, nelle gelide viscere delle più alte montagne, altri esseri picconano senza sosta la dura roccia per estrarne preziosi e tesori. Bassi, massicci e resistenti, i nani sono cocciuti mercanti e combattenti temibili. Difficilmente escono nel mondo esterno, ma la loro fama di individui scorbutici ed irsuti li precede a miglia di distanza, suggerendo agli stranieri di offrire loro una caraffa di birra piuttosto che coinvolgerli in una rissa. Poi troviamo ancora i “secondi nati” (almeno secondo il canone dettato dalla famiglia Tolkien), meglio conosciuti come la stirpe degli uomini. Rozzi e deboli, guardano gli altri popoli con invidia e diffidenza, muovendosi con estrema cautela e rudezza quando devono interagirvi. Nonostante la media sia molto bassa, tuttavia, presenziano tra loro anche esempi di valore e purezza, re tra i re che mettono alla prova la loro saggezza mantenendo il benessere delle persone che si chinano al loro giudizio.
Potremmo continuare in eterno a elencare civiltà fantasy (goblin, orchi, troll, sirene, hobbit, “vampiri”…), e tutte hanno in comune una certa dose di pregiudizi nei confronti del diverso o dell’estraneo che ne disincentiva le interazioni e crea attriti. Come biasimarle, dopotutto? Di norma sono obbligati ad abitare mondi afflitti da significative carenze nel campo delle comunicazioni, mondi nei quali le notizie arrivano (SE arrivano) con estrema lentezza e ferocemente traviate da mille passa-parola. Si tratta del giusto grado di ignoranza che sollazza il lettore concedendo ai testi quell’affascinante aura di mistero che si perderebbe qualora venissero fornite spiegazioni troppo dettagliate. Nessuno, infatti, apprezzerebbe mai la bislacca idea di giustificare il funzionamento delle arti mistiche con motivazioni pseudoscientifiche inerenti parassiti microscopici – grazie, Lucas. Ogni specie, di fatto, patisce questa abissale ignoranza per garantire il nostro intrattenimento e sfoga la propria frustrazione su quei vicini con cui raramente si trova a intrattenere rapporti. Ci sono, tuttavia, rari casi in cui due individui decidono di combattere contro le convenzioni e i pregiudizi per potere dare sfogo alla loro voluttà– tendenzialmente amorosa, ma non solo -, unendosi in un rapporto che scuote le persone a loro attorno. Guardando bene i casi celebri, tuttavia, si può notare una ricorrente abitudine degli autori a predisporre le cose perché nella coppia inter-specie la componente maschile sia della razza umana (o ciò che più gli si avvicina). Da cosa è dettata questa scelta?
Non ci è dato sapere se esistano ricerche specifiche sull’argomento – forse ritenuto troppo futile per le seriose teste d’uovo -, quindi tocca deviare un po’ il colpo e risalire alla fonte del dilemma, al materiale di ispirazione da cui il fantasy attinge: la realtà. Diverse ricerche sono state effettuate sulle cosiddette relazioni inter-razziali, ma la prima autorevolissima opinione che desideriamo sottolineare è quella di Will Smith, il quale porta alla luce come gli States siano ancora poco propensi ad accettare sul grande schermo un rapporto misto tra un uomo di colore e una donna caucasica. Facendo un’analisi degli ultimi 20 anni del cinema americano, non possiamo che iniziare a notare un certo senso nelle parole del giovane principe di Bel-Air: escludendo i film che vertono sulle difficoltà affrontate dagli amanti coinvolti in questo genere di relazioni, raramente ci vengono proposte pellicole in cui un afroamericano sostenga un amorazzo con controparti femminili che non siano ispaniche e, se lo fanno, tendono a proiettare una luce malevola che etichetta i soggetti come moralmente corrotti o violentatori incalliti. Nel tentativo di attrarre il più vasto numero di clienti, pare che sul grande schermo l’esplorazione delle sfaccettature dell'”arcobaleno Benetton” sia concessa esclusivamente agli uomini bianchi e, anche in quel caso, le case di produzione giostrano i personaggi perché il “sesso debole”, già dai manifesti pubblicitari, sia effettivamente bisognoso di aiuto e sostegno da parte dell’eroe protagonista. Questo evidente problema legato ai media – che, per inciso, è in buona parte limitato alla società U.S.A. – può quindi giustificare le interazioni affettive all’interno del contesto di nostro interesse?
Ci sono sempre state voci riguardanti al sedicente razzismo di Tolkien che, nonostante abbia a più riprese deriso le ideologie naziste, ha inserito nei suoi lavori idee poco politically correct quali l’annerire la pelle degli individui che si sono allontanati dal volere del demiurgo. Difficilmente, tuttavia, riusciremmo a immaginare che Elrond di Granburrone possa preoccuparsi del destino di sua figlia solo per compiacere i botteghini della Terra di Mezzo e sono comunque rari i libri fantasy disposti a umiliarsi prostrandosi alle leggi del mercato. Un’altra teoria ci viene proposta dall’università di Berkeley che ha generosamente impiegato le brillanti menti del team di ricerca per andare a sondare i siti di appuntamenti. Dai risultati ottenuti si evince che, negli States, gli uomini delle minoranze etniche sono i più propensi a cercarsi una partner di razza caucasica perché “interessati ad avanzare nella struttura del potere e uno dei metodi per farlo è attraverso matrimoni con il gruppo dominante”. Ammettendo questa teoria patriarcale e opportunista, verrebbe da pensare che orde di umane, nane e halfling dovrebbero strapparsi i vestiti e buttarsi a capofitto sul popolo elfico per potere approfittare del loro irraggiungibile ceto sociale, ma bisogna anche tenere a mente che spesso il popolo degli elfi è disegnato con le sfumature decadenti di una specie melanconica destinata all’estinzione. La loro quasi eterna longevità, infatti, risulta essere un’arma a doppio taglio che li allontana velocemente dall’istinto alla procreazione e ne fiacca lo spirito, costringendoli a lasciare spazio a etnie capaci di espandersi con maggiore efficacia (in questo caso quella umana).
Dopo avervi rovinato per sempre l’idea del romanticismo – non c’è di che – vale la pena valutare soluzioni che non identifichino necessariamente il rapporto amoroso come un estremo tentativo di preservare il proprio DNA. Seguendo il buonsenso (e ricerche di Harvard) ci troviamo ad ammettere che l’essere umano viva assoggettato alle Idee platoniche e, come tale, tenda a catalogare il mondo percepito in base ad archetipi convenzionali noti, per l’appunto, come “ideali”. Detto in soldoni, valutando la statistica dei rapporti eterosessuali, le donne risultano attratte dai tratti mascolini e gli uomini favoriscono la femminilità. La sopracitata ricerca ha dimostrato, nello specifico, che gli uomini di colore risultano essere i primi esempi di virilità, mentre gli asiatici vengono spesso scartati perché particolarmente femminei. Poco sorprendentemente, queste opinioni hanno riscontro empirico nella vita quotidiana giustificando, oltre le fobie maschili verso il “big bamboo”, il come sia possibile che, nel fantasy, i maschi umani abbiano un così significativo successo nel sedurre dame esotiche. Essendo gli elfi notoriamente androgini sia nell’aspetto che nei modi, è più verosimile che si instauri un rapporto umano-elfa piuttosto che una donna riesca a conquistare la sua indipendenza in un mondo mediovaleggiante – e fortemente maschilista – e finisca per invaghirsi per un partner silvano. Questo può risultare vero per gli elfi, ma come si giustifica il fatto che altre specie – ben più vigorose degli uomini – siano escluse dall’equazione? Perché una storia funzioni è necessario che i lettori provino empatia per i personaggi; nel caso una vicenda narrasse di oggetti o animali, per esempio, essi dovranno mostrare caratteri o descrizioni che li carichino di sentimenti antropici in modo da creare un legame emotivo con il pubblico. Essendo buona parte dei tomi in commercio pubblicati da umani e destinati ai loro simili – anche se sospetto che certi testi siano scritti da orchetti – non è una sorpresa scoprire che il metro di giudizio ci veda favoriti, costringendo gli altri popoli a riprodursi tra di loro (vedi i nani) o suggerendo che le creature maggiormente virili si riproducano in modo perverso e violento…a ben pensarci questo ricorda parecchio il bigottismo hollywoodiano, non è che i produttori cinematografici hanno giocato troppo a Dungeon&Dragons?
-Walter Ferri-