Illyon colpisce ancora!! Questa settimana è con noi uno dei massimi esponenti dell’Arte italiana declinata al fantasy (ma non solo): Dany Orizio!
No, non è delirio di onnipotenza da parte dell’Isola nel sostituirsi alla saga di fantascienza più famosa di sempre, bensì puro e semplice orgoglio per aver portato sulle nostre pagine l’illustrazione fantasy italiana ai massimi livelli! Ospitiamo oggi un altro pezzo da novanta delle chine e dei pennelli: Dany Orizio, un artista che non ha certo bisogno di presentazioni presso gli appassionati di fantasy. Lo incontriamo nell’Area Autori di Torino Comics 2014, dove si mette a a disposizione di Illyon e ci racconta molte cose interessanti.
Benvenuto sull’Isola, Dany! Nonostante tu sia sicuramente conosciuto alla maggioranza dei nostri lettori, vuoi presentarti e raccontarci qualcosa di te?
Ma sicuro! L’esigenza di disegnare mi appartiene fin da quando ho memoria, probabilmente è venuta ancor prima dell’esigenza di parlare. E’stata quindi diciamo una scelta obbligata quella del Liceo artistico formativo e poi quella dell’Accademia di Brera a Milano, dove mi sono diplomato nel ’98. Durante quel periodo ho iniziato collaborando con lo Studio Horley-Parente specializzato in Gdr e Boardgames tra i quali “Warhammer40000”, “Dune”, “Steampunk” ,”Warhammer”,”Mutant Chronicles”, Chronopia”ecc., poi da freelance con copertine per “Kaos” della Nexus, pubblicazioni Hobby&Work e lavori per PSmania e Play Mag Usa, Piccoli Brividi e libri per ragazzi Mondadori, colorazioni per progetti Disney, ecc …Poi ho illustrato per il gioco di carte “Magic: The Gathering” e in seguito il gioco di carte “World of Warcraft”, tratto dal celeberrimo videogioco. Dal 2009 insegno, o meglio trasmetto la mia passione per l’Illustrazione, il Fumetto e il Digitale alla Scuola Internazionale di Comics di Brescia. Nel 2012 ho dato alle stampe l’artbook: “Kustom Lolitaz” (ce lo mostra. NdA) che ho proprio qui, e a marzo 2013 ho avuto il grande onore di entrare nella lista degli illustratori del n.20 di “Spectrum”, l’annuario mondiale degli illustratori…son soddisfazioni!
La notorietà presso il grande pubblico, per te, è arrivata con i lavori per Wizards of the Coast e per Blizzard. Cosa ti ha lasciato l’esperienza con queste grandi case e che differenze hai trovato artisticamente parlando?
L’esperienza con queste grandi Case ha sicuramente arricchito il mio bagaglio tecnico, e mi ha mostrato cosa significa lavorare a livelli di assoluto professionismo. Lavorare con un grande editore alle spalle, che giustamente ti contatta perché vuole un certo tipo di illustrazione entro certi tempi, con certe regole e avere delle scadenze tassative da rispettare è stato sicuramente formativo per il mio percorso professionale. Ti dota in qualche modo di una sorta di auto inquadramento che ti aiuta anche nei lavori successivi a non farti disperdere energie creative. Ti faccio un esempio parlando delle carte di Magic: come saprai ogni carta appartiene ad un colore preponderante, che simula l’elemento dal quale il “mago” trae l’energia per i suoi incantesimi o comunque un colore base. Blu per l’acqua, rosso per il fuoco, verde per le foreste e così via. All’artista viene quindi richiesto di colorare l’illustrazione in modo preponderante secondo il tipo di carta, quindi nelle carte “verdi”, quello deve essere il colore principale, quale che sia l’illustrazione, per permettere al giocatore di capire immediatamente con quale tipo di carta ha a che fare. Questo per l’illustratore costituisce una bella “sfida” artistica, che unita al seguire precisamente una “style guide” ti porta magari ad esplorare direzioni dove tu da solo non saresti mai andato, e di conseguenza arricchisce il bagaglio tecnico ed artistico. Per quanto riguarda Blizzard e “World of Warcraft” invece cambia completamente lo stile di disegno: abbiamo questi modelli piuttosto squadrati, dalle armature ingombranti e massicce che richiamano in qualche modo la grafica poligonale dell’origine di tutto, il videogame (infatti anche tecnicamente si colora in digitale per gli effetti che questo consente); ma allo stesso tempo c’è un’elevatissima attenzione al dettaglio e a questi particolari caratterizzanti, così come c’è questa palette di colori molto satura che dà a tutto il suo aspetto più cartoon (cosa che è molto congeniale al mio stile) “sopra le righe”, ma immediatamente riconoscibile. Confrontarmi con stili così diversi tra loro è sicuramente uno stimolo in più, calcolando la mia ecletticità ma al tempo stesso la mia indole a “stufarmi” molto velocemente andando in una direzione univoca.
E per quanto riguarda la creatività? Non ti senti un po’ limitato da questo punto di vista a lavorare con un editore?
È chiaro che c’è molta meno libertà nel corso del processo creativo. È inevitabile. Però queste sono le regole del gioco se vuoi farlo a livello professionale e vuoi vivere della tua passione facendo questo lavoro. D’altro canto questa può anche essere un’opportunità, come dicevo prima, non per reprimere, ma per disciplinare in qualche modo la tua creatività. Se lavori per un editore da un po’ di tempo inoltre, sai dove puoi lasciare andare a briglia sciolta la tua fantasia e dove no. Con l’esperienza, impari a capire dove puoi aggiungere qualcosa di tuo anche in un’illustrazione commissionata e che deve avere caratteristiche ben precise. In fondo è questo che fa una professione e di te un professionista, e col tempo questo bagaglio di informazioni lascia sempre di più la porta aperta all’espressione del tuo io…quindi può delinearsi il cosiddetto ”stile”.
Abbandoniamo un momento l’illustrazione e parliamo del fumetto: tu hai pubblicato in quest’ambito principalmente all’estero. Come vedi il panorama fumettistico italiano?
Ho lavorato per Soleil nel 2005, periodo nel quale tutti gli Italiani con uno stile fuori dai canoni delle grandi ditte Italiane provavano a buttarsi alla fiera di Angoulème, e ho scoperto un mondo bellissimo, dove il fumetto è trattato come fosse un vero libro, con formato e stampa cartonata di lusso, al di là del nome e al di là del fatto che venda o meno. In Italia, a parte alcune eccezioni degne di nota che abbiamo tutti ben presente, ti direi che non è proprio così. O meglio, qualcosina si sta muovendo in questa direzione ma siamo sempre un po’ “indietro”, o almeno questa è la mia sensazione. Il problema, a mio parere, prima ancora che di politica editoriale o di ambito tecnico, risiede nella concezione che si ha di questo mestiere in Italia. Al netto degli appassionati, l’uomo medio non considera l’illustrazione o il fumetto non dico arte, ma nemmeno una professione. Il nodo centrale è questo. A me è capitato più volte che mi chiedessero cosa facessi per vivere. Ho risposto che facevo l’illustratore e il fumettista. Mi sono sentito chiedere di nuovo: “Sì, ma di lavoro? Cosa fai?”. Capisci? Mentre in altri paesi, come Stati Uniti e Giappone, il fumetto è considerato da tutti una forma d’arte, un “viaggio” come potrebbe essere un film (infatti spesso le cose collimano poi in prodotti di entertainment), da noi non è considerato nemmeno un lavoro, o almeno non del tutto. Ma basti pensare che in Francia, dai tempi della rivista “Pilote” e “Metal Hurlant”, i mostri sacri come Moebius e tutti i grandi sono considerati esponenti dell’Arte Contemporanea. Da non so neanche quanti secoli noi italiani siamo i capostipiti e dovremmo essere l’avanguardia mondiale nel campo delle arti figurative, ma a volte mi colpisce la sgradevole sensazione che siamo indietro o congelati, e non di poco, rispetto a tutti gli altri. Forse è il peso della storia dell’arte che ci portiamo dietro, forse la stupida miopia di considerare arte solo ciò che è in qualche modo “classico”.
Pensi che questo stato di cose sia destinato a cambiare, a breve o medio termine?
Non lo so. Sicuramente non fino a quando l’Arte sarà insegnata nelle scuole italiane come lo è adesso, o finché la massima aspirazione di una grande maggioranza dei ragazzi sarà quella di partecipare a qualche talent televisivo. Per fortuna il settore può contare su uno zoccolo duro di appassionati, ma per quanto riguarda il grande pubblico non la vedo poi proprio benissimo, complice la crisi: se qualche cambiamento è in atto, è lentissimo, aiutato dalla sempre maggiore diffusione di scuole di settore, che però forgiano possibili professionisti che non sanno dove convogliare le proprie energie…il consiglio è di viaggiare, scoprire nuove realtà..altrove!
Veniamo in dettaglio a ciò a cui stai lavorando adesso. Ti chiederei qualcosa di più dell’artbook che mi hai mostrato prima.
Volentieri! (mentre parliamo ci mostra il libro, sfogliandolo e soffermandosi sulle immagini. NdA). Sono in piena fase lavorativa sul secondo volume e il progetto in questione di si chiama “Kustom-Lolitaz”. Ho cercato e sto continuando a rivisitare il classico concetto un po’ retrò della pin-up anni ’40-50, quelle delle pubblicità dei Diner americani e dipinte sulle carlinghe dei bombardieri americani della Seconda Guerra Mondiale per intenderci, in chiave fantascientifico/cyberpunk. Quindi come vedi abbiamo tutto il classico armamentario del burlesque come corpetti, stringivita, giarrettiere ecc. (ho dovuto fare uno studio approfondito quindi anche su quel genere di moda e di vestiario per rivisitarlo), immerse in un’ambientazione post-apocalittica. Ho cercato di dare al tutto quel gusto un po’ vintage dei calendari pin-up illustrati anni ’50. Visto che ho passato anni a disegnare per e su indicazioni di altri, e che avevo i cassetti pieni di creazioni mie, ho riorganizzato tutto secondo il classico concetto “donne e motori” e “passato e futuro”, prendendo due filoni a me particolarmente cari e fondendoli assieme alle mie esperienze. Il filone pin-up: elogio della donna e dell’espressività delle sue forme in pose accattivanti e giocose, (infatti trovi molte pose tipiche alla Betty Page o alla Marilyn Monroe, tanto per citarne due famosissime) e il filone robotico e meccanico, con motori con ingranaggi dal gusto anche qui retrò, ma insieme futuristico. Il titolo riprende il fatto che ad essere customizzate (meglio con la K, da Kustom appunto come nel periodo delle muscle cars, le Hotrod), non sono più e non solo le automobili, ma anche le ragazze stesse, come da manuale di bodyart cyberpunk, ma con un gusto più raffinato; e la Kustomizzazione in qualche modo rispecchia anche il carattere della singola pin-up disegnata. La mia sfida era quella, trovare un’anima in cose apparentemente fredde come il metallo e raffreddare, diciamo così, i bollenti spiriti di seducenti donnine…cercando un’armonia “alternativa”. L’editore dell’artbook è la franco-americana Trinquétte, che mi ha dato carta bianca su tutto, dallo stile ai contenuti e addirittura all’impaginazione e lasciandomi la totale proprietà dei diritti. Sto proponendo questi personaggi a diversi interlocutori.
Decisamente originale. Nel salutarti e ringraziarti ancora, ti chiedo se hai già ricevuto dei riscontri da questi interlocutori.
Grazie a voi! Ti posso dire che ho già ricevuto delle risposte decisamente interessanti da diversi soggetti. Può darsi che in un futuro non molto lontano potrete vedere le Kustom Lolitaz in qualche videogioco o protagoniste di una serie di sculture da collezione, chi lo sa!?
Nel ringraziare ancora una volta Dany per la chiacchierata, gli auguriamo il massimo successo professionale e artistico e gli diamo appuntamento sulle pagine di Illyon per tenerci aggiornati sui suoi progetti futuri, e magari per ascoltarlo in viva voce sulla nostra web radio, La Torre (S)cadente! Nel frattempo fate un salto sul suo sito www.danyorizio.com , e sulle sue pagine fb www.facebook/danyorizio e www.facebook.com/KustomLolitaz .
– Luca Tersigni –