Al cinema sta per uscire I, Frankenstein, riadattamento del celeberrimo romanzo di Mary Shelley. Ecco perché non merita affatto di essere visto.
Premessa: quest’articolo avrebbe dovuto portarvi a conoscere le uscite cinematografiche fantasy dei prossimi due mesi. Tra Hercules – La leggenda ha inizio (di cui vi abbiamo già parlato a questo mirabolante link), Hansel&Gretel, il bimbominkioso Vampire Academy, La Bella e la Bestia, fino ad arrivare, dulcis in fundo, a 300 – L’alba di un Impero ce n’erano di cose da dirvi, e noi tutti, amanti del genere, non avremmo potuto che ballare la samba dalla felicità, per il mese al cinema che ci aspetta (il nostro portafoglio un po’ meno). Poi, però, scopri che il 23 gennaio 2014 esce I, Frankenstein. Visioni il trailer italiano, speranzoso di trovarti dinanzi ad un prodotto fresco, accattivante, pronto a fornire ai tuoi lettori un parere positivo e, tra un’info e l’altra, rimandarli, ovviamente, all’opera originale. Ebbene, si vede che nel 2013 sei stato troppo cattivo, e questa è la versione modernizzata della tua dose di carbone. Perché quel trailer è troppo. I tuoi occhi sanguinano. Sanguinano vendetta. E ai creatori di questo film non potrai mai, mai e poi mai farla passare liscia.
Rewind. Per quei pochi folli che non avessero la minima idea di cosa sto parlando, Frankenstein di Mary Shelley rappresenta una pietra miliare nella letteratura gotico-orrorifica di questo pianeta. Quanti di voi non l’hanno letto si meritano come minimo di essere arrostiti e mangiucchiati senza troppo entusiasmo da Smaug in persona, soprattutto se, d’altra parte, hanno letto, invece, Twilight. In quel caso, allora, meritano di arrostire a fuoco lento.
Venuto fuori quasi per caso, per una scommessa fra amici, nella piovosa estate svizzera del 1818, Frankenstein fu un successo clamoroso. Seguendo l’ispirazione di un incubo notturno, l’autrice era riuscita a plasmare una storia brillante, costruita, mediante la fittizia tecnica epistolare, attorno alla lotta infinita tra la figura (anti-)eroica della Creatura ed il suo demiurgo, quel moderno Prometeo indicato nel titolo stesso del romanzo, un dottore che, alla fine, non riuscirà a distruggere il frutto delle sue ricerche scientifiche. La Shelley dà addirittura voce al mostro, quando questi imparerà a parlare, leggere e scrivere, immergendoci nella storia attraverso i suoi occhi, facendoci capire che egli altri non è che un povero disgraziato, rinnegato dal padre, desideroso di trovare il suo posto (e una compagna di vita) in un mondo che ripudia la sua esistenza. Insomma, è un cucciolone di due metri con una forza sovraumana.
Il fascino di Frankenstein non è dato dai ruoli netti, sul bianco o il nero, ma tutto assume le grigie sfumature psicologiche del tormento, della frustrazione, del voler emergere a tutti i costi. È questo che lo rende immortale e che, nel corso degli anni, ha ispirato una marea di adattamenti cinematografici, ufficiali e non. Tralasciando i più vecchi, tra cui spiccano sicuramente l’iconica versione di Boris Karloff, del 1931, e quella del ’57 con l’onnipresente sir Christopher Lee, arrivando alla nostra epoca vi suggerisco fortemente Frankenstein di Mary Shelley (1994), diretto da Kenneth Branagh, con Robert de Niro nei panni dell’abietto essere. Ragazzi, de Niro. Mica l’ultimo degli stronzi. E infatti è un’ottima creatura, che fornisce un’interpretazione coi controcazzi.
Come dimenticare, poi, Frankenstein Junior, la geniale parodia di Mel Brooks? Da sbellicarsi ad ogni visione perché, come tutti i film di Brooks, anche questo è portatore di quella comicità tanto cretina quanto acuta ed intelligente. A proposito, volendolo citare, dopo tutti questi capolavori “potrebbe andare peggio? Potrebbe piovere”? Sì isolani, e piove pure forte. Ecco a voi il trailer – facciamo tutti un bel respiro – di I, Frankenstein. San Tolkien, salvaci tu.
Ma che cazzo è sta roba? Ma siamo impazziti? E questo dovrebbe costituire un sequel del romanzo originario? Bene!
Prima di aprire la diga della polemica e inondarvi tutti da capo a piedi, giusto due info al volo: il film è scritto e diretto da Stuart Beattie che, sebbene sia un novellino dietro la macchina da scrivere, ha all’attivo, come sceneggiatore, lavori quali Collateral, la trilogia di Pirati dei Caraibi, Australia, e 30 giorni di Buio. Nel cast, oltre ad Aaron Eckart, il Due Facce de Il Cavaliere Oscuro, nel ruolo del protagonista, spiccano il britannico Bill Nighy (il Davy Jones di, guarda un po’, Pirati dei Caraibi, ma anche Underworld, Guida Galattica per Autostoppisti, Il Cacciatore di Giganti e tanti altri), Miranda Otto, l’indimenticata Eowyn di jacksoniana memoria e, per ogni kolossal che si rispetti, la figa, interpretata dalla biondisisma Yvonne Strahovski, di cui forse non tutti i videogiocatori ricorderanno le doti recitative in Chuck e Dexter, ma sicuramente il lato b, apparso a tutto schermo in Mass Effect 2 e 3.
Ora, io capisco il non voler offrire la solita storia trita e ritrita sul mostro di Frankenstein, di voler creare qualcosa di originale… ma signor Beattie, lei che non è l’ultimo arrivato, non le sembra di aver esagerato leggermente nella stesura di questa roba? Snaturare una figura complessa e psicologicamente incrinata come il mostro, riducendolo ad un tamarro immortale con due lame, che deve combattere dei grifoni alati? Ma cos’è, “Blade salva il mondo dai demoni”? È questo quanto di meglio offre attualmente Hollywood? Sì.
Purtroppo la colpa non è di chi scrive le sceneggiature, ma di chi le commissiona, di chi le acquista, le sviluppa, e di chi, poi, spende anche soldi per il biglietto, perché interessato all’aborto proposto. E allora ben vengano le poche serie tv rimaste ad essere state realizzate decentemente, piuttosto che un calderone di due ore in cui buttare atmosfere dark, esplosioni, zoomate ad effetto, mazzate per tutti e frasi clichettose per rimorchiare la belloccia di turno. Ok, i film servono anche a spegnere il cervello per due ore e svagarsi un po’, ma c’è un limite a tutto.
Ecco perché, dopo l’incredibile successo della protesta di quest’estate, finalizzato a mettere il pepe in culo a zio George Martin per decidersi a finire le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, Isola Illyon boicotterà la sala, avviando una serie di sit-in itineranti di protesta davanti ai cinema di tutt’Italia. Vi aspettiamo in 179 località sparse, dal 23 di gennaio, per dire basta ai film scadenti. Basta farci stuprare gli occhi da remake infimi e basta fare soldi sui poveri polli appassionati di fantasy. In ogni città, ai primi 50 che aderiranno alla protesta, una maglietta gratis con la scritta “Illyon al cineMAI” e un secchiello di pop-corn, da tirare con veemenza ai fessi che faranno la coda alla cassa. Illyon: l’Isola di Rivoluzione Fantasy.
– Mario Venezia –