Proseguiamo oggi le riflessioni sulla censura: è ancora possibile/giusto definire qualcosa diseducativo? Il fantasy può risollevare le sorti della in-cultura?
Qualche tempo fa, a proposito del tema della censura che aveva rischiato di colpire Game Of Thrones (si diceva qui), ci eravamo lasciati con la promessa di andare a concludere il discorso sulla censura di lì ad una settimana (credici!): tuttavia, dato lo scrivente è organizzato come un tasso che decida di imparare la danza classica (e, rileggendo l’esempio, aggiungo, è anche discretamente fuori di melone), è di tutta evidenza che siano trascorsi… bohbohboh… occacchio, due mesi.
Vabbe’, facciamo finta di niente.
Tornando a noi: il tema della censura, si diceva nel già citato articolo di cui sopra, va appaiato spesso con esigenze/necessità, alle volte animate da buone intenzioni, di offrire sempre e comunque riconosciuti modelli “positivi” e che siano educativi in tutto e per tutto, in grado di plasmare e formare la conoscenza e una certa mentalità che a sua volta generi la propensione a sviluppare determinati gusti: semplificando, se si offrono modelli di un certo tipo da seguire, sarà facile che ad essi ci si conformi tanto nelle abitudini quanto nella forma mentis e, di riflesso, nelle proprie preferenze.
A questo spesso serviva la censura che, obbedendo a queste logiche, come anche a quelle più grette del potere – ed era un caso abbastanza frequente – andava ad eliminare, semplicemente, l’ostacolo a questa formazione “sociale”: anche regimi totalitari sono passati attraverso queste scelte, laddove per con-vincere la società era necessario distruggere qualunque cosa creasse la possibilità di avere un pensiero autonomo, un libero pensiero, un pensiero diverso da una data globalità.
Fa sicuramente strano parlare di censura oggigiorno, nell’epoca di Internet e della massiccia diffusione dell’informazione – anzi, del vero e proprio bombardamento di informazione/i – in cui è molto più difficile segretare qualcosa che condividerla (e oltreoceano ultimamente lo sanno fin troppo bene): ma non sempre la censura è evidente e palese. A volte è sottile, a volte solo velata; e a volte, incredibile a dirsi, non è necessariamente da condannare.
Fermi, ritirate le camicie di forza: parliamone.
L’informazione, il sapere, la conoscenza, la cultura, devono essere liberi sempre e comunque.
Quello che però si è probabilmente perduto, in un momento storico nel quale tutti si sentono il diritto di condividere la propria opinione su tutto, con o senza cognizione di causa, è la capacità di saper selezionare e scindere quanto ci sia di buono e valido, da quanto ci sia di brutto e gretto e, per restare in tema, diseducativo.
Sempre nell’articolo già citato, non ci nascondevamo dietro un dito e, prendendo l’esempio di Game Of Thrones, ammettevamo che non è una serie destinata ad un pubblico di massa, non è una serie per educande ed è una serie che scientemente spinge sugli aspetti più spesso gretti che nobili dell’animo umano, con crudezza di dialoghi, scene, personaggi: che poi il binomio violenza&sesso serva ad attirare maggiore attenzione e a ottenere ascolti e successo, è una scoperta vecchia come Noè; inoltre, che ci sia in televisione quanto ancora di peggio di GoT e assai più diseducativo perché calato non già in un contesto fantastico ancorché verosimile, bensì realistico come la vita di tutti i giorni (e ci sono fiction che giusto in questi giorni si concludono, alleluia!) non è una novità (vero, orribile Le Tre Rose di Eva 2?) non è parimenti una novità.
Ma allora, di cosa parliamo esattamente? Di quella sottile linea di demarcazione (nemmeno tanto sottile, in realtà) che contraddistingue l’esistenza di ciò che può essere scelto quale puro intrattenimento, rispetto a ciò che è palesemente pericoloso o, peggio, dannoso per sé stessi, per la propria mente, per la propria cultura, per la propria visione della vita.
Estremismo? Allarmismo?
Noi ci limitiamo a condividere un pensiero, ma saranno come sempre le riflessioni scaturite dal dialogo con voi a suscitare il miglior brainstorming.
Prendiamo il fantasy classico relativamente recente: no, non Tolkien, Lewis, Brooks (che è parecchio più recente) o il fantastico/horrorifico/gotico Lovecraft; ci riferiamo a Weis & Hickmann (Dragonlance, Il Ciclo di Darksword) e R.A Salvatore (La Saga di Drizzt do’Urden, La Saga di Cadderly, La Saga del Demone): in questi romanzi abbiamo conosciuto e imparato ad apprezzare personaggi come Raistlin, malvagio eppure umano e fallibile, determinato e ambizioso oltre ogni dire; Caramon, che rappresentava la saggezza dell’uomo semplice, che si accontenta di ciò che è e ciò che ha tra le mani; Kitiara, una donna con due attributi quadrati da far invidia ad un uomo, quel tipo di donna fantasy guerriera e generalessa che, nell’era di “Nihal della Terra del Vento delle Ventidue volte che piange in 380 pagine”, nessuno sa nemmeno cosa siano; una Laurana, elfa, moglie, vedova, leader, che nonostante la bellezza ha il suo perché laddove una Soana a caso sarebbe da prendere a padellate in faccia; un Drizzt do’Urden che offre nobili principi, l’estensione della riflessione verso l’infinito miscelata al presente di amici di una vita e i dilemmi di rinnegare le proprie origini e il proprio popolo, ma non sé stesso.
Da questi esempi , che comunque sono di grande caratura, ne ricaviamo che buona parte della letteratura moderna, in chiave fantasy, dovrebbe venir filtrata con il passino del thè, quello a maglie strette: perché, con rispetto parlando verso romanzi che nel 2013 appaiono velati di romanticismo lontano, relazionarsi con chi “mastica il fantasy” o “il fantasy lo scrive” che non sa chi siano Sturm o Bruenor, Fistandantilus o Silvara, laddove sa tutto di Bella ed Edward o di Sennar, fa abbastanza male al cuore e, per inciso, alla propria cultura personale.
Sì, cultura personale: i romanzi menzionati in alto – ma tanti altri si potrebbero citarne, anche di autori meno conosciuti o più vicini a noi nel tempo – sono scritti alle volte in maniera semplice, da far sorridere per la ingenuità che traspare nelle trame, nelle quali si respirano i primordi di D&D Scatola Rossa, eppure grondavano messaggi, poesia, significato e valori che non hanno paragoni in un decennio che ha visto molti miti, alle volte falsi, fiorire e parimenti esplodere senza lasciare traccia alcuna.
Abbiamo certezza che anche una pretesa letteratura per bambini, che tale appariva nel suo primo libro “La Pietra Filosofale”, pure consegnerà Harry Potter alla storia di storie (perdonate l’allitterazione!) che serbano contenuti, valori ed effettive trame ben orchestrate mascherate da un linguaggio semplice, alle volte banale, che però ne accresceva il valore pedagogico, istruttivo e formativo, andando (perché no?) a insegnare davvero qualcosa di importante al pubblico piccolo o meno piccolo che la Rowling ha preso per mano e condotto pian piano alla crescita con tematiche importanti: per lo meno, si potrà ammettere senza dubbio che la generazione di ragazzi cresciuta con Harry Potter, con tematiche che andavano via via diventando più mature ed “adulte”, ha avuto la fortuna di poter contare su romanzi formativi che qualcosa avevano da dire (dedizione, sacrificio, amore, l’importanza delle scelte) di cui oggi ci si sente spaventosamente sprovvisti. Personalmente, sono un italianofilo (neologismo) convinto, e credo il made in Italy vada sempre difeso a spada tratta… salvo non poter chiudere entrambi gli occhi quando, magari, mi imbatto in opere quantomeno discutibili come stile, narrazione, linguaggio e trame: lì, subentra il mio cinico “è un fenomeno per bimbiminkia“, e mostro meno tolleranza di quanto pur si dovrebbe.
A questo punto, si potrebbe obbiettare che numerosi esempi di letteratura moderna corrispondono ai gusti dei lettori di oggi, perché è ad essi che ci si rivolge per soddisfarli e sono inseriti in un contesto diverso da quello degli anni ’80, degli anni ’90 e così via.
Ma è proprio questo il punto: siamo certi per davvero che determinati concetti, valori, immagini, figure e personaggi siano tramontati o non siano più attuali?
Siamo davvero certi che si possa rinunciare interamente a saper scegliere, indipendentemente dal tempo trascorso, letture istruttive e costruttive dovendosi “accontentare” di pubblicazioni più recenti perché “Oh, signora mia, va taaaanto di moda tra i compagni di mio figlio che non potevo non comprarlo! Sì, l’ho letto un poco, ma è come Il Signore degli Anelli, no? Quello con elfi e maghi che danno in televisione e dura ore! Nooo, alla fine sempre quello è: maghi e mostri e qualche cattivo. Alla fine, è sempre lettura, fa sempre bene e non fa danni, non come la televisione, Signora mia!”
NO! Non è questo e non è vero: se ci si abitua a cose di terz’ordine, che sia vestiario, cinema, letteratura, cibo, non si riuscirà a distinguere mai ciò che è davvero meritevole di essere letto, rispetto a ciò che pur intrattenendo non ha altre pretese, da ciò che è addirittura diseducativo perché, leggendolo, non solo si disimpara come si scrive correttamente ma anche si assimilano valori magari sbagliati. E per quanto leggere qualunque cosa, oggigiorno, persino una rivista porno, sia meglio che rintronarsi di reality show, di serie televisive in cui si de-cantano (nel senso di ubriachezza) storie e amori, corna e amori, tradimenti e amori, guerre ed amori, pure non significa dover leggere per forza qualsiasi cosa senza un minimo di senso critico, a voler essere buoni, o di amor proprio e rispetto per se stessi ed i propri gusti a voler essere cattivi.
Quindi, lasciate stare la rivista porno, su.
Certi valori, certi gusti, certe figure e certi esempi non possono e non devono passare di moda.
Tolkien scriveva “ le radici profonde non gelano”: chi la vuol capire, la capisce.
Prossimamente, concluderemo questo discorso assieme a voi, nel frattempo diteci la vostra!
– Leo d’Amato-