Cosa accade quando a un vampiro, erede di poteri millenari, viene fatta la proposta di poter tornare a vivere in un corpo umano?
Credevate che me ne fossi dimenticata, vero? No, tranquilli non è così, sono di nuovo qui per voi e per proseguire il percorso letterario su Anne Rice e questa volta tratteremo il quarto volume de Le Cronache dei Vampiri, Il Ladro di Corpi.
Con il nome di The Tale of Body Thief, questo romanzo vede la luce nel lontano 1992 e raggiunge il nostro paese solo nel 2001. Ha come protagonista e narratore il Vampiro Lestat, che ormai abbiamo imparato a conoscere (almeno spero, altrimenti buttate un occhio alle recensioni delprimo, secondo e terzo libro!).
Ma proseguiamo. Come ogni vampiro che si rispetti, Lestat prosegue con il corso della sua non vita, dorme quando sorge il sole, va a caccia e si ciba delle sue vittime e ultimamente… sogna spesso di Claudia.
Della figura di Claudia abbiamo già parlato: la bambina vampiro, la ritroviamo principalmente nell’Intervista. Ma oltre ciò c’è dell’altro, perché Lestat si sente stranamente osservato e riesce a ricondurre questa sensazione a uno strano essere umano che ha un’offerta da proporgli: uno scambio di corpi.
Raglan James afferma di essere in grado di poter uscire dal proprio corpo e rientrare in quello di qualcun altro, ed è disposto a mostrargli come questo sia possibile.
Dopo aver parlato di questa proposta sia con Louis che con David Talbot, dopo che entrambi l’hanno messo in guardia dal Ladro si Corpi, dopo essere stato nel Deserto di Gobi per affrontare la luce del sole, che per fortuna del lettore non ha ottenuto effetti troppo devastanti su di lui, Lestat decide di accettare la proposta di James, e quindi l’uno si ritrova nel corpo dell’altro e viceversa. Tuttavia, per sventura del nostro protagonista, il Ladro di Corpi dà subito segno di non essere molto incline a rispettare gli accordi e Lestat sembra avere qualche piccola difficoltà nella gestione del suo nuovo corpo e delle sue… come dire, funzioni?
Tradito dal Ladro di Corpi, abbandonato da Louis, e ignorato da Marius, Lestat trova l’ultima speranza in David Talbot, osservatore del Talamasca, e difatti sarà proprio quest’ultimo ad aiutarlo nell’impresa del tentare di tornare in possesso del proprio corpo.
Come sempre Anne Rice ha un suo modo di descrivere le sue storie, trattando i suoi temi in maniera profonda. Il Ladro di Corpi forse è quello che meglio si presta a una chiave ironica, soprattutto nel vedere Lestat alle prese con le difficoltà del quotidiano di una vita umana.
Fondamentalmente, nonostante ci siano momenti in cui egli rimpianga la mortalità, si rende perfettamente conto che non potrebbe avere una vita diversa da quella di un vampiro. Come gli fa notare la stessa Claudia, alla fin fine lui ama essere ciò che è realmente, e non vorrebbe essere altro. Lestat disprezza il corpo umano in cui si ritrova a vivere.
Ritorna in questo volume la presenza del giardino selvaggio, si parla più approfonditamente del Talamasca (e a tal proposito, chi vuole un Focus on?). Si cita la Tigre di Blake, che diventa a suo modo una metafora anche questa di quegli aspetti del giardino selvaggio, delle regole che il protagonista crea per se stesso e che rispetta perché da egli create. Simpatica è anche l’introduzione di un personaggio a quattro zampe, il cane Mojo, che come verrà specificato sarà solo un cane (“non salverà una bambina dal fiume e non si fionderà in una casa in fiamme”), ma allo stesso tempo farà avvertire la sua presenza all’interno del romanzo. E poi c’è Gretchen, suora ed infermiera, e qui si tocca l’argomento di una fede attiva: non è fatta per il convento, ma per prendersi cura degli ammalati. Argomenti come la devozione e la castità. E del resto chi ha letto il libro sa che Gretchen si lascerà perdere nella passione con Lestat e il resto è spoiler.
Per concludere, c’è sempre da sottolineare quanto la visione di Anne Rice sia sempre e comunque molto particolare e allo stesso tempo molto riflessiva, profonda, e come in ogni pagina ella sia in grado di lasciare al lettore la possibilità di soffermarsi attentamente sulle sue parole. E forse è proprio per quello che le sue storie hanno ottenuto il successo tale da farle meritare l’appellativo di Regina delle Tenebre.
-Eleonora Carrano-