Che per scrivere un libro servano studio, ricerca e dedizione, lo sappiamo tutti. Ma per scrivere la saga di Harry Potter?
J.K. Rowling ha ribadito spesso che ci sono anni di studio dietro la creazione del Mondo Magico, necessari per renderlo ricco e multiforme, sempre capace di stupirci. Riprendendo in mano la saga ho pensato di sintetizzare tutto ciò che sappiamo sulle fonti di questa grande autrice, sperando di non scadere nelle banalità che già conoscete e consapevole che in materia si potrebbero scrivere libri interi.
Innanzitutto, è evidente come la Rowling si sia ispirata molto a mitologia e folklore di tutto il mondo, sebbene l’ambientazione privilegi il sovrannaturale europeo, specialmente parlando delle creature magiche.
Certo, a volte vengono tirate in ballo entità comuni a tutte le culture, come i fantasmi e i poltergeist, ma la Rowling sa scavare più a fondo, introducendo la Caccia dei Senzatesta, versione più giocosa dell’irlandese dullahan, il cavaliere decapitato. Anche esseri acquatici come i maridi (merfolk) sono diffusissimi ovunque, fin dagli Assiri, ma in questo caso l’ispirazione alle mermaid britanniche, presenti anche in laghi e fiumi d’acqua dolce, è palese.
Propri invece dell’immaginario europeo sono i goblin, che, nelle loro molte varianti locali (compresi gli irlandesi Berretti Rossi), sono sempre descritti come malvagi e avidi di oggetti preziosi – non troppo distanti dai tesorieri della Gringott. Ma l’autrice sa anche reinterpretare altre antiche credenze europee, come avviene con gli elfi: infatti, se la tradizione germanica li vedeva come demoni e quella norrena li associava agli Æsir, lei li accosta agli spiritelli domestici irlandesi.
Sempre irlandesi sono i leprecauni, la mascotte della Nazionale Irlandese di Quidditch, così come lo sono le banshee, gli spiriti femminili che preannunciano l’imminente morte di un familiare e in cui si trasforma il Molliccio dell’irlandese Seamus Finnigan. E a proposito di Mollicci (Boggart), essi ricordano i mostri mangiatori di bambini di svariate tradizioni popolari, come il celtico Bugbear o lo spagnolo Coco (orribile mutaforma il cui aspetto originale è sconosciuto).
E vogliamo dimenticare la mitologia norrena? Ovviamente no: a essa appartengono i giganti, anche qui un popolo bellicoso come gli Jötunn norreni, e i troll.
E cosa dire del bestiario greco-romano, da cui la Rowling ha tratto le fenici e i basilischi? Se in Cina le fenici accompagnavano la venuta di grandi uomini saggi, in moltissime altre mitologie sono simbolicamente legate al sole e descritte come uccelli che, ciclicamente, muoiono per autocombustione e rinascono dalle proprie ceneri, come il Bennu egiziano, l’Uccello di Fuoco slavo e il persiano Simurgh. Molto spesso, però, questi uccelli sono anche grandi cacciatori di serpenti, come il Garuda indiano, il nemico giurato dei Naga. Interessante, se pensiamo al ruolo giocato da Fanny nell’uccisione del basilisco! Quest’ultimo, invece, è stato inizialmente descritto da Plinio il Vecchio come un piccolo serpente velenosissimo, e il nome di ‘re dei serpenti’ gli è stato attribuito da Isidoro di Siviglia, mentre il fatto che nasca da un uovo di un gallo è da attribuire a Beda il Venerabile (probabilmente lo stesso monaco e storico che ha ispirato Beda il Bardo). Ma anche Fierobecco ha origini classiche, poiché il primo ad aver descritto un ippogrifo è stato Virgilio nelle Egloghe, sebbene quello de L’Orlando Innamorato sia più famoso, oltre che, di solito, cavalcabile solo da maghi. Infine, Fuffi ricorda ovviamente Cerbero, il cane a tre teste a guardia degli Inferi, così come la creatura di Hagrid sorveglia la Pietra Filosofale.
Ma non pensate sia finita: la Rowling ha attinto a piene mani dalla mitologia anche per i nomi dei suoi personaggi.
Per i licantropi, se Fenrir Greyback è riferito al terribile lupo norreno Fenrir, Remus Lupin prende spunto da Romolo e Remo, allattati da una lupa. Sempre classico è il rimando del custode Argus Gazza ad Argo, il gigante dai cento occhi ‘che tutto vede’. E se la traduzione originale italiana ha fatto onore a Sibilla Cooman, visto che le sibille erano oracoli e quella Cumana fu consultata dall’Enea virgiliano, altrettanto non si può dire per Minerva McGranitt: come cogliere l’ironia di accostare il nome latino della dea della sapienza col cognome del peggior poeta della letteratura inglese, William McGonagall? E chi di voi sapeva che la civetta Edvige (Hedwig), simboleggiante anche l’innocenza infantile di Harry, è legata alla figura di Santa Hedwig, in onore della quale sono nate le Sorelle di Santa Hedwig, dedite all’educazione degli orfani?
Come se non bastasse, soprattutto per il primo libro della saga, la Rowling ha approfondito la storia dell’alchimia, specialmente riguardo alla cosiddetta Magnum Opus: la creazione della Pietra Filosofale, sostanza da cui poteva derivare l’Elisir di Lunga Vita. L’autrice si è anche ispirata alle credenze sul successo del monaco Nicolas Flamel nella creazione di questi manufatti, che conferirono l’immortalità a lui e alla moglie Perenelle.
Infine, ricordiamo che in alcuni ambienti ultrareligiosi si è sparsa l’idea che la saga di Harry Potter contenga riferimenti massonici: ne sarebbe una prova il simbolo dei Doni della Morte, il triangolo contenente un cerchio e una linea verticale (il Mantello dell’Invisibilità, la Pietra della Resurrezione e la Bacchetta di Sambuco), che possono ricordare l’Occhio della Provvidenza. Vorrei sapere la vostra opinione in merito, però, perché secondo me queste ipotesi complottistiche sono alla stregua delle accuse ad Harry Potter di satanismo (nemmeno fosse D&D), che per stavolta vi risparmio.
Ovviamente, questo articolo illumina solo la punta dell’iceberg: le fonti della Rowling sono tantissime, voi ne avete scovate altre?
–Gloria Comandini–
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